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Costume e società: Il grande dibattito nazionale sull'omosessualità Gli educatori chiamati nelle scuole ad affrontare la tematica con gli adolescenti.

Opinioni

Sull'origine dell'omosessualità
Molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed univoca.
Gli studi continuano perché nessuna delle teorie formulate finora ha raggiunto la dignità della certa dimostrazione scientifica ed i risultati della ricerca genetica (che intende dimostrare come l'omosessualità sia un carattere ereditabile) non chiariscono né cosa venga ereditato né come questo possa influire sull'orientamento sessuale.
Negli anni 60 molte sono state le ricerche sull’origine genetica, biologica e ormonale dell'omosessualità, ma non hanno portato a risultati convincenti.
L’Omosessualità è una condizione di anormalità (rispetto alla definizione dei sessi) e quindi di malattia genetica (mutazione nei geni nel DNA per mezzo di malattie degli avi e/o vaccinazioni) od acquisita per i vari condizionamenti da parte della famiglia, amicizie, gruppo, societa' - o per devianza.
Una delle caratteristiche denunciate e verificate nel mondo omosessuale e' che la figura del padre nella famiglia dell'omosessuale, e' facilmente assente o troppo presente come dittatore !, inoltre vi sono studi scientifici abbastanza importanti, che dimostrano come in tutto il regno animale nasce una maggiore percentuale di esseri omosessuali, quando ad esempio, in uno stesso luogo vi è un sovraffollamento di animali della stessa specie, vi sono condizioni di violenze sessuali, e/o ambientali disagiate con alimentazione non adatte e nel caso dell'uomo anche le vaccinazioni, fra i plurivaccinati, figli di vaccinati vi e' un forte aumento di omosessualità; anche il caso di ragazzini/e e ragazzi/e che sono impediti al facile contatto con l'altro sesso, ma favoriti a quelli dello stesso sesso, l'omosessualita' aumenta in modo vertiginoso.
Sull’uomo e lo abbiamo abbiamo gia’ affermato, anche le vaccinazioni producono mutazioni genetiche che portano anche e non solo, facilmente all’omosessualità, per il fatto che essendo praticate quando il soggetto e' ancora in fasce e/o piccolo, con le tossine introdotte con quelle infauste profilassi insanitarie - vedi Danni dei Vaccini - il cervello viene facilmente investito (specie il liquor) da sovra eccitazioni e/o leggere infiammazioni - senza divenire meningiti - di conseguenza vi sono alterazioni neuronali (quando addirittura, con i vaccini, non vi sono lesioni neuroniche e/o aggressioni alla mielina), alterazioni che comunque impediscono a certe parti di esso di funzionare normalmente, rendendo instabile il carattere e quindi impedendo il normale sviluppo della personalita' del bambino/a anche verso la sua giusta sessualita'.
Ciò significa che, solo in condizioni, di sovrappopolazione, disagiate e/o di alterazione alimentare e le vaccinazioni, vi è un maggior aumento di nascite di omosessuali; queste sono comunque condizioni innaturali, non normali, ma sono la base di questo aumento anomalo di omosessualita' alla quale oggi assistiamo sempre di piu'.
Ciò significa anche che le condizioni “normali e naturali” sono solo quelle nelle quali non vi sono le condizioni sopra indicate e quindi non vi è un aumento di omosessualità, quindi ciò significa che trattasi di anormalità, o come è meglio precisare, di stati patologici (sociali e/o individuali), cioè malattia, che può divenire genetica quando quelle condizioni si insediano per più di due generazioni in uno stesso luogo e/o famiglia.
Un altro esempio chiarificatore, di ciò che può avvenire, è quello del carcere: i maschi quando vengono rinchiusi in carcere e non vedono una femmina per anni, siccome le esigenze sessuali rimangono, trovano comunque il loro sfogo avendo rapporti con altri maschi. Non è possibile affermare che quelle condizioni sono “normali”, anzi sono completamente anormali, derivanti dalla condizione di non poter avere a disposizione le femmine.
Il fatto che una certa situazione si sviluppi grazie a certe anomale condizioni NON implica che essa possa divenire la normalità; l' omosessualità è quindi da considerarsi sempre e comunque una “devianza” (parola che non intende essere denigratoria), anche se essa proviene, in certi casi, da una mutazione genetica acquisita (cioe’ si nasce omosessuali).
Gli omosessuali hanno in genere gravi problematiche Spirituali/emotive proprie - Conflitti Spirituali – cioe’ malattie psichiche - per riuscire ad accettare e/o a far accettare ai famigliari e/o gruppo, societa’, la loro devianza dalla naturalità, che essi stanno vivendo; di conseguenza ecco perché vi sono in genere, grandi problemi in loro stessi ed anche fra le coppie omosessuali (che in genere, salvo rari casi, sono instabili molto piu’ che quelle eterosesuali) e queste inoltre sono mancanti di una fondamentale parte della famiglia, non hanno i due sessi co-presenti ed essi NON possono avere figli nell’ambito di quel tipo di coppia, in quanto sono simili (OMO) e non “diversi” come alle volte si sente chiamare gli omosessuali; i veri "diversi” sono solo il maschio e la femmina e non i simili.
Cio’ dimostra anche che le coppie Omosessuali, NON formano una famiglia, ma SOLO una coppia (unione civile), anche se legati da forme di vero Amore.
Negli USA vi e’ un medico psicologo, che cura gli omosessuali che desiderano uscire dalla loro problematica, con terapie psicologiche di supporto (senza costrizioni, ne’ farmaci (ed alcuni riescono a guarire. Questo a riprova del fatto che l’omosessualita’ e’ comunque una malattia attitudinale acquisita dall’infanzia e/o genetica, dalla quale, in certi casi, si puo’ uscire, se lo si vuole e non ci si siede nella propria malattia.
Occorre comunque ricordare che gli Omosessuali (maschi) hanno delle caratteristiche caratteriali particolari: avendo una spiccata accentuazione della loro parte femminile, rispetto a quella maschile, essi sono molto sensibili, creativi, e quindi possono anch'essi essere di aiuto al proprio prossimo ed alla nostra societa' “maschilista” che di sensibilità femminile ne ha persa e tanta, per il fatto che il lato maschile si e' impadronito del potere da millenni ed ha estromesso il lato femminile dalla nostra societa' e che quindi di fatto e' solo maschilista, per il lungo periodo dominato dai maschi, cioe' maschi con pochissima sensibilita', caratteristica del lato femminile dell'Umanita', infatti in questa societa' non c'e' "Umanità" !
E’ evidente che anche un’omosessuale può figliare, se accoglie od immette seme nella vagina dell’’altro sesso; ma nell’ambito della coppia formata da individui dello stesso sesso, la natura rende impossibile la procreazione; l’unica via potrebbe essere quella della adozione di figli di estranei oppure di figli fatti da quella coppia con individui di sesso opposto e successivamente adottati nell’ambito della coppia omosessuale formata e gestita.
Ricordiamo che comunque per poter far crescere dei figli con il massimo equilibrio psichico, occorre che la famiglia sia impostata con maschio + femmina e che in questa regni l’amore ed il rispetto.
Comunque indipendentemente a queste considerazioni sulla malattia dell'omosessualita', occorre ASSOLUTAMENTE non discriminarli, ma accettarli ed aiutarli nei loro malesseri e lo Stato DEVE riconoscere il loro "stato" permettendo ad essi di poter formare coppie alle quali debbono essere GARANTITI tutti i Diritti ed i Doveri di una normale coppia eterosessuale.
Occorre ottenere e mantenere per questi omosex il riconoscimento della loro dignità anche se omosessuali.
Essi debbono poter convivere senza nessuna discriminazione, adottare dei bambini, perche' e' molto meglio che i bambini senza genitori, che oggi vivono negli orfanatrofi senza il calore di qualcuno che li ami, quindi senza amore, possano comunque riceverlo anche se da coppie di omosessuali (coppie di maschi e/o di femmine)
E' sempre meglio che vivere in un collegio senza il calore di persone che gli vogliono bene !
Ma in quel caso occorre fare molta attenzione perche' in certi casi, vi sono soggetti omosex ma pedofili, che potrebbero approfittare dei piccoli a loro affidati e quindi i bambini ne soffrirebbero e non poco.
Comunque, le coppie di omosessuali devono anche ricevere le stesse considerazioni e protezioni da parte della legge come le "coppie di fatto" composte da maschio e femmina.
Ma queste coppie non possono essere considerate una "famiglia", in quanto per definizione convenzionale la famiglia e' solo formata da coppie di maschi e femmine, che possono procreare fra di loro, cioe' possono avere dei loro figli; quindi queste coppie DEBBONO essere chiamate con un'altro nome, es. PACS.

I neofreudiani ridefiniscono l'omosessualità come malattia

Per gli psicoanalisti di quegli anni, limitarsi a definire gli omosessuali come "cocchi di mamma" non era comunque sufficiente. Per dare valore scientifico a una teoria è necessario un linguaggio tecnico e i neofreudiani, come del resto Freud, scelsero il linguaggio della medicina e della malattia. Come ho ricordato, lo stesso Freud non riteneva che l'omosessualità rappresentasse una malattia ed era scettico sulla possibilità di mutare l'orientamento sessuale di pazienti adulti. I neofreudiani, però, modificarono la loro posizione e definirono <> (Bieber, et al., 1962, p.220). Alla ricerca di un linguaggio tecnico che si adattasse a questa teoria, i neofreudiani si rifecero al primo modello freudiano del conflitto. Sostennero che l'omosessualità non nasceva da un'intrinseca bisessualità, di cui negavano l'esistenza, ma che l'attrazione per persone dello stesso sesso, così come succedeva per i sintomi isterici, traeva origine da un conflitto nevrotico. Fu semmai l'opera di Charles Socarides che alla fine fissò gli standard neofreudiani per i tentativi psicoanalitici di inquadrare nuovamente l'omosessualità come prodotto di un conflitto, e quindi come problema suscettibile di interpretazione, trattamento e "cura" psicoanalitica. <>.

La psicoanalisi si occupa delle cause o dei significati?

Con l'avvicinarsi del nuovo millennio, gli psicoanalisti sono sempre più interessati a chiarire la natura della ricerca cui si rivolgono. La psicoanalisi è una scienza o una disciplina ermeneutica? Tratta di fatti reali recuperabili o riguarda la comprensione o l'interpretazione dei significati? Spence (1982), tra gli altri, ha ipotizzato che il lavoro congiunto degli psicoanalisti e dei loro pazienti crei racconti assimilabili a costruzioni narrative, piuttosto che a ricostruzioni di dati reali. In altre parole, l'analista e il suo paziente elaborano una storia che possiede un significato per loro due, più che scoprire una storia oggettiva tramite il ricordo di eventi reali. Gli analisti, influenzati dalle loro stesse teorie e convinzioni personali, sono in grado di condizionare l'espressione di tali racconti attraverso domande mirate e sottolineando determinate risposte del paziente. I pazienti, a loro volta, sono esperti nell'apprendere la teoria clinica, gli atteggiamenti e il linguaggio dei loro terapeuti. L'analisi "riuscita" è quella che, grazie a questa azione congiunta, porta a un racconto condiviso che risulta convincente sia per il paziente sia per il terapeuta. La storia degli atteggiamenti della psicoanalisi nei confronti dei pazienti omosessuali sembra avallare questa visione. Più che ricercare le "cause" dell'omosessualità, le due parti coinvolte nella seduta psicoanalitica instaurano un dialogo che riguarda i significati che entrambi attribuiscono all'attrazione e ai comportamenti relativi alle relazioni tra persone dello stesso sesso. Le teorie psicoanalitiche di Bieber e Socarides sono state le più seguite dagli anni '40 agli anni '60, periodo in cui la cultura americana disapprovava con forza l'omosessualità. In quegli anni, il punto di partenza di un trattamento era costituito dalla condivisione, tra terapeuta e paziente, della convinzione che l'omosessualità rappresentasse un problema da superare, e l'attenzione di entrambi si concentrava sulla ricerca dei motivi che avevano provocato la deviazione del comportamento del paziente rispetto a un normale atteggiamento eterosessuale. Quando l'atteggiamento culturale nei confronti dell'(omo)sessua-lità diventò più tollerante, verso la fine degli anni '60, anche l'atteggiamento degli psicoanalisti cambiò.
Se la ricerca scientifica non è ancora riuscita a scoprire le cause dell'omosessualità, né dell'eterosessualità, è possibile che ci riescano "due persone che parlano in una stanza"? Più che considerare l'analisi come una ricerca delle cause dell'omosessualità, gli psicoanalisti contemporanei si occupano della "teoria dell'omosessualità" del paziente (o del terapeuta) come di una storia del significato dell'omosessualità composta da una visione personale e da un condizionamento culturale. (Domenici and Lesser, 1995; Magee and Miller, 1997; Drescher, 1998). Un paziente, quando riferisce al proprio analista di ritenere che l'omosessualità sia una malattia che deve essere trasformata in eterosessualità, compie un'azione di adeguamento a un preciso contesto sociale. Una simile convinzione è il prodotto di un condizionamento culturale che interagisce con il profilo psicologico e individuale del singolo paziente. Il paziente convinto che l'omosessualità sia una malattia comunica al proprio analista ciò che egli stesso (il paziente) pensa di sé, e cioè che è "cattivo" e allo stesso tempo chiede al proprio analista, mettendolo nel ruolo di guaritore, di renderlo "buono". In quella che assomiglia sempre più a una "psicoanalisi postmoderna", i significati delle convinzioni personali sono trattati come le comunicazioni significative del trattamento. Non è più possibile sostenere che le cause risiedano necessariamente nei significati, almeno non nell'accezione dell'isteria formulata per la prima volta da Freud. Ne consegue che l'obiettivo centrale del trattamento, per gli psicoanalisti contemporanei, si è allontanato dal motivo favorito di Freud della detective story. Il trattamento non implica necessariamente una risposta alla ricerca delle cause che hanno spinto il paziente a comportarsi in un determinato modo. Piuttosto, può essere considerato una forma di espressione e di critica letteraria in cui le fonti personali, familiari e culturali delle argomentazioni e delle teorie del paziente su se stesso/a vengono decostruite e quindi riconsegnate al paziente perché le analizzi. Quest'approccio narrativo al trattamento psicoanalitico sposta inevitabilmente l'attenzione lontano dalla discussione sulle teorie eziologiche. I racconti, in fondo, devono essere convincenti, ma non necessariamente "basati su prove". La consapevolezza di questo limite psicoanalitico solleva un'interessante domanda: "che cosa c'è di terapeutico nel saper fare un buon racconto"? Forse, nel prossimo millennio, gli psicoanalisti giungeranno a qualche conclusione in questo senso.

