Il
decreto è stato approvato, secondo quanto risulta a ItaliaOggi,
con il «salvo intese», una formula che lascia aperta la porta a
modifiche che dovranno essere raggiunte con il ministero dell'economia,
a cui spetta la controfirma. Ma intanto il primo passaggio c'è stato:
venerdì scorso il consiglio dei ministri (si vedano le anticipazioni di
ItaliaOggi di mercoledì scorso) ha esaminato il provvedimento che
corregge il decreto legislativo
150/2009.
Il correttivo, sfoderato dal ministro della funzione pubblica,
Renato Brunetta, nell'ambito delle deleghe che la legge gli assegna, si
presenta come una sorta di norma di interpretazione autentica.
Obiettivo dichiarato: sottrarre alle sentenze dei tribunali
l'applicazione della riforma sul fronte dei contratti integrativi, in
particolare per quanto concerne i rapporti tra datore di lavoro e
dipendenti. Evitando confusione e disorganizzazione. Questo significa
che i dirigenti potranno gestire direttamente uffici e personale, senza
dover più trattare con i sindacati, da subito, ovvero senza attendere
il rinnovo dei contratti collettivi. Già, perché nel frattempo che la
manovra sui conti pubblici ha congelato i contratti per tre anni,
alcuni tribunali, a iniziare da quello di Torino, hanno ritenuto che la
riforma Brunetta per la contrattazione integrativa scatti solo dopo il
rinnovo delle intese nazionali. (da ItaliaOggi di Alessandra Ricciardi)
E dunque i nuovi poteri dei dirigenti nell'organizzazione del lavoro,
che finora erano materia di contrattazione con le rappresentanze
sindacali, restano anch'essi al palo per tre anni. Una posizione,
questa dei magistrati, che cozza con una interpretazione della Funzione
pubblica resa in una circolare. Evidentemente la circolare non è
bastata. Ecco che Brunetta, a caccia di risultati, ha tentato di
risolvere alla radice il problema con un nuovo decreto. Che recita:
«Hanno comunque immediata applicazione, ai sensi degli articoli 1339 e
1419, secondo comma, del codice civile le disposizioni di cui
all'articolo 33, modificativo dell'articolo 2 del decreto legislativo
n. 165 del 2001, all'articolo 34, modificativo dell'articolo 5, comma
2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'articolo 54, comma 1,
modificativo dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, nonché le disposizioni in materia di contrattazione integrativa».
Se il decreto dovesse essere licenziato, dopo l'ok dell'Economia,
potrebbe avere effetti immediati nella scuola su materie tipiche della
contrattazione di istituto pre Brunetta, dall'assegnazione degli
insegnanti alle classi e ai plessi alla determinazione dei criteri per
la disposizione dell'orario di lavoro. Le scuole già da tempo si stanno
interrogando sull'applicazione nel settore della riforma, con posizioni
spesso discordanti tra dirigenti scolastici e docenti che hanno
infuocato i rapporti. Dubbi, perché le scuole non sono uffici, sono
stati avanzati anche dal ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini.
Che ha chiesto a Palazzo Vidoni di sciogliere i nodi con una nota. Ma
il dipartimento non ha mai risposto e quindi la questione resta aperta,
terreno di possibile dominio del nuovo decreto correttivo. Che però per
essere definitivo deve fare ancora un po' di strada. Innanzitutto va
sciolto il «salvo intese», e dunque deve essere incassato il via libera
certamente del Tesoro, forse della stessa Istruzione. Il provvedimento,
con le eventuali modifiche, deve tornare al cdm. Per essere trasmesso
alla conferenza stato-regioni e poi alle commissioni parlamentari
permanenti per il parere, obbligatorio e non vincolante, entro 60
giorni. C'è tempo perché i dubbi sulla scuola possano essere affrontati
(da ItaliaOggi di Alessandra Ricciardi)
redazione@aetnanet.org