
Quant'è travagliata e miscidata la storia delle nostre patrie lettere, e quanto grande, d'altra parte, la giullaresca adattabilità dei nostri maitres à penser, di fronte a certe pressure avanguardistiche!
Il virgolettato di cui sopra, appartiene a un intellettuale, non 'compagno' militante ma, però, "magna pars" del famoso Gruppo 63, prevalentemente formato da intellettuali di sinistra!
Nella rivoluzione formale dell' avanguardia artistico-letteraria italiana dei primi anni '60, l'esigenza primaria ( elitaria) era stata quella di costruire una totalità ' altra 'rispetto al sistema borghese-capitalistico, partendo dalla destrutturazione e dallo sventramento del linguaggio tradizionale, fino alla sua nullificazione, se non all'afasia; inserire, insomma, una forte carica di disordine all'interno di una tradizione, per distruggere l'establishment letterario e il sistema ideologizzato della comunicazione di massa, e costruire un nuovo mondo.
La letteratura è artificio e menzogna. E il linguaggio? Auto-organizzazione anarchica; presenza di un'assenza, fuoco d'artificio, proliferazione formale, ripetizione, gusto del superfluo e ridondanza. Questo appello provocatorio, ed eversivo, all'assenza ma nelle intenzioni propedeutico a una nuova , più autentica e più vera terapia della comunicazione, finì per produrre, invece, una patologia cronica del nostro sistema mediale, di cui portiamo i segni nefasti ancora adesso.
Partiti con l'intenzione di sconfiggere la nevrosi storica del linguaggio della società capitalistica, per costruirne uno nuovo, i Novissimi dell'avanguardia degli anni '60, ci hanno lasciato come retaggio la palude del disordine, un labirinto che non è soltanto confusione e impotenza comunicativa da cui ancora non siamo usciti, ma anche malattia interiore da cui bisogna guarire! Purtroppo, è passato più di mezzo secolo da allora, e non vedo miglioramento, né mondo nuovo della comunicazione.
Forse ha ancora ragione Benjamin quando parla dell'avanguardia come "dramma dell'intelligenza borghese di fronte alla propria doppiezza, che si esprime nell'equivalenza di Museo e Mercato, di autonomia dell'attività artistica e mercificazione dei suoi prodotti destinati al consumo di massa"! Non mai la verità, e non mai il suo contrario: è il "tragico intellettuale" di ogni avanguardia.
Nuccio Palumbo