Sull'origine dell'omosessualità
Molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed univoca. Negli anni 60 la ricerca del gene dell'omosessualità, della sua determinazione genetica hanno avuto molto vigore, ma non hanno portato a risultati che avvalorassero l'ipotesi. Sono stati chiamati in causa anche fattori biologici, soprattutto ormonali. Molto attiva è stata la ricerca sul livello di androgeni, in particolare del testosterone. Anche in questo caso non si è approdati a risultati convincenti.
Ricche di evidenze, anche se non del tutto esaustive, sono le ricerche del background familiare e psicologico associato a questo orientamento sessuale. Nelle famiglie, già nel 1962, Bieber aveva descritto il "Classical triangular pattern" per lo sviluppo dell'omosessualità maschile. Il quadro era composto da una madre iperprotettiva e dominante e da un padre debole od ostile, oppure molto distante fisicamente o psicologicamente dalle questioni di casa. Il figlio è invece un soggetto che predilige giochi tranquilli, non incline agli sport e all'attività fisica e molto legato alla madre, con invece relazioni disturbate con fratelli e sorelle.
Anche nello sviluppo dell'omosessualità femminile la famiglia è stata considerata come fattore predisponente. E' di tipo conflittuale, ancora con madri dominanti e padri in grado di giocare solo ruoli subalterni e secondari. Al contrario dei maschi, il loro comportamento da bambine è stato descritto come di "maschiacci".
In linea generale, tuttavia, va rilevato che se il comportamento sessuale è molto più determinato dalle esperienze e dall'apprendimento che da questioni biologiche, occorre forse rifarsi a un modello di multideterminazione. In esso, si può vedere come l'identità sessuale discenda da questioni biologiche, dalla percezione dell'immagine di sé, dall'organizzazione del rapporto con il proprio sé psichico e corporeo, da vicende familiare e da modelli educativi ancora familiari, ma anche sociali. Senza dimenticare tutto il bagaglio di esperienze che viene accumulato nello scorrere dell'esistenza, soprattutto nel corso del suoi anni "formativi".

Urss e omosessualità
Le politiche del periodo sovietico e le politiche sovietiche verso gli omosessuali possono essere divise in cinque periodi chiave:

Prof. Igor Kon
traduzione a cura di Giovanni Dall'Orto

La posizione ufficiale della medicina e della legge sovietiche negli anni Venti, come riflessi dall'articolo d'enciclopedia di Sereisky, era che l'omosessualità era una malattia che era difficile, se non impossibile, curare. Perciò, "riconoscendo la scorrettezza dello sviluppo omosessuale... la nostra società combina misure profilattiche e terapeutiche a tutte le condizioni necessarie per rendere il conflitto che colpisce gli omosessuali quanto meno doloroso possibile, e per risolvere la loro tipica alienazione all'interno della collettività”. (Sereisky, 1930, p. 593).
Anche se, durante gli anni Venti, alcuni intellettuali omosessuali svolsero ancora ruoli importanti nella cultura sovietica, sparì l'opportunità di una discussione sul tema aperta, filosofica ed artistica, quale quella iniziata all'inizio del secolo.
Col decreto del 17 dicembre 1933 e con la legge del 7 marzo 1934, l'omosessualità divenne di nuovo un reato penale.
I motivi esatti di questo cambiamento brusco sono ancora sconosciuti, ma esso faceva chiaramente parte del "Termidoro [il periodo del "Terrore" della Rivoluzione francese, NdR] sessuale" e di una tendenza repressiva generale. Articoli di criminalizzazione furono inseriti nei codici di tutte le repubbliche sovietiche.
Secondo l'articolo 121 del Codice penale della Repubblica Sovietica Russa, l'omosessualità (muzhelozhstvo) era punibile con la privazione della libertà per un periodo fino a 5 anni e, secondo l'articolo 121.2, nel caso di uso o minaccia d'uso di violenza fisica, o di sfruttamento della posizione dipendente della vittima, o di rapporti con minorenni, fino a 8 anni.
Nel gennaio del 1936 Nikolai Krylenko, Commissario del popolo per la giustizia, annunciò che l'omosessualità è il prodotto della decadenza delle classi sfruttatrici, che non hanno niente da fare, ma che in una società democratica, fondata su sani principi, per tali persone non c'era posto (Kozlovsky, 1986).
L'omosessualità fu così legata alla controrivoluzione. In seguito, i giuristi e i medici sovietici descrissero l'omosessualità come una manifestazione “della decadenza morale della borghesia”, reiterando parola per parola gli argomenti dei fascisti tedeschi.
Tipico di questa posizione fu un articolo anonimo sull'"omosessualismo" apparso nella Grande Enciclopedia Sovietica del 1952. I riferimenti a possibili cause biologiche dell'omosessualità, che fino ad ora erano stati usati per scopi umanitari come ragione per decriminalizzare l'omosessualità, ora venivano rifiutati:
"L'origine dell'omosessualismo è collegata alle circostanze sociali quotidiane; per la stragrande maggioranza della gente che si dedica all'omosessualismo, tali perversioni si arrestano non appena la persona si trovi in un ambiente sociale favorevole.... Nella società sovietica con i suoi costumi sani, l'omosessualismo è visto come una perversione sessuale ed è considerato vergognoso e criminale. La legislazione penale sovietica considera l'omosessualismo punibile con l'eccezione di quei casi in cui lo stesso sia manifestazione di profondo disordine psichico". (Gomoseksualizm, 1952, p. 35)
Il numero esatto di persone incriminate in base all'articolo 121 è sconosciuto (le prime informazioni ufficiali sono state prodotte soltanto nel 1988), ma si crede che possa trattarsi di circa mille all'anno. Dalla fine degli anni Ottanta, secondo i dati ufficiali, il numero di uomini condannati in base all'articolo 121 era stato in costante diminuzione. Nel 1987 furono condannati 831 uomini (questo dato si riferisce all'intera Unione Sovietica); nel 1989, 539 persone, nel 1990, 497, nel 1991, 462, nel primo semestre del 1992, 227, tutti meno dieci condannati in base all'articolo 121.2 (le cifre si riferiscono alla sola Russia) (Gessen, 1994).
Secondo avvocati russi, la maggior parte delle condanne è in effetti avvenuta in base all'articolo 121.2, l'80 per cento dei casi vedendo il coinvolgimento di minori fino a 18 anni (Ignatov, 1974).
In un'analisi di 130 condanne in base all'articolo 121, fra il 1985 e il 1992, è stato trovato che 74 per cento degli accusati sono stati condannati in base all'articolo 121.2, dei quali il 20 per cento per stupro con uso della forza fisica, l' 8 per cento con uso di minacce, 52 per cento per contatti sessuali con i minori e il 2 e il 18 per cento, rispettivamente, per sfruttamento dello status dipendente o vulnerabile delle vittime (Dyachenko, 1995).
Queste statistiche dovrebbero comunque essere prese in considerazione con un certo scetticismo, ricordando che molte di questi e di altri capi d'accusa possono essere stati montate o falsificati e che molte confessioni sono state forzate con le percosse alle persone accusate e ai testimoni.
L'articolo 121 non prendeva di mira solo gli omosessuali. Le autorità lo hanno sfruttato frequentemente per trattare con i dissidenti e per accrescere le sentenze al campo di lavoro. A volte il KGB è stato chiaramente coinvolto nell'incriminazione, come, per esempio, nel caso del noto Lev Klein, archeologo di Leningrado: il suo processo fu orchestrato dall'inizio alla fine dal KGB locale in flagrante violazione di tutte le norme procedurali. (Samoilov, 1993).
Di solito, lo scopo di tali azioni fu di spaventare l'intellighenzia. L'applicazione della legge fu selettiva. Se le figure culturali di spicco avevano cura di non offendere le autorità, godevano di una sorta d'immunità e veniva chiuso un occhio sulle loro tendenze omosessuali, ma non potevano comunque accedere a cariche dell'alto ingranaggio ma bastava solo che ostacolassero un personaggio influente perché la legge facesse sentire pienamente il suo peso. Questo fu il copione che distrusse la vita del famoso regista armeno Sergei Paradzhanov.
Ancora alla fine degli anni 80, il direttore del teatro Yuny Zritel di Leningrado, Zinovy Korogodsky, comparve davanti ad una tribunale, fu licenziato dal suo lavoro e privato di tutti i suoi titoli onorari. Gli esempi di questo genere sono molti.
La campagna antiomosessuale introdotta all'inizio degli anni 30 fu di breve durata. Entro la metà del decennio, sulla questione era disceso un assoluto silenzio. L'omosessualità era diventata innominabile nel senso letterale del termine. La congiura del silenzio arrivò a comprendere temi accademici come il culto fallico, e la pederastia dell'antica Grecia.
Questo silenzio tenebroso ha intensificato ulteriormente la tragedia degli omosessuali sovietici, che non soltanto temevano l'incriminazione e i ricatti, ma non poterono nemmeno sviluppare autocoscienza e autoidentità adeguate.
Oltre alle incriminazioni, una discriminazione di tutti i tipi, illegale, diffusa e senza limiti, prese edi mira non solo gli omosessuali, ma anche le lesbiche.
I rapporti lesbici non rientravano in nessun caso di alcun codice penale, e i legami stretti fra donne sono stati meno visibili e meno soggetti ad attacchi. L'opinione pubblica è stata, verso le lesbiche, altrettanto inflessibile che verso gli uomini gay. Le lesbiche venivano ridicolizzate, incriminate, licenziate, espulse dalle università e minacciate di essere private della custodia dei figli. (...)
La psichiatria punitiva sovietica fu una delle armi principali della repressione sia legale che illegale. Psichiatri ignoranti di sessuologia erano sempre pronti a trovare qualche grave che permettesse di sottoporre a vita le persone così stigmatizzate ad osservazione medica e poliziesca, o rinchiuse in un ospedale psichiatrico in condizioni spesso molto peggiori della prigione.
Perfino dopo l'emergere, alla fine degli anni 70, di una "patologia sessuale" (il termine russo per definire la sessuologia clinica, che suggeriva che tutti i termini sessuali siano patologici) più tollerante e meglio informata, la medicina ha offerto ben poco aiuto. In tutti i libri sovietici di "patologia sessuale", l'omosessualità era descritta come una "perversione sessuale" perniciosa, una malattia da curare. (Vasilchenko, 1977, 1983).
All'inizio degli anni 80 fu lanciata nelle edizioni divulgative una campagna anti-omosessuale.
Nel primo, e all'epoca unico in tutta la nazione, manuale per insegnanti sull'educazione sessuale (di cui fu stampato e immediatamente esaurito un milione di copie) l'omosessualità fu definita una come patologia pericolosa e "una violazione dei principi normali dei rapporti sessuali.... L'omosessualità sfida sia le relazioni eterosessuali normali sia le realizzazioni morali e culturali della società. Quindi merita la condanna sia come fenomeno sociale che come un comportamento specifico personale sia come atteggiamento mentale" (Khripkova & Kolesov, 1982, pp. 96-100).
Così, gli insegnanti, come la polizia ed i medici, furono messi in guardia contro l'omosessualità.
Ancora oggi, con rare eccezioni, gli psichiatri e i sessuologi clinici russi, anche coloro che hanno sostenuto la decriminalizzazione dell'omosessualità, la considerano una malattia e riproducono nei loro scritti le molte assurdità e gli stereotipi prevalenti nell'opinione pubblica.
Il più recente manuale medico sulla sessuologia clinica, pubblicato nel 1990, definisce l'omosessualità una "tendenza patologica".
Esso afferma che, oltre a cause biologiche, "un forte fattore patogenetico che contribuisce alla formazione dell'attrazione omosessuale può essere l'inculcamento dai genitori e dagli insegnanti di un atteggiamento ostile nei confronti del sesso opposto" (Vasilchenko, 1990, p. 429-430).
In una tesi di laurea in psichiatria del 1994, preparata sotto la visione del professor A. Tkachenko, il comportamento omosessuale non solo è descritto come "anomalo", ma la maggior parte dei 117 uomini gay studiati dall'autore ricevono diagnosi quali "infantilismo psichico, psicofisico e disarmonico...", "...segni di difetti organici del sistema nervoso centrale," e "sopravvalutazione della sfera sessuale" (Vvedensky, 1994, p. 8).

In Cina,

dove l'omosessualità era considerata una malattia mentale fino a cinque anni fa, è stata aperta la prima clinica per omosessuali, dove è possibile fare degli esami per AIDS e altre malattie sessualmente trasmesse. Chi vuole fare un check up deve rivolgersi alla Beijing clinic, che ha anche un sito Internet, nel quale si può riempire un modulo che permette di avere una consulenza gratuita.
Durante il periodo di Mao, gli omosessuali furono perseguiti duramente e perfino condannati a morte. Ora la Cina sta diventando più tollerante, ma gli omosessuali rimagono sotto pressione all'interno dei clan familiari più tradizionali.

Il punto di vista cattolico

Domande e risposte sul problema dell’omosessualità

I. Elementi per una definizione

1. Che cos’è l’omosessualità?

Con il termine "omosessualità" s’indica la condizione di una persona, maschio o femmina, che prova attrazione sessuale per persone del suo stesso sesso.

L’omosessualità femminile viene indicata anche con i termini "lesbismo" o "saffismo", con riferimento agli amori omosessuali attribuiti alla poetessa Saffo, vissuta nell’isola greca di Lesbo fra i secoli VII e VI a.C.



2. Che cosa non è l’omosessualità?

L’omosessualità non è dovuta a insufficienze ormonali o ad altri fattori patologici organici, né va confusa con l’"ermafroditismo" vero — coesistenza dei due sessi nella stessa persona — o con lo "pseudo-ermafroditismo", connotato dalla malformazione dei soli organi genitali esterni, che presentano alcuni caratteri dei due sessi.

Diverso dall’omosessualità è anche il "transessualismo", atteggiamento psichico di non accettazione o, addirittura, di odio verso i caratteri sessuali del proprio corpo.



