Di fronte alla crisi, in
un mondo globalizzato in rapido mutamento, se nel breve periodo è
inevitabile e doveroso che il nostro Paese tagli la spesa pubblica per
rimanere in Europa e soprattutto per mantenere un certo tenore di vita
ed evitare l’ulteriore impoverimento dei più poveri, occorre che, a
ogni livello della società, venga rimessa in atto una profonda
disponibilità al cambiamento. La mostra «150 anni di sussidiarietà»,
che sarà inaugurata oggi al Meeting di
Rimini alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, intende documentare proprio la capacità di cambiamento dal
basso, presente nel Dna del nostro Paese, che ha permesso a tante
generazioni di affrontare difficoltà di ogni genere, di costruire i
movimenti cattolico e operaio, di resistere come substrato popolare
sotto il fascismo, di formulare una Costituzione come compromesso
virtuoso tra diverse ispirazioni ideali, di sviluppare la grande
quantità di piccole imprese che hanno dato vita al boom economico.
Il rischio più grave che stiamo correndo oggi è la
dimenticanza di questa costante storica, rendendo in tutti i modi più
difficile la vita delle nuove generazioni. In questo senso desta forte
perplessità il provvedimento che annuncia la definitiva assunzione dei
53.000 precari della scuola da attuarsi a settembre. Questa scelta
contrasta con quanto avviene in Paesi dove la qualità dell'istruzione è
ai massimi livelli e l'incremento del Pil è più elevato del nostro (per
esempio Olanda, Belgio, Regno Unito, Svezia, Norvegia, Finlandia,
Polonia, Cecoslovacchia) e dove, come dimostra lo studio della Comunità
europea, le cifre chiave dell'istruzione europea 2009, diversamente che
in Italia, le singole scuole, anche
pubbliche (o le autorità locali) assumono gli insegnanti con contratti
non a vita, ma a tempo, che però prevedono compensi ben più lauti che
quelli italiani. Inoltre, il provvedimento, legando
l'abilitazione alla possibilità di essere assunti, per evitare nuovi
precari, impedirà alla gran parte dei giovani, non solo di insegnare,
ma anche di qualificarsi. In Lombardia, ad esempio, dove più che in
altre regioni la crescita è legata al livello d’istruzione,
complessivamente solo 400 giovani potranno qualificarsi ed entrare a
scuola. Chiudendo le porte dell'istruzione a molti giovani freschi e
motivati, si ostacola una possibilità di rinnovamento per la demotivata
e sfiduciata scuola italiana. Occorre provvedere per evitarlo!
Altri nodi critici andrebbero affrontati a favore delle nuove
generazioni: la riforma del sistema pensionistico, le agevolazioni per
chi avvia attività imprenditoriali, l’abbattimento dei privilegi che in
molte professioni bloccano l'accesso di nuove leve, l’housing sociale
per le giovani coppie, le esenzioni a favore di chi fa figli, gli
incentivi a chi insegna ai giovani a lavorare... Parafrasando il titolo
di un famoso film, se non si interviene l'Italia rischia di divenire un
Paese per vecchi, in grave difficoltà nel progettare il suo futuro,
dove una generazione sta facendo pagare i propri errori a chi viene
dopo.
Il Meeting di Rimini quest’anno vuole ricordare a tutti questa verità,
partendo non dal lamento, ma da quel desiderio, quella fede vissuta,
quegli ideali popolari che aiutano ad affrontare la realtà, a educare e
a costruire sfruttando ogni opportunità positiva. Come ha detto di
recente Enzo Jannacci in un’intervista sull’Unità, occorre mettersi «in
quella condizione particolare che ti permette di assaporare ciò che di
buono cova da sempre in Italia e tra gli italiani. E questo sapore
batte il disgusto che ci affligge sovrano da troppo tempo».
(di Giorgio Vittadini da Il Giornale)
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