I pastorelli
del presepe sono come gli scolari, aspettano un intero
anno, per potere "respirare". Gli uni e gli altri aspettano il tempo
del Natale, chi per "lavorare", chi per "riposare"! Gli uni dormienti,
riposti negli scaffali della nonna, aspettano impazienti che qualcuno
della casa li risvegli e li metta in bella mostra, ripuliti,
rassettati, a ridare vita e forma a quella santa notte di Betlemme,
quando "l'ineffabile Dio di Abramo e di Isacco" onora la promessa
secolare di dare un nome e un volto a Suo figlio, al "Figlio d'Uomo".
Gli altri affaticati, dopo tre mesi di duro lavoro quotidiano,
aspettano le attesissime vacanze natalizie per... alzarsi tardi la
mattina e fare colazione a mezzogiorno! Ma andiamo con ordine,
cominciamo dal presepe...
Bisogna vedere quanta voglia hanno i pastori di fare e d'apparire, chi
ripone il pane nella cesta, chi taglia la carne ancora fresca, chi va
in cerca di selvaggina, chi lancia l'esca per due pesci, chi porta il
bue a pascolare, il contadino parte all'alba per zappare, il pastore
spinge le pecore all'imbrunire, la massaia rassetta la casa in attesa
d'un ospite d'onore, il vignaiuolo misura il vino nel tinello, il
carpentiere liscia il legno senza avvallature, il legnaiolo porta legna
per scaldare, il panettiere prepara un panello caldo caldo, il
calzolaio rattoppa una suola, la donna di casa dà il mangime alle
galline, suo marito insacca le uova nel paniere, i vecchierelli
rimangono davanti al braciere con il rosario in mano.
Tutti hanno qualcosa da fare, tutti hanno qualcosa a cui pensare. Nel
presepe non esiste noia e disoccupazione, non c'è solitudine e
depressione. I pastori vivono di cose semplici e genuine, vivono
insieme e sono felici. Il paesaggio del presepe poi è tutto da
scoprire. Pendii scoscesi e frastagliati, vallate ubertose e
increspate, canali ondulati, cascate ripide, rivoli cristallini
d'acqua, laghetti pieni di pesci, anatre, cigni, case colme di luce e
di vita, villaggi che "galleggiano" tra cielo e terra, notti e cieli
stellati.
E poi c'è Lui, 'u Bammineddu, nella povera mangiatoia, "circondato" da
papà, mamma, bue, asinello, e tanto silenzio. Piccolo, muto, fragile,
indifeso, come tutti i bambini di questo mondo. Verbo che si fa carne.
Carne che diventa vita, che compenetra tutte le gioie e le sofferenze
del mondo, che li prende addosso, le riscatta, e le trasforma in
speranza nuova, mai vista prima.
Questo è il Natale.
E questo è il presepe, beatitudine della vita, rappresentazione della
vita attraverso la vita di ogni giorno, di tutti i giorni, e di tutti
gli uomini. Metafora delle cose minute, piccole, normali, che diventano
grandi, che sono già grandi. E il presepe è come la nostra scuola,
piena di vita e d'allegria, con aule colme di ragazzi e corridoi
lunghissimi e densi di luce.
Qualcuno, il più arduo, c'ha pure passato un'intera vita in quei luoghi
"ameni", tra vecchi registri e l'esuberanza dei ragazzi, tra circolari
illeggibili e banchi scarabocchiati, tra "l'ora buca" e la campanella
della ricreazione, tra il presente e il futuro. Natale è un giorno
della nostra infanzia, della nostra giovinezza, come la scuola, come la
vita.
"Ma a te,... te piace 'o presepe? Si, me piace!". Come diceva il grande
Edoardo, in "Natale in casa Cupiello". Buon Natale a tutti!
Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it