3. Qual è l’incidenza dell’omosessualità?

L’entomologo e zoologo statunitense Alfred Charles Kinsey (1894-1956) — studioso dei comportamenti sessuali umani, la cui agenda segreta si proponeva di trasformare la società in senso omosessuale, anch’egli omosessuale e favorevole alle relazioni intime fra adulti e bambini — sostiene la tesi secondo cui il 10% dell’umanità sarebbe omosessuale o bisessuale, cioè sarebbe nella condizione di chi prova attrazione sessuale per entrambi i sessi (1). Questa tesi, accettata per lungo tempo in modo acritico, è stata ormai confutata sia da una serie di studi internazionali sia, soprattutto, da censimenti effettuati negli Stati Uniti d’America e in Gran Bretagna (2). Al massimo, si può sostenere che hanno tendenze omosessuali di qualche tipo solo il 2% degli uomini e l’1% delle donne (3).



II. Fra natura e vizio


4. Il comportamento omosessuale è un comportamento biologico innato?

L’esistenza d’individui con tendenze bisessuali e l’esistenza di persone che hanno mutato la loro inclinazione omosessuale indica che il comportamento omosessuale non è un comportamento biologico innato.

Inoltre, contro l’ipotesi dell’omosessualità come condizione biologica, è interessante lo studio realizzato sul comportamento sessuale dei gemelli omozigoti, cioè con tutti i caratteri ereditari uguali e con la stessa struttura biologica. Tale studio, fatto per dimostrare questa incidenza genetica, ha evidenziato che, fra i gemelli omozigoti, vi è una concordanza del 52% nei rari casi in cui un gemello ha scelto un comportamento di tipo omosessuale. Tuttavia il dato più importante emerso da questi studi è che il 48% dei gemelli omozigoti, pur essendo stati allevati insieme, mostra orientamenti sessuali opposti anche in quei casi rari. Perché circa la metà dei gemelli omozigoti presenta una discordanza per quanto riguarda l’orientamento sessuale? Il dato sottolinea l’insufficienza e i limiti delle teorie biologiche sull’omosessualità (4).



5. L’omosessualità è un vizio o una malattia della psiche?

Il vizio è l’abitudine di comportarsi in modo disordinato e tale abitudine è la conseguenza di una prolungata ripetizione di atti disordinati. Esiste spesso un rapporto d’interdipendenza fra vizio e malattia. Si pensi al caso dell’alcolismo. Alcune persone possono giungere all’alcolismo per libera scelta, ma poi si crea uno stato di dipendenza psicologica, si hanno alterazioni ingravescenti della personalità e nascono anche patologie di tipo organico dovute all’abuso dell’alcol: dipendenza biologica, turbe neurologiche, turbe dell’apparato digerente e di quello cardio-vascolare. Quindi molte scelte, libere all’inizio, alla fine rendono schiavi.

Invece molte scelte apparentemente libere non lo sono totalmente, ma fortemente condizionate da situazioni di "disordine" familiare e sociale, dalle quali la persona è contagiata o che subisce senza sua colpa. Tali situazioni di disordine nascono dall’accumulazione e dalla concentrazione degli effetti prodotti dal cattivo uso della libertà da parte di tante persone, che interagiscono negativamente con la libertà del singolo e che riducono notevolmente la sua consapevolezza e la sua responsabilità spingendolo su strade sbagliate.

Infatti alcune persone giungono — per esempio — all’alcolismo in conseguenza di ferite della psiche; in certi casi abusano dell’alcol nel tentativo illusorio di vincere il senso di solitudine e d’isolamento, ma finiscono, senza volerlo, per dare maggiore consistenza ai propri problemi e per aggiungere, alle vecchie sofferenze della psiche, le nuove, che nascono dalla dipendenza e dalle patologie determinate dall’abuso dell’alcol.

Dunque il vizio può portare alla malattia e la malattia al vizio: spesso essi si fondono e si confondono fino a costituire un "circolo vizioso", una spirale senz’apparente via d’uscita, in cui le diverse componenti si alimentano reciprocamente.

Ricerche scientifiche dimostrano che esiste negli omosessuali:

a. un complesso d’inferiorità nei confronti del proprio sesso (5);

b. una mancata identificazione con il modello del genitore del medesimo sesso. L’identificazione non avviene perché il genitore è "inadeguato", oppure perché il soggetto — bambino o bambina —, per aspetti caratteriologici suoi, indipendenti dal comportamento del genitore, non trova in lui quanto va cercando (6);

c. un attaccamento infantile non consapevole al genitore complementare (7);

d. un precoce condizionamento dovuto ad atti sbagliati e ripetuti a un punto tale da trasformarsi in abitudini (8).



6. L’omosessualità è un comportamento "naturale" perché si verifica anche fra gli animali?

Un errore, nel quale s’incorre spesso, sta nel ritenere di poter confrontare il comportamento umano con quello puramente animale, come se si trattasse di realtà omogenee.

Per esempio, se fra gli animali si verificano atti d’inaudita ferocia, come l’uccisione dei propri piccoli, degl’individui più deboli o del partner dopo l’accoppiamento, ciò non significa che gli uomini debbano regolare la propria vita con le stesse modalità degli esseri viventi non dotati di autocoscienza e di ragione. Le leggi con cui vanno regolati i comportamenti umani sono di natura diversa e vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.

Gli atti di tipo omosessuale che, in casi particolari, possono verificarsi fra gli animali sono ancora di difficile interpretazione e gli studi in materia sono soltanto agl’inizi.

Nelle specie che hanno uno scarso dimorfismo sessuale — cioè all’interno delle quali esistono sì due tipi differenti per morfologia, fisiologia o comportamento, ma questa differenza è ridotta — esiste l’incapacità di riconoscere il sesso del partner e questo induce ad approcci e a corteggiamenti di tipo omosessuale e porta i maschi a montare altri individui dello stesso sesso con manifeste intenzioni copulatorie (9).

In molti uccelli e pesci, specie che non hanno grandi differenze fra i due sessi, l’essere dominante — dice il medico austriaco Konrad Zacharias Lorenz (1903-1989), fondatore dell’etologia, la disciplina biologica che studia le abitudini e i costumi degli animali e l’adattamento delle piante all’ambiente — reprime, fino al limite della soppressione, la sessualità femminile e l’essere dominato reprime la sessualità maschile: non bisogna dimenticare che per gli animali l’essenza della femminilità consiste nell’essere sottomesso, cioè "messo sotto" in senso propriamente fisico (10).

Molti pesci — per esempio i labridi della specie Thalassoma bifasciatum — iniziano la vita come femmine e costituiscono banchi di sole femmine, guidati da un maschio. Se il maschio viene tolto dal gruppo, la femmina più robusta cambia colore e si trasforma in un maschio, che domina il gruppo ed è capace di fecondare. Fra i pesci pagliaccio — Amphiprion — una coppia dominante inibisce la crescita degli altri membri. Se viene tolta la femmina, il maschio suo compagno si trasforma in femmina e dal gruppo d’individui indifferenziati un pesce si sviluppa in maschio (11).

Fra i piccioni possono formarsi coppie di tipo omosessuale: il piccione dominante impersona la parte maschile e quello dominato la parte femminile (12).

Anche fra le oche i sessi non presentano grandi differenze esterne; così si può dare un legame fra due maschi che si comportano come una coppia, ma con una particolarità: a ogni primavera essi provano ad accoppiarsi, ma entrambi rifiutano di essere montati. Una femmina può inserirsi fra loro e accoppiarsi con uno o con entrambi: la coppia di maschi, che può avere una femmina in comune, sarà superiore in combattimento alle coppie normali perché il potenziale di combattimento di due maschi è superiore a quello di una coppia (13).



7. Qual è il significato degli atti di tipo omosessuale che si verificano nei mammiferi?

L’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt spiega che nei mammiferi, animali che presentano un elevato grado di specializzazione e di dimorfismo sessuale, l’atto di montare un individuo dello stesso sesso ha il significato di una minaccia d’aggressione o vuol essere un’affermazione di superiorità di rango. Fra i macachi, per esempio, tale azione ha anche il significato di accettazione di un ordine all’interno del gruppo, che serve a rafforzarne i vincoli. Il macaco superiore di rango è in genere il primo a montare, ma spesso anche gl’individui di rango inferiore lo montano a loro volta: lo zoologo statunitense Carl Buckingham Koford (1915-1979) paragona queste manifestazioni al saluto militare (14).

La zoologa Isabella Lattes Coifmann spiega che, quando due babbuini maschi s’incontrano, si salutano voltando il posteriore al compagno: si tratta di un’offerta sessuale di tipo femminile con funzione di acquietare l’altro, d’ingraziarselo e di assicurarsi la sua protezione in caso di necessità (15).

La stessa zoologa riferisce che i bonobo — detti anche scimpanzé nani — praticano accoppiamenti normali, incestuosi e omosessuali in tutte le circostanze della vita. Queste manifestazioni sono continue, ma rappresentano una strategia per bloccare l’aggressività altrui, per allentare le tensioni che si producono nel gruppo e per mantenere la coesione: infatti, i maschi giungono all’eiaculazione solo se hanno per partner una femmina sessualmente matura (16).

Il comportamento sessuale animale è determinato anche dalle fasi dell’imprinting, cioè della formazione comportamentale, e le esperienze dell’imprinting possono essere "errate": per esempio, alcuni uccelli, allevati fin da piccoli da esseri umani, tentano l’accoppiamento con essi anche a dispetto d’intervenute convivenze con congeneri (17).

Inoltre, non bisogna dimenticare che certi meccanismi comportamentali animali non sono sempre finalizzati alla sopravvivenza dell’individuo o della specie, ma possono manifestare patologie e devianze da eccesso o da carenza di funzione, le quali portano anche a squilibri distruttivi (18).



8. Una lettura teologica delle analogie e delle differenze fra l’uomo e l’animale relativamente a comportamenti devianti.

San Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) spiega che il male non ha una propria esistenza, ma è soltanto la privazione di un bene, che si può presentare in due forme: come mancanza di qualche cosa oppure come mancato raggiungimento di un fine.

Le creature inferiori e corruttibili come gli animali sono soggette alla lotta fra loro e alla morte, e questo rientra nell’ordine universale delle cose, come una parte in ordine al tutto.

L’ordine dell’universo comporta che alcuni esseri possano essere colpiti da qualche male, ma da questi mali procedono, per la provvidenza divina, altri beni, finendo per contribuire all’armonia dell’insieme: la disuguaglianza, che conferisce all’universo maggiore ricchezza di contenuto, implica che vi siano anche esseri corruttibili come gli animali (19).

Il mondo corporeo ha in sé un’armonia: dal punto di vista della natura "universale" certi fenomeni sono naturali — come uccidere un animale per procurarsi il cibo —, ma nello stesso tempo si oppongono a una natura "particolare": nessun corpo, infatti, tende naturalmente alla propria distruzione ma, al contrario, vi si oppone attivamente.

Certe devianze, poi, da cui sono colpiti gli animali all’interno della loro natura particolare — che vanno distinte dai comportamenti propri delle varie specie, finalizzati alla loro sopravvivenza —, non farebbero parte dell’ordine della creazione, cioè dei "progetti" del Creatore, ma sarebbero il risultato, come insegna la Rivelazione, di una misteriosa, ma non per questo meno reale, ferita originale che ha sconvolto non solo l’uomo ma tutta la natura intesa in senso biologico e materiale (20).

L’uomo, però, è sostanzialmente diverso dall’animale perché, a differenza di esso, è capace di conoscere con la ragione le finalità della natura e può guidare l’istinto con la volontà; solo lui è in grado di capire ciò che è male e può intervenire per cercare di rimediare alla privazione di un bene. Solo nell’uomo si manifesta la consapevolezza e l’angoscia per la malattia e per la morte, solo in lui vi è l’esigenza di una felicità perfetta, che rivela la sua insopprimibile tendenza verso l’assoluto e la sua nostalgia per il paradiso perduto.



III. Condizione umana e omosessualità: il problema della felicità


9. L’omosessuale è felice?

L’attrazione omosessuale è "narcisistica", nel senso che è basata sul tentativo illusorio e momentaneo di compensare le proprie carenze affettive, il proprio senso d’inferiorità e d’insicurezza, di affermare sé stessi, di sentirsi più completi, di colmare le carenze nella propria identità, cercando di appropriarsi delle qualità dell’altro individuo dello stesso sesso, continuamente ricercato come un mistero da comprendere e da assorbire.

Nell’omosessuale il bisogno sessuale si fa più intenso in presenza di delusioni, di solitudine e in ogni situazione vissuta con un senso di debolezza interiore, ma il comportamento omosessuale è una falsa soluzione che, invece di sanare la ferita originaria, finisce per rafforzare un’immagine di sé negativa e incompleta.

Vi sono psicoterapeuti secondo i quali anche molti eterosessuali possono avere fantasie omosessuali nei momenti in cui sono sopraffatti dalle loro responsabilità o sentono di aver perso il controllo della situazione (21).

Gli atti omosessuali possono rappresentare un’occasione di piacere sensibile, momentaneo e disordinato, ma non risolvono i problemi più profondi della persona e impediscono la sua vera realizzazione, cioè impediscono la felicità (22).



10. Che cos’è la felicità?

"Felice" deriva da "fertile". E una pianta per essere fertile, per dare frutto, presuppone il compimento di un itinerario, lo svolgimento di un processo: la semina, la coltivazione, lo sviluppo, la potatura e la raccolta. Per un uomo essere fertile significa vivere in armonia con le leggi fondamentali della realtà e con la propria natura, cioè in armonia con tutte le componenti della propria personalità. Questo presuppone un cammino perfettibile e mai perfetto, attraverso il quale l’uomo cerca di conoscere sempre meglio la verità e di metterla in pratica. Presuppone un itinerario attraverso il quale la persona cerca di riportare a unità e a disporre secondo un ordinamento gerarchico le potenze dell’anima, entrate in conflitto a causa del peccato originale. In ogni uomo vi è il bisogno d’integrare e di coordinare le passioni con la volontà, la volontà con la ragione e la ragione con la verità. E da questo processo, che intende ordinare tutte le potenze dell’anima fra di loro e nei confronti della verità, nasce propriamente la condizione chiamata "felicità".

