
Il presidente del Consiglio ha stigmatizzato la possibilità, il “rischio” che ai genitori possa essere impedito di scegliere una scuola privata (da chi? Non certo da questo governo che, a fronte di 8 miliardi di euro tagliati in tre anni alla scuola pubblica, ha mantenuto inalterati o addirittura aumentato i sussidi a quella privata. Da chi? Dalle regioni di centrodestra che, come la Lombardia, elargiscono il buono scuola a chi non si serve della scuola dello Stato?).
I ragazzi – secondo il capo del governo – sarebbero così lasciati in balia di insegnanti incapaci di educare, perché “inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse dalla famiglia”.
L’anacronistico e ingiustificato delirio ossessivo a sfondo anti-’68 non cessa di occupare la mente di Berlusconi. Che però dovrebbe ricordare che gli art. 33 e 34 della nostra Costituzione parlano della nostra scuola pubblica, laica, pluralista; dovrebbe ricordare che quel delirio – soprattutto perché con ogni probabilità strumentale – offende un milione di lavoratori e – al contempo – le famiglie che scelgono consapevolmente l’opzione pubblica a quella privata. Dovremmo ricordare, noi, che l’attacco alle istituzioni della Repubblica è ormai una necessità quasi patologica per un presidente del Consiglio incapace di trattenere esternazioni di una gravità addirittura inedita: e ce ne vuole, considerato ciò a cui ci ha abituati.
I lavoratori della scuola sono tutti chiamati a tener conto di questo irresponsabile accanimento nel delegittimare uno strumento di emancipazione, di educazione, di cittadinanza per tutte e per tutti che, anche così com’è, anche nella sua imperfezione, nelle sue criticità, nella sua difficoltà a rispondere a tutte le domande che vengono da fuori, nella parziale incapacità, a volte, di fornire significative chiavi per interpretare il mondo, è al momento uno dei rari presidi di civiltà e un baluardo contro la perdita di direzione di questo nostro sventurato Paese. (Boscaino da http://www.ilfattoquotidiano.it/)
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