San Tommaso d’Aquino spiega che la felicità consiste primariamente nell’attività intellettuale, propria dell’essere umano, e risulta soprattutto dalla contemplazione della verità; secondariamente che la felicità ha carattere affettivo, perché, rendendo l’uomo felice in quanto gli è essenziale, tutto l’uomo diventa felice in ogni sua dimensione e attività (23).

La "felicità-fertilità" è dunque uno stato, una condizione incipiente e perfettibile, fondata su un processo che si concluderà in Paradiso, con uno stato di felicità perfetta.

Dal canto suo, il piacere è propriamente la quiete che si ha nel raggiungere e nel possedere l’obiettivo del proprio desiderio, mentre il desiderio è il movimento verso un obiettivo. I piaceri sono buoni solo quando sono il risultato e la conseguenza della realizzazione di obiettivi giusti e adeguati. Il piacere e il desiderio sono fattori da ordinare e da vivere all’interno del processo che intende integrare e coordinare gerarchicamente le potenze dell’anima fra loro e nei confronti della verità.



11. Che cos’è il piacere disordinato?

Il piacere disordinato è il piacere momentaneo di una facoltà che entra in conflitto con le altre componenti della personalità, con i bisogni di natura spirituale che, nell’uomo, si trovano sempre mescolati con forme inferiori e biologiche di bisogni ed entra in conflitto con le leggi fondamentali della natura, che l’uomo è in grado di conoscere mediante la ragione.

Vi è sempre la possibilità, per ciascuno, di usufruire di un piacere momentaneo e disordinato, che contrasta con quanto è giusto, ma che, prima o poi, danneggia e impedisce la realizzazione e la felicità.

Secondo Giuseppe Cesari, ordinario di Psicologia Clinica all’università di San Diego in California, negli Stati Uniti d’America, l’aspetto specifico della natura umana è il bisogno di significato, e così egli introduce in psicologia il concetto di fecondità analogo a quello di felicità: "felice" è il termine corradicale di "fecondo". Sempre secondo Cesari, per esempio, nel campo sessuale la genitalità risulta pienamente soddisfacente solo se è vissuta all’interno di un’autentica relazione d’amore perché, altrimenti, rimane inappagato il bisogno fondamentale, vero basic need, "bisogno di base", consistente nell’essere in una vera relazione con l’altro. Cesari, che si serve anche di analisi e di concetti ricavati dall’opera del medico austriaco Sigmund Freud (1856-1939), fondatore della psicoanalisi, afferma che l’affetto omosessuale non è vero amore, ma una forma di regressione al narcisismo primario pre-edipico: "omofilia" vuol dire essenzialmente "egofilia" (24).

L’omosessuale, sia maschio sia femmina, ha patito qualche mancanza nella relazione con il genitore dello stesso sesso; ha un bisogno morboso di attenzione e di affetto da parte delle persone dello stesso sesso rispetto alle quali si è costruito un complesso d’inferiorità riguardante la propria identità sessuale; ha mantenuto un attaccamento infantile verso il genitore complementare, attaccamento quasi sempre abilmente e inconsciamente mascherato. Quindi gli atti omosessuali non sono manifestazioni di un amore autentico, ma manifestazioni di una strategia sbagliata e nevrotica, con cui la persona omosessuale cerca di difendersi da problemi più o meno inconsci, che non è riuscito a risolvere: incompletezza, solitudine, inferiorità e infantilismo (25).

Gli atti omosessuali possono portare un sollievo momentaneo alla persona ma, a lungo andare, non risolvono mai i suoi problemi più profondi. Gli atti sessuali vengono ridotti a una prestazione, fruiti con modalità simili a quelle ossessive e con comportamenti sostanzialmente masturbatori; manca una vera relazione interpersonale e, pertanto, il breve piacere legato all’ordine fisico non è in grado di coinvolgere e di appagare la persona nella sua totalità.



12. Perché molti psicologi contemporanei non considerano più l’omosessualità come un comportamento sessualmente disordinato?

In campo psicologico, molti considerano l’omosessualità come un disordine soltanto quando non è voluta dalla persona, cioè quando è ego-distonic: questo è, per esempio, l’approccio del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (26), voluto dal consiglio direttivo dell’APA, l’Associazione Psichiatrica Americana, anche quando un sondaggio indipendente, realizzato fra gli psichiatri statunitensi — mentre il Manual era in preparazione —, mostrava che la maggioranza di essi considerava l’omosessualità come un disordine del comportamento sessuale (27).

La posizione accolta dal Manual non è di carattere scientifico, ma espressione del relativismo nel campo della psicologia, dal momento che, nella sua prospettiva, ogni considerazione sull’omosessualità — e non solo — dev’essere non di tipo oggettivo, ma di tipo soggettivo. Se il soggetto, cioè, si sente gratificato dagli atti omosessuali esso è da considerarsi normale: è come dire che, se il tossicodipendente, l’alcolizzato, lo zoofilo, il voyeur, il sadico, il masochista si sentono gratificati dalle loro azioni disordinate, sono da considerarsi normali e vanno incoraggiati a proseguire nella loro scelta di vita. Nel 1994 il consiglio direttivo dell’APA ha tolto dal settore delle patologie del Manual anche la pedofilia, e con le stesse motivazioni: la pedofilia sarebbe un disordine soltanto se il pedofilo soffre per la sua pedofilia (28).



13. Perché vi sono omosessuali che desiderano rimanere nella loro condizione?

Anche molti tossicodipendenti e alcolizzati desiderano rimanere nella loro condizione. Infatti, ogni abitudine sbagliata crea uno stato di schiavitù.

Già il filosofo e sociologo tedesco Herbert Marcuse (1898-1979), rilevava che lo schiavo, nella misura in cui è stato condizionato a essere tale, desidera rimanere nella sua condizione, ma si tratta di un’alienazione e lo schiavo, al pari di ogni persona condizionata, dev’essere aiutato per poter ricuperare la libertà (29).

Nel caso degli omosessuali, la mancata soluzione delle difficoltà psicologiche iniziali, le abitudini sbagliate, i condizionamenti psichici, fisici e comportamentali, l’ideologizzazione della deviazione consolidano il comportamento sessuale disordinato rendendone sempre più arduo e difficile il cambiamento.

Fra l’uomo e le passioni disordinate, fra l’uomo e le cattive abitudini si può creare un rapporto e si può attivare un meccanismo analogo a quello che s’instaura nel caso delle tossicodipendenze. Ogni abitudine sbagliata, anche se impedisce la felicità dell’individuo, ne determina uno stato di schiavitù, un circolo vizioso fatto di delusioni e di ricerca ossessiva di piaceri momentanei e disordinati, ottenuti aumentando la "dose" o attraverso la ricerca di nuovi oggetti di "perversione". Rollo May (1909-1994), padre della psicologia esistenzialista statunitense, spiega che ogni atteggiamento sbagliato porta con sé la sua sofferenza e la sua delusione ma, quando s’instaura una forma di dipendenza, la persona non riesce più a utilizzare la sofferenza e la delusione in modo costruttivo, e cioè mettendole in relazione con l’atteggiamento sbagliato ma, a causa dell’abitudine e dell’illusione, finisce per trasformarle negli elementi di un circolo vizioso (30).

Quando l’oggetto del proprio desiderio è inadeguato — in quanto non naturale e non conforme alla giustizia —, il possesso è imperfetto rispetto alle aspettative per colpa dell’inadeguatezza della cosa posseduta nei confronti delle esigenze più profonde della persona. Il piacere momentaneo viene frustrato perché l’uomo si sente insoddisfatto e diviso, contemporaneamente schiavo del male fatto e deluso dal piacere ottenuto; il movimento del desiderio non cessa, ma diventa ossessivo e non si ha il vero piacere, che è la quiete di tutte le facoltà dell’uomo nel bene amato.

Dal movimento ossessivo del desiderio nasce il "culto" della novità e del cambiamento perché quando la realtà, con il suo ordine e le sue finalità, viene sostituita e deformata dall’immaginazione, l’intelligenza, privata dell’oggetto suo proprio, non è mai sazia del nutrimento inconsistente che le viene offerto e ne reclama subito un altro perché, quando ci s’indirizza verso un falso obiettivo, si può continuare a sognare, ma quando ci si ferma per possederlo esso delude le aspettative. Nel caso della genitalità, per esempio, quando il sesso viene privato del suo ordine e della sua finalità, quando viene separato dall’amore autentico e dalla tenerezza, gli atti sessuali — disordinati — producono assuefazione, ma non attenuano il bisogno sessuale il quale, a ogni ripetizione, viene esaltato. L’innalzamento della soglia del desiderio richiede l’aumento continuo dello stimolo sessuale, la ricerca della novità e del cambiamento, la ricerca di nuove perversioni per ottenere lo stesso effetto.

Una conferma emblematica si può trovare nell’opera dello psicoterapeuta statunitense Jack Morin che, nella ricerca di nuove perversioni da giustificare e da propagandare, introduce alla pratica del fisting. Per chi è ormai abituato all’uso sessuale contro natura dell’ano e del retto, ora sta diventando oggetto d’interesse particolare il colon. Infatti, la pratica del fisting consiste nell’introdurre gradualmente — l’autore parla di molte ore di pratica — la mano intera e lo stesso avambraccio attraverso l’ano per raggiungere il colon. Morin, che segue i meccanismi di un desiderio ormai separato dalla ragione e dalla realtà, afferma che chi mette in atto questa forma di perversione, resta affascinato dalla sensazione data dall’esplorazione all’interno del corpo del partner e afferma che alcuni descrivono questa esperienza come una forma di meditazione (31).



IV. Omosessualità, alienazione e natura


14. La condizione omosessuale è una situazione di alienazione?

Molte deviazioni nascono dal conflitto fra il pensiero e la realtà: l’essere umano va aiutato ad avere un giusto rapporto fra il pensiero e la realtà, perché la liberazione da ogni disordine mentale ha luogo nella misura in cui la persona non si pone più in contrasto con l’ordine fondamentale delle cose, giunge ad accettare il mondo reale e le sue leggi e diventa capace di soddisfare le proprie esigenze all’interno della medesima realtà.

La tendenza omosessuale è una tendenza ad agire in modo disordinato rispetto alle finalità del proprio corpo: si tratta di un disordine evidente fra il pensiero e la realtà. Chi ha un comportamento di tipo omosessuale è una persona alienata dalla propria natura e dalla propria identità.

Per la loro intima struttura gli organi genitali servono a unire l’individuo maschile con l’individuo femminile e questa unione li rende atti alla generazione di nuove vite, perché è finalizzata all’incontro dello spermatozoo con l’ovulo.

Secondo leggi inscritte nella natura stessa, l’atto sessuale presenta sempre due significati fra loro connessi: il significato unitivo e quello procreativo.

Anche se nella donna esistono naturali periodi d’infecondità, la "disposizione" procreativa resta intatta e presente nella sua natura. Questo rende lecito, e in alcuni casi doveroso per i coniugi, quando le circostanze lo richiedono — salute fisica e psicologica, condizioni socio-economiche ed educative —, l’uso della sessualità senza scopi procreativi.

Per le leggi inscritte nella natura l’atto omosessuale sarà sempre e soltanto una simulazione del rapporto sessuale naturale fra l’uomo e la donna, un comportamento disordinato rispetto ai progetti e alle finalità del Creatore.



15. Perché l’uomo deve rispettare le leggi della natura?

La natura è tutto quanto esiste, la cui esistenza non dipende dalla volontà degli uomini, e la sua essenza — che solo l’intelletto può penetrare, anche se mai in modo esaustivo e completo — consiste nelle idee direttrici, nelle finalità e nei progetti del Creatore.

Nella natura non vi è solo il dato materiale, ma in essa si nasconde anche l’idea direttrice, la ragione ultima e profonda delle cose, della loro "costruzione". I sensi hanno il compito di registrare come si presentano le cose, ma l’intelletto ha la capacità di cercare e di comprendere il progetto che ha creato e ha dato forma alla materia informe.

La natura è come l’opera di un artista: anche quando l’opera è stata danneggiata, l’intelletto può rintracciare, conoscendo l’autore, la ragion d’essere dell’opera e può intuirne le caratteristiche perdute o perturbate. È quanto fa il medico quando distingue fra fisiologia e patologia e quanto fa l’etologo quando distingue fra comportamento proprio di una specie, finalizzato alla sua sopravvivenza, e comportamento deviante.

Se è vero che l’uomo è un essere capace di dominare la natura, è pur vero che la natura si lascia dominare solo conoscendone le leggi e applicandole. Per esempio, l’uomo può volare solo se conosce le leggi del volo e le rispetta, altrimenti è destinato a un insuccesso violento; chi va contro la natura trova la natura contro di sé. I sensi possono registrare le cose così come si presentano, ma solo l’intelletto può estrarre queste leggi, che altrimenti resterebbero invisibili e nascoste.

Il dominio dell’uomo sulla natura non è assoluto ma relativo, cioè non può andare oltre il limite costituito dalle finalità stesse dell’ordine naturale: gli equilibri ecologici, per esempio, rappresentano uno di questi limiti.



V. Fra morale e terapia


16. Che differenza vi è fra tendenza omosessuale e atto omosessuale?

Un uomo può sentire in sé la tendenza alla disonestà e all’omicidio, ma non per questo è costretto a rubare o a uccidere.

La persona con tendenze omosessuali rimane sempre una persona e, pur essendo condizionata da un punto di vista emotivo, ha in sé la libertà della volontà, che gli consente di resistere all’inclinazione disordinata e di essere padrona dei propri atti.

La tendenza omosessuale è espressione di un disordine emotivo e tradurre la tendenza in atto omosessuale significa aggravare questa situazione di disordine (32).



17. Si può guarire dalla tendenza omosessuale?

Dalla letteratura scientifica si ricava che circa un terzo dei pazienti omosessuali, che si sottopongono a un’idonea terapia riparativa, guarisce; un altro terzo cambia progressivamente, nel senso che questi soggetti possono ancora avere, nel corso della vita, sporadiche fantasie omosessuali, ma l’attrazione per l’altro sesso prevale e il modo di relazionarsi con gli individui dello stesso sesso è corretto (33).

L’ultimo terzo non cambia perché è costituito da persone forzate a sottoporsi alla terapia o non sufficientemente motivate (34). Fra i fattori che influenzano positivamente la prognosi sono fondamentali motivazione al cambiamento, fede religiosa vissuta in modo positivo, forti legami familiari, valori di base tradizionali, pazienza con sé stessi e accettazione della natura continuativa della lotta, chiarezza mentale sulle differenze fra quanto è femminile e quanto è maschile (35). Esperti nella cura dell’omosessualità dimostrano che i complessi omosessuali possono essere curati se la persona con tendenze omosessuali vuole sottoporsi a opportune terapie psicologiche (36). Ma, soprattutto, i complessi omosessuali possono essere prevenuti durante l’infanzia con una giusta educazione.

Lo psicologo olandese Gerard J. M. van den Aardweg, uno dei massimi studiosi della terapia dell’omosessualità, afferma che un’educazione dei giovani mirante ad annullare le specificità maschili e femminili e la mancanza, in famiglia, dei ruoli materno e paterno può aver effetti disastrosi sulla psiche infantile, provocando l’insorgere dei complessi nevrotici omosessuali (37).

Tuttavia terapie psicologiche idonee e prolungate possono guarire le inclinazioni emotive disordinate, che inducono a un comportamento sessuale deviato. Infatti, una rilevante scoperta scientifica per certo è quella del cosiddetto "encefalo plastico": nel cervello umano vi sono aree che rispondono unicamente al codice genetico, ma vi sono "zone plastiche", che possono modificarsi.

Le aree che vengono modificate dalle abitudini, dall’apprendimento, sono quelle frontali e le zone anteriori dell’area temporo-parietale.

Se oggi Freud chiedesse qual è la sede dell’inconscio, potremmo rispondere che si trova nei lobi frontali collegati con il sistema limbico. Essi sono la sede della cognitività e dell’apprendimento, come pure della creatività e dei sogni. Ma i lobi frontali sono modificabili dall’esperienza, così come può subire l’influenza dell’ambiente e modificarsi anche il sistema limbico — cioè gran parte di quello che, un tempo, veniva indicato come "rinencefalo" —, il complesso di strutture encefaliche che occupano la parte mediale e ventrale degli emisferi, del quale l’ipotalamo è uno degli elementi centrali e che è implicato nel comportamento sessuale e in varie emozioni. Ogni esperienza nuova, a lungo ripetuta, ogni attività cognitiva e ogni apprendimento svolge una vera e propria azione biochimica sull’encefalo plastico e modifica le strutture biologiche cerebrali (38).



18. Perché sono frequenti i casi di omosessualità fra gli adolescenti?

L’uomo è un essere eterosessuale, ma non bisogna mai dimenticare che tutto quanto si deve sviluppare e formare è sempre soggetto al rischio di deformazioni e di alterazioni.

Ogni sviluppo armonico non è automatico, ma sottoposto a innumerevoli tensioni e aggressioni che, se non sono adeguatamente controbilanciate, corrette, indirizzate e combattute, possono dar luogo a deformazioni. Questo vale sia per la psiche sia per il corpo.

Si consideri, per esempio, il caso della colonna vertebrale, che, durante lo sviluppo, può deformarsi dando origine alla condizione patologica della scoliosi.

L’adolescenza è una fase delicata dello sviluppo della persona, che deve raggiungere l’indipendenza su tutti i piani; soprattutto deve realizzare il distacco psicologico dai propri genitori, deve liquidare l’egocentrismo infantile, deve cominciare ad agire autonomamente sul mondo circostante e a scegliere la parte che deve svolgervi. La crisi d’identità nell’adolescente riguarda non solo i ruoli all’interno della società, ma anche il ruolo legato al sesso.

L’adolescente deve accettare coscientemente la sessualità e deve imparare ad acquisire progressivamente un controllo sul proprio istinto sessuale — ancora rivolto soprattutto al proprio corpo e alla propria persona — per indirizzarlo verso la persona di sesso complementare e per unirlo alla tenerezza e all’affetto.

Ugualmente, deve imparare a controllare sempre meglio il proprio istinto di aggressività, che non è fondamentale solo per difendersi, ma anche per "aggredire", nel senso più vasto, un compito o un problema. Deve imparare ad adattarlo alle circostanze, deve metterlo al servizio della giustizia e dei diritti degli altri, deve orientarlo verso la realizzazione di un progetto. Tutti sanno, per esempio, quanto siano impazienti i giovani e come sia difficile, per loro, rimandare a più tardi un obiettivo, anche quando lo esige la situazione.

Durante lo sviluppo verso la maturità biologica e psicologica l’adolescente può avere sensazioni erotiche indefinite, che possono essere associate nell’immaginazione con molteplici oggetti e situazioni, anche i più stravaganti.

In questo stadio, che alcuni definiscono "multisessuale" (39), può esistere anche una tendenza omosessuale transitoria, da non confondersi con l’omosessualità, e questa tendenza può portare alcuni adolescenti ad avere esperienze sessuali con giovani del proprio sesso: si tratta di situazioni in cui il partner può funzionare come sostituto di quello eterosessuale o può essere usato come uno specchio per avere conferma di sé stesso e per superare la paura dell’altro sesso.

Spesso, in questo periodo, la scelta dell’amico segue un modello narcisistico con una idealizzazione dell’altro, il quale avrebbe le qualità che si vorrebbero avere personalmente e che quindi si possiedono per procura.

L’attività omosessuale transitoria può essere usata come prova generale e come preparazione della normale attività sessuale: una sorta di gioco che anticipa la realtà. Ma in certi casi, in presenza di una particolare situazione psicologica, per esempio un’accentuata insicurezza o una mancata identificazione con il modello del genitore dello stesso sesso, vi è il pericolo che l’adolescente resti legato a questo tipo di soddisfacimento sessuale.

Il periodo dell’adolescenza, appunto perché delicato e difficile, richiede la presenza di educatori capaci di tranquillizzare l’adolescente e, nello stesso tempo, in grado di fornire spiegazioni adeguate e d’indicare gli obiettivi giusti verso cui deve imparare a orientarsi.

Le cattive compagnie e la mancanza di educatori possono indirizzare l’adolescente verso la fissazione di comportamenti e d’idee sbagliate, che possono generare, successivamente, le premesse per un comportamento di tipo omosessuale o per comportamenti condizionati da altre perversioni (40).



19. È possibile cambiar sesso?

La volontà di cambiare le caratteristiche sessuali del proprio corpo nasce da un grave disturbo dell’identità sessuale, indicato con il nome di "transessualità". Gl’interventi chirurgici, a cui i soggetti si sottopongono, non portano a un vero cambiamento di sesso, ma conferiscono solo l’apparenza del sesso desiderato.

Gl’individui vengono castrati e mutilati dei loro organi genitali normali e gli organi finti "costruiti" sono privi della capacità di procreare, incapaci di dar loro il piacere sessuale e gli stessi rapporti sessuali sono spesso dolorosi o impossibili.



VI. Implicazioni sociali


20. Quale atteggiamento deve avere la società verso gli omosessuali?

La società deve avere rispetto, compassione e delicatezza verso le persone con tendenza omosessuale. Ma l’abitudine omosessuale non deve essere né tutelata né equiparata al comportamento sessuale naturale, che porta a costituire una famiglia e ad adottare figli. Quindi la società deve fornire ogni sostegno per aiutare le persone omosessuali che vogliono compiere un cammino di liberazione dal vizio.

Il cammino di liberazione dal vizio trova conferma in fenomeni sociali come la crescita del movimento internazionale "ex gay": si tratta di veri movimenti di base, come Courage (41) ed Exodus International (42), dove omosessuali ed ex omosessuali si aiutano per promuovere un cambiamento di vita in modo da liberarsi dal vizio dell’omosessualità.

I comportamenti sessuali disordinati possono e devono essere tollerati se attuati in privato — purché non costituiscano forme di violenza sulle persone —, ma è giusta la pubblica apologia del vizio, qualsiasi esso sia?

Oggi vengono organizzate, incoraggiate e promosse pubbliche manifestazioni di omosessuali favorevoli al comportamento omosessuale.

Sarebbe giusta, per esempio, la pubblica apologia dell’alcolismo, della zoofilia, dello "sballo" del sabato sera? La pubblica apologia del vizio lede la libertà dei più "piccoli" e dei più "deboli", in special modo quella degli adolescenti, che attraversano una fase delicata di sviluppo relativa a tutti gli aspetti della personalità, con crisi d’identità, compresa quella sessuale.

La pubblica apologia del vizio ha un effetto contagioso e dannoso su quanti hanno ferite psicologiche, che possono predisporre al comportamento disordinato; ha un effetto negativo su chi cerca di guarire dal vizio e non aiuta a motivare quanti del vizio sono divenuti schiavi.

Sul problema dell’omosessualità viene esercitata da più parti una notevole pressione ideologica, favorevole ai comportamenti omosessuali, che finisce per confondere la capacità di giudizio.

Non va dimenticato che una menzogna, se continuamente ripetuta, finisce per venire confusa con la verità e diventa un’idea-forza che "imbottisce" le menti (43).



21. Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali è una discriminazione?

Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali non è una discriminazione.

Un comportamento disordinato e sbagliato non può avere l’approvazione e l’aiuto della legge. Il malato che vuole guarire dev’essere aiutato a curarsi, ma la malattia non può essere aiutata.

La persona malata possiede gli stessi diritti di ogni altra persona, compreso il diritto di esser curata; la malattia, invece, non ha diritti.

Se ogni comportamento disordinato dovesse avere l’approvazione e l’aiuto della legge, come impedire, per esempio, il "matrimonio" fra uomini e animali nei casi di grave disordine del comportamento, per cui l’uomo ha rapporti sessuali con gli animali, perversione indicata con il termine di "zoofilia" o di "bestialità"?

Questa possibilità non è lontana dalla realtà, sia considerando l’esistenza di queste forme di deviazione, sia considerando il fatto che alcuni gruppi di animalisti sostengono la necessità dell’uguaglianza giuridica fra l’uomo e l’animale.

Nelle sale cinematografiche, per esempio, nella seconda metà degli anni 1980 è stato messo in circolazione un film che narra, in maniera del tutto seria, la storia di una donna che abbandona il marito perché innamorata di uno scimpanzé (44).

Ogni disordine morale, quando è accettato e tutelato, non solo tende a perpetuare e a diffondere sé stesso, ma apre la porta ad altri comportamenti distorti e irrazionali (45).

Per poter arrivare al "matrimonio" omosessuale, i movimenti gay cercano d’introdurre nella legislazione un primo ponte verso tale "matrimonio" e cioè i cosiddetti PACS, "patti civili di solidarietà", ma nel caso la solidarietà ha una chiara funzione strumentale destinata a equiparare la coppia gay alla famiglia. Se, per esempio, voglio che il mio convivente diventi comproprietario della mia casa, cosa c’entra lo Stato? Si tratta di azioni che riguardano la contrattualità civile. Il PACS invece implica l’intervento dello Stato che estende benefici sociali e fiscali, di cui godono le coppie sposate, ai conviventi omosessuali. Questa è un’evidente contraddizione: il PACS non è civile ma statale.

Una considerazione anche per quanto riguarda i conviventi eterosessuali: come non è giusto concedere a nessuno di fare l’imprenditore se non rispetta le regole che lo Stato ha previsto a tutela degl’interessi di quanti sono coinvolti nel lavoro dell’impresa, così non è conveniente estendere i benefici del matrimonio a chi non intende o non può assumere tutte le responsabilità del matrimonio stesso.



22. I bambini adottati da una coppia omosessuale possono essere educati in modo naturale?

Anzitutto occorre aprire una breve parentesi sul problema delle cosiddette coppie omosessuali. Il censimento della popolazione americana del 1990 rivela che tali coppie omosessuali — 88.200 coppie di uomini omosessuali e 69.200 di donne — costituiscono meno di 1/20 delle coppie di fatto eterosessuali, pari a 3,1 milioni, e meno dello 0,0016% dei matrimoni (46).

Questi soggetti non vanno considerati e trattati diversamente dai pazienti che soffrono di anoressia nervosa, di nevrosi ossessiva o di una qualsiasi forma di dipendenza. Hanno diritto alla compassione e a essere incoraggiati a lottare contro le loro tendenze disordinate. Inoltre l’instabilità e la promiscuità sono la caratteristica delle coppie omosessuali: il 28% dei maschi omosessuali aveva avuto più di 1000 partner, il 10% delle femmine omosessuali aveva avuto 24 partner e la metà degli omosessuali parlava d’infedeltà solo oltre i 20 partner (47).

La percentuale dei suicidi di gay e di lesbiche è superiore alla media ed essi risultano causati soprattutto da frustrazioni nella vita di coppia (48).

I bambini adottati da coppie omosessuali sono privi dell’esempio di relazioni normali uomo-donna e mancano di un’importante premessa per lo sviluppo di legami eterosessuali. I primi dati del 1996 sono allarmanti e le statistiche, effettuate su campioni della popolazione urbana degli Stati Uniti d’America, dicono che più della metà di quanti dichiarano di essere stati educati da un genitore omosessuale, sono omosessuali pure loro (49).

Non va, poi, sottovalutato il fatto che i figli adottati da omosessuali potrebbero subire attenzioni di tipo sessuale da parte dei loro genitori adottivi, perché le statistiche dicono che il 23% dei maschi omosessuali e il 6% delle lesbiche avevano avuto qualche contatto sessuale con minorenni; e questo secondo il Gay Report del 1979, che sicuramente non nutre prevenzioni contro gli omosessuali, e secondo altre fonti (50). Inoltre l’internazionale gay non può negare gli stretti rapporti con le associazioni dei pedofili, dal momento che l’associazione americana di pedofili NAMBLA, North American Man-Boy Lovers Association, fa parte della ILGA, International Lesbian and Gay Association, e nei Paesi Bassi le associazioni omosessuali COC hanno voluto e ottenuto, nel 1990, la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minorenni al di sopra dei 12 anni (51).

Nel 1993 l’ILGA è stata riconosciuta come organo consultivo dall’ECSOC, Economic and Social Council, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: l’emancipazione dell’omosessualità e della stessa pedofilia, dunque, sembra avere notevoli gruppi di pressione alle proprie spalle (52).

Per esempio, la rete d’associazioni che si occupa di pianificazione familiare IPPF, International Planned Parenthood Federation, nel 1969, nella presentazione di un piano strategico all’organizzazione non governativa Population Council, che pure si occupa di pianificazione della popolazione, raccomandava d’incoraggiare la diffusione dell’omosessualità (53). Queste organizzazioni agiscono a livello di base, ma sono molto influenti anche a livello di quanti hanno potere decisionale e operano per divulgare tutti i metodi disponibili che permettono d’impedire la trasmissione della vita umana (54). Fa parte di questa strategia contraria alla procreazione anche l’introduzione di "nuovi diritti", fra cui il diritto all’aborto e il riconoscimento delle unioni omosessuali (55).

Il SIECUS, Sex Information and Educational Council of the U.S., la holding-servizio informazioni di Planned Parenthood, si è impegnato già negli anni 1970 a proporre come naturali sia i contatti sessuali fra bambini, sia la "sessualità intergenerazionale" (56).

Tornando alla domanda iniziale, una coppia omosessuale prevedibilmente educherà — anche con il comportamento palesemente omosessuale — il bambino adottato a considerare normali gli atteggiamenti e lo stile di vita omosessuali impedendogli, in questo modo, di poter realizzare i naturali processi d’identificazione psicologica riguardanti la differenza sessuale e la complementarietà fra i sessi, e questo non potrà che determinare, nel bambino stesso, le premesse del comportamento omosessuale (57).



23. Gli omosessuali sono soggetti a contrarre l’AIDS?

L’AIDS, la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è una malattia infettiva che si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali: la promiscuità sessuale — rapporti con più partner — favorisce la diffusione della malattia (58).

Luc Montagnier, lo scienziato che ha scoperto e studiato il virus che provoca l’AIDS, afferma che i rapporti omosessuali sono più efficaci per la trasmissione del virus: infatti i rapporti ano-genitali costituiscono il fattore di rischio più importante (59).

Il genetista francese Jérôme Lejeune (1926-1994) — scopritore della trisomia 21, il difetto cromosomico responsabile della sindrome di Down — spiega che la mucosa intestinale non ha difese contro i virus trasmessi tramite rapporti sessuali. Se un uomo non usa adeguatamente il proprio corpo, la natura punisce il trasgressore (60).

L’uomo è costruito in un certo modo, come un’automobile — per usare una metafora di tipo meccanico —, e, se non segue le regole fissate dal costruttore, si producono guasti.

L’uso del preservativo riduce il rischio di contrarre la malattia, ma non lo elimina.

Alcuni ricercatori inglesi hanno reso noti i risultati di una loro indagine condotta sull’uso del preservativo fra gli omosessuali (61). Anzitutto il preservativo risulta inefficace nel 7% dei casi, anche quando è stato escluso un suo uso non appropriato. Inoltre, il 30% degli omosessuali ha constatato la rottura del preservativo nel corso del rapporto: questo vuol dire che il 30% degli omosessuali, che utilizza il preservativo, è esposto alla possibilità del contagio (62).



24. I bambini che hanno un insegnante "dichiaratamente" omosessuale possono essere educati in modo naturale?

Se essere omosessuale "dichiarato" significa fare pubblica ostentazione e pubblica apologia dell’omosessualità, se significa fare dell’omosessualità una proposta educativa e presentarla come un bene, in questo caso il diritto del minore — a essere educato secondo i valori dei genitori — e il diritto dei genitori — a orientare il figlio verso i propri valori educativi — vengono prima del diritto della persona a manifestare pubblicamente le proprie scelte sessuali.

I genitori devono essere liberi di poter scegliere i valori educativi che vogliono trasmettere ai propri figli. Se la "tolleranza" è il rispetto di tutte le diversità, bisogna rispettare anche il diritto dei genitori che vogliono per i propri figli un’educazione sessuale rispettosa dell’ordine e delle finalità della natura e conforme ai propri modelli familiari.

Se la scuola pubblica, in una situazione di diffuso relativismo, vuole proporre, in tema di educazione sessuale, un comportamento moralmente disordinato com’è quello omosessuale, i genitori hanno il diritto di richiedere, per rispetto di un pluralismo educativo che non può essere negato, un’informazione sessuale rispettosa della natura e delle finalità dell’amore umano e conforme ai propri modelli familiari, un’informazione che spieghi ai figli che l’omosessualità è un comportamento sessuale disordinato, frutto di abitudini sbagliate e di problemi psicologici irrisolti.

Considerazioni analoghe possono esser svolte per il mondo dello sport e per quello militare, dove vige un rapporto gerarchico fra chi istruisce e chi è istruito (63).



VI. Chiesa cattolica e omosessuali


25. Secondo la Chiesa cattolica che cosa dovrebbe fare un omosessuale?

La Chiesa cattolica insegna che qualsiasi persona vivente sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita.

Anche nelle persone omosessuali dev’essere riconosciuta la libertà fondamentale che caratterizza la persona umana. Grazie a questa libertà lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire a queste persone di liberarsi progressivamente dal comportamento omosessuale, anche con l’aiuto di uno psicoterapeuta.

Van den Aardweg ha potuto constatare il caso di alcune persone — delle quali ha accuratamente analizzato le sensazioni e gli atteggiamenti —, la cui guarigione si è progressivamente realizzata senza psicoterapia, ma mediante una profonda conversione religiosa attraverso la quale il soggetto, sottomettendo la propria volontà alla legge di Dio, è stato liberato dal suo egocentrismo, è stato ri-orientato e liberato da sé stesso, dal suo "io" infantile, emotivamente indirizzato in senso omosessuale (64).

Per la dottrina della Chiesa cattolica le persone omosessuali sono chiamate, come quanti hanno problemi e difficoltà, a offrire e a unire ogni difficoltà e sofferenza al sacrificio della Croce del Signore Gesù. Ogni rinnegamento di sé, vissuto nell’abbandono alla volontà di Dio, costituisce una fonte di autodonazione e di pace.

Il cristiano, che vive con vera pazienza la fede e si lascia plasmare da essa, conserva la consapevolezza del progetto di Dio, mantiene vivo l’amore per le verità indicate nei comandamenti, persevera nello sforzo di combattere contro le illusioni del peccato — il verbo greco amartanô, usato per "peccare", significa "sbagliare strada", "mancare il bersaglio" — e, attraverso molte sconfitte e debolezze, viene purificato e diventa migliore.

Lo stesso Van den Aardweg ha notato che, durante il trattamento psicoterapico, i pazienti omosessuali, che vivono la loro fede religiosa in modo positivo, hanno maggiori possibilità di un cambiamento radicale perché la pratica dei sacramenti — in particolare della confessione —, la speranza, l’umiltà e l’amore del prossimo hanno un effetto antinevrotico.

La psicoterapia è per la psiche ciò che la fisioterapia è per l’apparato locomotore. Per guarire da un handicap fisico, però, non basta la fisioterapia, ma occorre la volontà di guarire. Infatti questa volontà è un elemento determinante per il buon esito della cura, ma per voler guarire è indispensabile sentirsi amati e, fra l’altro, amare la guarigione.

Secondo lo psichiatra statunitense William Glasser — iniziatore di un indirizzo psicoterapeutico definito "terapia della realtà" — uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano è quello di sentirsi amato. Glasser dice che un uomo, abbandonato su un’isola deserta o in una cella solitaria di una prigione, un uomo privato del bene della salute e degli affetti dei suoi cari è destinato a perdere il contatto con la realtà e può anche diventare pazzo, a meno che non riesca a mantenere la convinzione che qualcuno ancora lo ama (65). Le persone che hanno fede, attraverso la preghiera — la vita di preghiera è la ricerca dell’unione con Dio nei pensieri e nelle azioni —, e il cattolico anche attraverso l’aiuto particolare dei sacramenti, sentono nella loro vita l’amore di Dio che li sostiene, li illumina e li incoraggia anche nelle difficoltà più gravi.

Le terapie psicologiche, da sole, spesso non sono sufficienti per guarire un individuo da una nevrosi. Secondo lo psicologo tedesco Albert Görres (1918-1996) uno dei principali ostacoli al superamento del male sta nella mancanza di una motivazione che illumini e che incoraggi (66).

Quale motivazione può essere così forte da poter superare le stesse forze umane, da poter superare l’angoscia della perdita che nasce da profondi condizionamenti nei confronti di cose, persone e idee a cui l’individuo si è fisicamente e psicologicamente attaccato? Certamente l’amore di Dio rappresenta la più grande forza in grado di motivare la persona.

La tendenza a difendere gli orientamenti e gli atti omosessuali, che trova echi anche nel mondo scientifico, deriva da un atteggiamento culturale che privilegia l’importanza della gratificazione sessuale momentanea e la libertà dell’individuo, intesa in senso soggettivo e relativistico. Questo cambiamento culturale coinvolge anche altre questioni come l’aborto, la castità prematrimoniale, il divorzio e la fedeltà coniugale: su tutti questi punti la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica è contestata.

In questo clima culturale di diffuso relativismo difendere la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica significa difendere le famiglie del futuro e quanti non vogliono arrendersi alle loro tendenze disordinate (67).



VII. L’omosessualità nell’antichità classica


26. Come sostengono alcuni intellettuali, favorevoli al vizio omosessuale, il comportamento omosessuale nell’antichità classica era considerato normale e solo il cristianesimo ha introdotto il concetto di comportamento sessualmente disordinato per l’omosessualità?

La storia dei costumi sessuali, in realtà, non è così semplice. Nella Grecia antica, per esempio, non era ammessa l’omosessualità fra adulti, ma solo la "pederastia", cioè il rapporto fra l’adulto e l’adolescente, il ragazzo dai 12 ai 16 anni.

Non erano ammesse relazioni con i più piccoli o con gli adulti. Il legislatore ateniese Solone (640-560 a.C.) aveva imposto la pena di morte da applicare a qualsiasi maschio adulto sorpreso, senza autorizzazione, nei locali di una scuola dove i ragazzi erano al di sotto dell’età pubere.

L’omosessualità fra adulti era considerata depravazione e comportamento depravato era giudicato l’atteggiamento sessualmente "passivo" dell’adulto. Quindi il ruolo "passivo" era considerato normale solo per le donne e per gli adolescenti.

La pederastia era tollerata solo se non si protraeva oltre i limiti di età previsti: il giovane poi, una volta superata l’adolescenza, doveva assumere un atteggiamento sessualmente "attivo"; inoltre — come si deduce dal dialogo Simposio di Platone (427-347 a.C.) —, tale giudizio positivo sulla pederastia non era condiviso da tutta la società ateniese; una parte di essa, anzi, la considerava una manifestazione di "spudoratezza". Probabilmente la pederastia era circoscritta ad ambienti intellettuali (68).

Alla base del giudizio favorevole sulla pederastia, vi era l’idea che tale relazione preparasse l’adolescente alla maturità intellettuale e psicologica: la si potrebbe qualificare come una "pederastia pedagogica" (69).

Una tale convinzione si trova anche presso alcune popolazioni selvagge, convinzione dovuta, probabilmente, a un pensiero di tipo magico, nato da meccanismi mentali di pura e semplice associazione di idee.

Come nella magia detta "contagiosa" — in quanto l’atto compiuto su una parte diffonde il suo effetto sul tutto — si finisce per credere che è possibile uccidere il nemico compiendo atti ostili sulla sua immagine o su ciocche dei suoi capelli, così, per contatto sessuale con l’adulto, si pensa che il giovane possa assorbire la virilità dell’adulto stesso. Inoltre, i tratti delicati e non ancora virili dell’adolescente facilitano questa associazione e facilitano pure l’instaurarsi verso di lui di meccanismi attrattivi.

Presso molte tribù la "pederastia pedagogica" viene praticata nei rituali d’iniziazione, mentre è vietata nella vita di tutti i giorni: così in Australia, nella Polinesia, nelle isole Ebridi, nelle tribù dei Marind-Anim e dei Keraki in Nuova Guinea. Casi analoghi sono registrati in Marocco, in Siberia e in America Settentrionale. Sempre da un pensiero di tipo magico nasce, per esempio, in alcune società il "sulamitismo", ovvero la credenza che attraverso il congiungimento con un fanciullo si possa allungare la propria vita, assorbendo l’essenza vitale del giovane (70). In Marocco, per esempio, è stata registrata l’esistenza di una credenza secondo cui le relazioni omosessuali con un uomo conosciuto per la sua baraka — "fortuna", "potere" —, permettono al soggetto sessualmente passivo di ricevere la sua fortuna (71).

Nella Grecia antica, dunque, l’omosessualità fra adulti e il ruolo sessualmente passivo del maschio erano proibiti; ugualmente proibito era il cosiddetto "matrimonio" omosessuale.

Nel mondo romano classico il padrone poteva abusare sessualmente dello schiavo o della schiava, ma fra uomini liberi la legge proibiva la pederastia, anche se gli adolescenti erano consenzienti: si parlava di "stuprum cum puero".

Fra gli uomini liberi, inoltre, la legge puniva anche la passività sessuale del maschio: così la lex Scatinia (72).



VIII. Appendice sul problema degl’istinti e dei bisogni umani
Gl’istinti dell’uomo non sono, in sé stessi, né buoni né cattivi: sono componenti naturali dello psichismo umano, che devono essere integrati e coordinati con la volontà e la ragione e posti al servizio di quanto è buono.

In ogni esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale, accanto a forme "inferiori" e biologiche di bisogni, coesistono sempre forme "superiori" di bisogni e l’essere umano può spostare, mediante l’intervento della volontà e della ragione, la spinta ad agire, l’energia, determinata da un bisogno, verso altre forme di bisogno. Questo lavoro della volontà e della ragione, quando è coscientemente finalizzato, provoca, nel tempo, una progressiva integrazione e sottomissione delle forme inferiori di bisogno a quelle superiori e può anche determinare la volontaria diminuzione di alcune forme d’interesse verso realtà ritenute d’importanza secondaria.

Questa diminuzione lascia via libera all’azione di altri "dinamismi", quali la grazia e l’ispirazione divina e promuove la crescita dell’interesse verso attività superiori e più nobili, verso cui diventa progressivamente più facile spostare l’energia determinata dai bisogni "inferiori": questa è la nozione corretta della "mortificazione" nell’ascetismo cristiano. Non si tratta, come sostiene la psicoanalisi freudiana, della "sublimazione", cioè del processo che attua la trasformazione dell’energia sessuale, o libido, in attività superiori, spirituali o culturali, ma della sottomissione dell’"inferiore" al "superiore", dello spostamento volontario dell’energia dall’"inferiore" al "superiore", della liberazione e dello sviluppo d’interessi più alti, di disposizioni interiori superiori. Lo sviluppo di motivazioni superiori determina l’"atrofia" degl’interessi verso realtà considerate d’importanza secondaria. Ho parlato di lavoro della volontà e della ragione, che devono intervenire nella gestione degl’istinti, degl’interessi e dei bisogni "umani".

Infatti, la pura e semplice "repressione" di un istinto, di un’idea o di un interesse finisce per ossessionare e per tormentare chi li reprime. La repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che porta l’uomo a costruire e a sviluppare la sua personalità, altrimenti non si ha una vera "mortificazione" nel senso cristiano, ma una pseudo-mortificazione, che è un surrogato, una contraffazione di quella vera. Per distinguere una mortificazione vera da una pseudo-mortificazione un buon metro di misura è la pace del cuore e l’umiltà, con l’assenza delle manie di perfezionismo.

Il perfezionismo nasce dalla confusione fra il modello ideale verso cui camminare e l’impeccabilità, cioè il proprio "io" idealizzato. Nel perfezionismo vi è la continua preoccupazione che nasce dal pensiero dei propri difetti, vi è il rifiuto di sé stessi e il desiderio di essere un altro. Il perfezionista non sa accettare la crescita progressiva che, in quanto progressiva, non sarà mai perfettamente compiuta in questo mondo; per questo il perfezionista si rattrista spesso, ma la tristezza non nasce mai dall’amore di Dio ma dall’amor proprio che agisce camuffandosi dietro le apparenze dell’umiltà. Un maestro di spiritualità come sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) ricorda che, nella via dello spirito, la tristezza, i tormenti di coscienza, i dubbi, lo scoraggiamento e ogni atteggiamento che toglie la pace non provengono mai da Dio, che è pace, gioia, certezza, serenità, ma provengono dall’amor proprio o dall’azione demoniaca.

Ho detto che la repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che porta l’uomo a costruire e a sviluppare la sua personalità.

Quando si guida un’automobile, per esempio, non basta non andare in una certa direzione, ma occorre imboccare un’altra strada e bisogna amare la meta da raggiungere. Non fare qualcosa di negativo è soltanto la condizione indispensabile e iniziale per poter fare qualcosa di positivo.

Così, non si può soltanto rinunciare a un piacere ritenuto sbagliato, perché il desiderio per questo piacere aumenterebbe e finirebbe per ossessionarci.

Dopo aver detto no, bisogna cercare di diventare sempre più consapevoli dei motivi per cui l’oggetto del desiderio al quale abbiamo rinunciato è sbagliato, sempre più consapevoli della sua illusorietà, del fatto che rappresenta soltanto un soddisfacimento momentaneo, che non risolve i problemi più profondi della persona e che, alla lunga, impedisce la propria realizzazione e felicità, in modo analogo a quanto succede nel caso del fenomeno della tossicodipendenza.

Questo itinerario di progressiva consapevolezza presuppone — con l’aiuto della grazia divina, che, ordinariamente, svolge un’azione sussidiaria illuminante e incoraggiante, facendoci amare la strada da percorrere, ma senza sostituirsi all’impegno che dobbiamo profondere — non solo il fuggire le cattive occasioni, non solo il non fare il male, ma richiede di fare il bene prima di tutto all’interno del proprio cuore. Queste opere buone, da svolgere all’interno del proprio cuore, consistono nel ragionamento, nell’osservazione oggettiva, nella contemplazione del reale e nel dissolvimento critico delle illusioni.

Nostro Signore Gesù Cristo afferma che la sorgente del male che affligge l’uomo sta dentro la sua personalità: "Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt. 15, 19).

La cultura ebraica concepisce il cuore come l’interno dell’uomo in un senso molto ampio. Oltre ai sentimenti il cuore comprende anche i ricordi, le idee, i progetti e le decisioni: il cuore è il centro dell’essere, dove l’uomo dialoga con sé stesso e assume le proprie responsabilità (73).

All’interno dell’uomo avviene il conflitto fra le passioni, la volontà e la ragione; all’interno nascono i tentativi di riportare ordine fra queste potenze dell’anima e sempre dal cuore hanno origine i dialoghi che l’uomo intraprende con sé stesso, dialoghi interiori che lo portano prima a interpretare i "messaggi" interni ed esterni, poi a decidere e ad agire.

Solo dopo un corretto lavoro svolto nel proprio cuore — cioè dopo un continuo e perseverante dialogo interiore, finalizzato a dissolvere in maniera critica le illusioni e a diventare consapevoli della realtà — la rinuncia a un piacere disordinato si trasforma nella "preferenza" verso un altro piacere, un piacere ordinato che non contrasta con la verità e con la giustizia. Solo allora la rinuncia si trasforma nella scelta di un altro obiettivo e di un’altra direzione di marcia.

In questo modo la persona progredisce dirigendo, regolando, mettendo in equilibrio e utilizzando costruttivamente tutte le proprie energie. Si tratta di un’opera simile a quella che l’essere umano svolge nei confronti delle forze della natura, come quando incanala verso una centrale di energia le acque torrenziali.

Nessuno può progredire senza conservare l’indicazione di una direzione valida in cui muoversi. La ragione, dopo il peccato originale, può sbagliare nei suoi giudizi sia per difetto di conoscenza sia perché il conflitto fra le passioni e la volontà può ostacolare e confondere l’itinerario della ragione, con il rischio continuo e reale che le nostre debolezze diventino la misura del bene e del male in modo da farci ritenere falso quanto non vorremmo fosse vero.

Il cattolico, attraverso la guida e il sostegno della fede, può conservare l’indicazione valida delle strade in cui inserire la ricerca razionale. Il razionalismo — la ragione senza la fede —, che non riconosce l’importanza della fede come guida e sostegno, finisce per dimenticare che la ragione non è una facoltà dotata d’infallibilità ma che, al pari delle altre facoltà umane, è soggetta all’imperfezione e al limite; pertanto, nella sua ricerca, non riesce a rimanere per molto tempo nella giusta direzione senza incontrare ostacoli che possono, gradualmente, portarla fuori strada.

Non è forse vero che tanti sistemi di pensiero, nati con l’intenzione di aiutare l’uomo, hanno finito per costruire strutture oppressive per l’uomo stesso e tanti itinerari della ragione sono giunti a negare valore alla ragione stessa? (74).

Non basta conservare la fede, che dev’essere pienamente vissuta, deve svilupparsi insieme a tutte le facoltà dell’uomo, deve accompagnare tutte le fasi e le vicende della sua vita.

Se la fede viene separata dalla vita e dalla cultura dell’uomo, diventa inutile e viene persa. Per sviluppare il dono della fede il credente deve meditare sulla Sacra Scrittura e sul Magistero della Chiesa e deve inserire costantemente la ricerca della ragione nell’orizzonte fornito dalla fede, in modo da amare Dio con l’intelletto, con la volontà e con le opere. Questo lavoro ha bisogno di essere sostenuto dal continuo dialogo con Dio, che il cattolico incontra attraverso la preghiera e, in modo speciale, attraverso i sacramenti, forze vive che escono dal corpo di Cristo per nutrire l’anima e per curarla. Tornando al problema degl’istinti, giova ripetere che la loro corretta gestione è fondamentale per la costruzione della personalità.

L’istinto di aggressività, per esempio, non solo è fondamentale per difendersi, ma l’energia, da esso prodotta, può venire utilizzata, grazie al controllo e all’orientamento della volontà e della ragione, per "aggredire", nel senso più lato, un compito o un problema e può essere messa al servizio della giustizia e dei diritti degli altri. Il bisogno sociale e il bisogno di giustizia sono forme superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo l’istinto puramente biologico di aggressività. L’istinto sessuale non solo è fondamentale per unire l’uomo e la donna fisicamente, ma l’energia da esso determinata può essere utilizzata, grazie al controllo, all’orientamento e alla consapevolezza della volontà e della ragione per integrare l’impulso copulativo con il bisogno di tenerezza e di affetto, in modo che l’unione genitale diventi segno e strumento di reciproca donazione fra due persone di sesso complementare e possa soddisfare il bisogno d’amore.

L’energia generata dall’istinto copulativo può anche essere messa a servizio d’amore verso i fratelli e verso la verità. Lo sviluppo di una forma superiore e spirituale di bisogno, come quella che spinge verso i significati più alti della stessa sessualità umana — l’amore per gli altri e la donazione di sé stessi agli altri — fa diminuire l’interesse verso la relazione coniugale e in questo caso è più facile spostare l’energia determinata dall’istinto copulativo su di un piano più alto.

Insegna Papa Giovanni Paolo II che "nella verginità e nel celibato la castità mantiene il suo significato originario, quello cioè di una sessualità umana vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio all’amore di comunione e di donazione interpersonale" (75). Il bisogno di affetto, di amore e di donazione sono forme superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo l’istinto puramente biologico della sessualità.

Significative del bisogno di amore sono le parole di un poeta, che ha fatto della lussuria una ragione di vita. Scrive Gabriele D’Annunzio (1863-1938):

"Tristezza atroce de la carne immonda
"quando la fiamma del desìo nel gelo
"del disgusto si spegne e nessun velo
"d’amor l’inerte nudità circonda!

"(E tu sorgi ne l’anima profonda,
"pura Imagine. Come su lo stelo
"èsile piega un funebre asfodelo,
"su’l collo inclini la tua testa bionda).

"Tristezza immensa de la carne bruta
"quando nel petto il cor fievole batte
"lontano e solo come in una tomba!

"(E tu guardi, tu sempre guardi, o muta
"Imagine, tu pura come il latte,
"con i tuoi teneri occhi di colomba)" (76).

Lo psicologo belga don Joseph Nuttin (1909-1988) afferma che ogni bisogno dà origine a un’energia di tipo generico, a uno stato di generica tensione energetica dell’organismo, che può essere momentaneamente dissolta attraverso una qualsiasi soddisfazione o attività organica, e ciò anche nei confronti di bisogni vitali.

Certo, esistono meccanismi riflessi automatici, per esempio l’istinto di evacuare e di respirare, che non possono essere repressi oltre una certa soglia critica. Ma l’uomo mostra una grande possibilità di scelta anche nei confronti degl’istinti di necessità vitale individuale, come la fame e la sete. L’essere umano può esercitare verso questi istinti anche una repressione totale, fino a giungere alla morte e senza bisogno di ricorrere all’uso di mezzi coercitivi esterni alla sua persona.

Nell’uomo, a differenza dell’animale, attraverso il controllo della volontà e della ragione, l’energia originata da un bisogno inferiore può anche essere messa a disposizione di una finalità superiore. Tale finalità nasce da motivazioni intellettuali e spirituali che, nell’essere umano, si trovano sempre mescolate con bisogni di natura inferiore.

Questo provoca la graduale integrazione e sottomissione dei bisogni inferiori a quelli superiori e anche, se necessario, l’atrofia di certe forme d’interesse verso realtà secondarie, che provoca la liberazione e lo sviluppo di altre disposizioni interiori più elevate e più nobili. Il concetto di sublimazione, nel senso della psicoanalisi freudiana, è erroneo perché non esiste un’energia specifica di tipo sessuale che si converte in attività di altro genere, ma esiste il fenomeno della trasposizione, cioè dello spostamento dell’energia insita in un bisogno, la sottomissione dei bisogni inferiori ai superiori e anche l’atrofia d’interessi secondari e la conseguente liberazione e crescita di forme superiori d’interesse e di motivazione (77).

Don Nuttin sostiene che in una stessa attività umana forme "inferiori" di bisogni si trovano sempre mescolate a forme "superiori": si tratta di manifestazioni di uno stesso dinamismo trapassante i diversi piani della vita psichica. Gli elementi spirituali costituiscono vere "componenti" di un’esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale. A questo proposito scrive: "[...] uno psicologo ci ha detto, descrivendo la sua esperienza personale: "Ho costatato spesso che la soddisfazione e il piacere, provati nel corso delle relazioni coniugali, sono infinitamente più intensi e più ‘ricchi’ ogni volta che realizzo i legami umani e spirituali che mi uniscono alla moglie, e cioè quando mi rendo conto di ciò che ‘significa’ per me la ‘persona’ con cui mi unisco.

"Tutte le volte, invece, che tali relazioni si svolgono su un piano più esclusivamente sessuale e istintivo, il piacere è meno intenso e duraturo"" (78).

Lo psichiatra monsignor Joan Baptista Torelló afferma che lo studio del comportamento umano "[...] ha permesso alla psicologia più recente di riconoscere, nella repressione e nella soddisfazione dei cosiddetti istinti, fenomeni ugualmente propri e confacenti alla natura dell’essere umano, che solo in rapporto ad un’altra serie di valori umani sono in grado di causare salute o malattia, serenità o tensione, piacere o disagio. Ciò che decide la loro positività o negatività, la loro sanità o azione patogena è il quadro d’insieme in cui s’inseriscono, l’atteggiamento fondamentale dell’esistente, le motivazioni libere dello spirito.

"Per quanto si riferisce concretamente al cosiddetto "istinto" sessuale, decisivo sarà il ruolo dell’"amore": continenza per amore è rasserenante e soddisfacente, così come rasserenante e soddisfacente è il rapporto sessuale per amore" (79).

Bruto Maria Bruti

La terapia riparativa dell’omosessualità
Colloquio con Gerard J. M. van den Aardweg

Studi Cattolici 535 Settembre 2005, pp. 616 – 622

Edizioni Ares
Nel n. 71, datato maggio 2005, la rivista gay Pride ha pubblicato un lungo articolo con il quale attaccava la terapia riparativa dell’omosessualità come antiscientifica e dannosa; l’articolo era immediatamente ripreso da la Repubblica, a firma di Natalia Aspesi (3 maggio). In seguito ai due articoli su Pride e la Repubblica, l’onorevole Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, ha presentato un’interrogazione parlamentare per bloccare, tramite gli ordini professionali, la terapia riparativa. Il dott. J.M. van den Aardweg, che per le Edizioni Ares ha pubblicato il saggio Omosessualità & speranza, ha cortesemente accettato di rispondere ad alcune domande sulla scientificità della terapia riparativa (o terapia dell’omosessualità) e sulla posizione dell’American Psychiatric Association, citata dall’onorevole Grillini.

La rivista gay Pride asserisce che l’associazione americana di psicologi APA dal 1973 non diagnostica più l’omosessualità come una malattia, e che anzi ne condanna la terapia “riparativa” in quanto sarebbe antiscientifica e pericolosa. È all’incirca quello che afferma l’Onorevole Grillini, Presidente Onorario dell’Arcigay, in un’interpellanza al Ministro della Sanità, intesa a che l’Ordine dei Medici e l’Ordine Nazionale degli Psicologi proibiscano ai loro membri di trattare l’omosessualità, perché ciò sarebbe antiscientifico e comporterebbe, inoltre, discriminazione di un cosiddetto “orientamento sessuale”.

Ho letto con attenzione gli articoli di Pride e de la Repubblica, e l’interpellanza dell’Onorevole Grillini. Tanto per cominciare, l’APA in questione è quella degli psichiatri, non quella degli psicologi. Pride e Grillini cercano di spacciare la dichiarazione dell’APA del 2000 come l’oracolo intangibile della scienza; ma che cos’è, veramente, l’APA? L’associazione che, nel 1973, senza la minima motivazione scientifica, si è arresa all’assalto di un’aggressiva lobby gay, sostituendo la descrizione classica, scientificamente fondata, di omosessualità come “disturbo” con quella di “condizione”. E questo nonostante che la schiacciante maggioranza degli psichiatri americani pensasse il contrario. Nel corso degli anni successivi questa associazione ha concretato sempre di più questo termine, di “condizione”, che di per sé non significa nulla, dandogli un contenuto sempre più conforme all’ideologia gay, facendone una situazione “normale”. Ci pensi un po’ su: un’associazione di psichiatri proclama che una “condizione” come l’omosessualità maschile, che comporta per una quantità enorme di omosessuali praticanti una promiscuità sfrenata (centinaia di partner nel corso di una vita!), sarebbe normale e naturale! E negli ultimi anni tende addirittura a proclamare la normalità della pedofilia, e magari anche quella di disturbi come il sadomasochismo. Che razza di associazione è questa? Chiaramente una suddita del movimento gay, che intende realizzare riforme radicali della società; un’associazione che si comporta così è ormai un gruppo di interesse politico, non è più un’associazione di scienziati e professionisti indipendenti. Di fatto, la situazione presenta analogie con quella della Germania degli anni Trenta del secolo scorso, quando praticamente tutte le organizzazioni mediche e scientifiche abbracciavano ufficialmente le teorie razziste; il che, naturalmente, di scientifico non aveva niente, ma era solo espressione della più miserabile vigliaccheria e correttezza politica. Che questa APA, o meglio il gruppo dei gay che ne fanno parte, e che vi detta legge in fatto di omosessualità, presuma di dare lezioni su ciò che è o non è scientifico, è il colmo dell’arroganza! È chiaro che per loro è scientifico solo ciò che si aggiusta alla loro ideologia.

Corresponsabilità dell’APA
Quali sono le manipolazioni contenute negli articoli e nell’interpellanza?

L’APA non ha “proibito” niente, e d’altra parte non ha nemmeno il potere di farlo, ma non fa altro che “raccomandare” di astenersi “per il momento” da “tentativi di cambiare l’orientamento sessuale di individui”. Motiva la raccomandazione con due ragioni: “… non esistono ancora studi rigorosamente scientifici che consentano di stabilire se i trattamenti ‘riparativi’ siano benefici o dannosi”. Vale a dire che non sapremmo ancora niente sui risultati di terapie “riparative”, e queste potrebbero presentare rischi per il cliente o paziente. L’APA asserisce che i resoconti disponibili di risultati del trattamento avrebbero carattere “aneddotico”, mentre non mancherebbero indizi di conseguenze sfavorevoli. Ma attenzione alla furbata! In realtà, di resoconti su risultati del trattamento ce ne sono, e versano su un numero molto ampio di casi, mentre è proprio su effetti sfavorevoli – psichici o di altro tipo – della terapia che non abbiamo nemmeno l’ombra di un resoconto! Soltanto affermazioni e allarmi infondati… emanati proprio da fonti gay. Insomma, qui si pretende di mettere sullo stesso livello affermazioni infondate e resoconti scientifici di ricerca. Consideri anche la sfacciataggine dell’APA: insinua che chi cerca di aiutare le persone a controllare o a superare le loro tendenze omosessuali esercita un influsso dannoso. E loro stessi, che fanno? Sconsigliano la terapia e, propugnando da anni la normalità del comportamento omosessuale, legittimano l’ondata di promiscuità omosessuale che si diffonde in tutto il mondo, provocando un danno enorme alla salute mentale e fisica degli omosessuali da loro fuorviati, che incorrono in malattie veneree, assuefazioni, AIDS, suicidi e via dicendo. Sull’APA pesa dal 1973 un’enorme corresponsabilità in tutto questo. Una responsabilità che ricade anche sulle organizzazioni gay, sull’Arcigay in Italia e sull’Onorevole Grillini. È ridicola la presunzione con cui si azzardano a denunciare come dannosi trattamenti e altre forme di orientamento, che invece sono intesi proprio a mitigare il danno che loro hanno contribuito ad arrecare, con il loro proselitismo gay. L’APA, comunque, non ha affermato, ma solo insinuato, che la terapia possa presentare problemi.
L’APA non afferma nemmeno che le “terapie riparative” (che io preferisco chiamare semplicemente “terapie”) siano di per sé antiscientifiche. Al contrario, l’APA “incoraggia e appoggia la ricerca … per confrontare meglio i rischi della … terapia con i risultati positivi”. Se una terapia fosse “antiscientifica”, nessuno si prenderebbe la briga di farci ricerche. Lascio per il momento da parte la questione di che intendano dire con terapia “antiscientifica”. Se prende, però, il testo dell’APA alla lettera, la conclusione logica è che, per saperne di più, quello che ci vuole è proprio fare molta più terapia. D’altra parte in tutto il mondo si fa ancora troppo poco in fatto di terapia o di orientamento, e il clima suscitato dal movimento gay e da suoi “compagni di strada” come l’APA non è sicuramente favorevole ad un trattamento sistematico dell’omosessualità. Per questo, le parole con cui l’APA dice di “incoraggiare ed appoggiare” la ricerca sulla terapia puzzano di ipocrisia. Di una cosa possiamo essere sicuri: nessuna ricerca o resoconto di trattamento, passato al vaglio dei pregiudizi dell’APA, ne uscirà con il marchio di “rigorosamente scientifico”. L’ideologia gay detta il dogma che lo “orientamento” omosessuale è naturale e sano; il corollario è che qualsiasi cambiamento è impossibile e “contro natura”.


Allora non ha ragione l’APA, quando afferma che non esistono “studi scientifici rigorosi sui risultati”?

Dipende da che cosa si intende per “rigoroso” e “scientifico”. Se lo si intende pensando alle scienze naturali, nessuno studio di cui disponiamo soddisfa ai requisiti: non esistono, per esempio, strumenti obiettivi e di uso sicuro per “misurare” l’omosessualità. Lascio qui da parte il metodo fisiologico proposto da alcuni, che peraltro non è esente da complicazioni. Non si può fare una campionatura rappresentativa; e, soprattutto, una ricerca che coinvolga i diversi metodi di trattamento che si praticano, richiederebbe una quantità enorme di ricercatori, tempo e denaro, oltre ad un buon numero di terapeuti che (almeno per il momento) non abbiamo. Non si può contare sull’apparizione a breve termine di studi del genere; ci dobbiamo accontentare di quello che in pratica possiamo conseguire. Se siamo realisti e onesti, però, vedremo che non è di questo che, adesso, abbiamo più bisogno. Di fatto, l’argomento dell’assenza di “studi scientifici” è una manovra intesa a scoraggiare la terapia. Per giunta è un argomento sbagliato. Il fatto che non sia possibile realizzare studi di rigore sugli effetti della terapia del tipo di quello delle scienze naturali, non significa che i resoconti presenti nella bibliografia specializzata siano antiscientifici. “Scientifico” significa il più possibile aperto alla realtà, utilizzando i metodi di cui si dispone nelle circostanze concrete. Prima che si costruissero i moderni telescopi, le osservazioni astronomiche avevano una portata minore, ma questo non vuol dire che con telescopi più rudimentali non si fosse in grado di studiare in certa misura la realtà. Se l’APA imponesse gli stessi requisiti “rigorosamente scientifici” agli studi sui risultati di tutte le psicoterapie di nevrosi, depressioni, psicosi, disturbi emotivi o del comportamento, oppure a qualsiasi metodo farmacologico, si dovrebbe porre fine a tutte le forme di trattamento. Di studi del genere, infatti, non se ne trovano in nessun campo della psicoterapia e della psichiatria. A questo punto l’APA farebbe meglio a consigliare ai suoi membri di cambiare mestiere. Ce ne sono, invece, di studi scientificamente accettabili sugli effetti: studi che non sono più imperfetti della stragrande maggioranza di quelli sugli effetti dei trattamenti nel campo della psicologia, della psichiatria e della medicina. Antiscientifico, anzi, è proprio l’atteggiamento di chi le terapie le sconsiglia. Sarebbe la fine del progresso scientifico, dato che quasi tutte le conoscenze e le ipotesi attendibili sull’omosessualità di cui disponiamo derivano proprio dalla pratica psicoterapeutica.

Una nevrosi sessuale
Dobbiamo concludere che quegli studi scientificamente accettabili l’APA non li conosceva?

Nella loro dichiarazione del 2000 riportano in bibliografia soltanto una o due pubblicazioni con dati pertinenti a risultati terapeutici, basati su gruppi abbastanza ampi. Poi, però, non ne tengono conto. Per il resto la loro bibliografia contiene resoconti personali – questi sì “aneddotici”! – di persone che hanno fatto qualche tentativo per cambiare, ma poi hanno rinunciato; ed è proprio a questi che il documento dell’APA presta la maggiore attenzione. È un atteggiamento parziale, ad uso dell’ideologia gay.


Può raccontare qualcosa di concreto sulle conclusioni di studi sui risultati? Che percentuali abbiamo di cambiamento?

Lei parla opportunamente di “cambiamento”; preferisco questo termine a “guarigione”, perché parole come “guarire” e “malattia” suscitano spesso l’impressione che le persone con sentimenti omosessuali siano fisicamente malate; il che non è vero.


Ciò non toglie che alcuni di loro presentino seri disturbi mentali, o abbiano sviluppato un comportamento omosessuale di proporzioni tali che non sarebbe tanto sbagliato chiamarli “malati”. Se parliamo di cambiamento, dobbiamo tenere d’occhio, naturalmente, il comportamento sessuale e le fantasie sessuali, ma senza dimenticare quei sentimenti e caratteristiche di personalità nevrotici che a tali comportamenti e fantasie sono collegati. I desideri omosessuali non sono impulsi isolati, ma sorgono da un complesso di inferiorità rispetto al proprio essere-uomo o essere-donna. L’omosessualità è una nevrosi sessuale. Suoi caratteri frequenti sono una puerilità emotiva, per esempio nelle relazioni interpersonali, o nei confronti dei genitori, una certa inconscia drammatizzazione di sé stessi, egocentrismo infantile, sintomi nevrotici e psicosomatici, depressioni. C’è molto di più che la semplice attrazione erotica per il proprio sesso. Un autentico cambiamento si deve riflettere anche in una più forte identificazione con la propria virilità o femminilità, cioè nel ristabilimento della fiducia in sé stessi come uomo o come donna, in una vita emotiva più stabile ed adulta, con una riduzione dell’egocentrismo infantile e della tendenza ad autocommiserarsi. Se l’interessato non si libera in misura sufficiente dal suo complesso di inferiorità e dalla sua emotività nevrotica, non cambierà gran che nei suoi sentimenti sessuali.
Premesso questo, farò menzione di alcune percentuali ricavate da due studi su risultati. In primo luogo i risultati che io stesso ho raccolto, intervistando 100 clienti trattati da me, alcuni anni dopo che avevano seguito un trattamento di una certa durata; sono dati che ho pubblicato già nel 1986. Parlo, quindi, in base alla mia esperienza, e parlo di persone che ho conosciuto bene. Tra quelli che non avevano smesso dopo pochi mesi di seguire il metodo, il 19% ha registrato un “cambiamento radicale” di sentimenti sessuali: con interessi eterosessuali dominanti e al massimo pochi impulsi o associazioni di idee omosessuali sporadici, leggeri e transitori. Alcuni di loro non avevano più provato sentimenti omosessuali negli ultimi due anni. Ho avuto notizie di alcuni che appartengono a questo 19%, e posso dire che, a vent’anni di distanza, la loro situazione è rimasta costante. Il 46% aveva fantasie e comportamenti prevalentemente eterosessuali, ma sperimentava ancora saltuariamente sentimenti chiaramente omosessuali. Il 19% constatava un più leggero “miglioramento”, mentre per un 16% la situazione emotiva era “immutata”. Il miglioramento dei caratteri comportamentali ed emotivi nevrotici procedeva più o meno di pari passo con il cambiamento sessuale. Con il diminuire della nevrosi, infatti, la persona è più libera e allegra. Questi cambiamenti si verificavano di regola, gradualmente, dopo un certo periodo di autotrattamento. Magari qualcuno potrà considerare deludenti questi risultati. Ma una deformazione nevrotica della personalità non è un fatto superficiale. Da nessun trattamento delle nevrosi possiamo aspettarci risultati facili o rapidi; lo stesso vale per i risultati dei trattamenti di fobie, depressioni, o altre nevrosi sessuali. Voglio aggiungere che per molti omosessuali, anche se non sono tra quelli che registrano un cambiamento “radicale”, si può già parlare di un miglioramento notevole se solo hanno abbandonato la loro dipendenza dal sesso. Per arrivare a questa prima meta nel cambiamento o nella guarigione ci è voluta, spesso, un’autentica lotta.
Come secondo studio non posso fare a meno di menzionare quello, famoso e violentemente attaccato dall’establishment gay, del Prof. Spitzer, del 2003. In base ai suoi criteri più restrittivi, l’11% degli uomini omosessuali e il 37% delle donne omosessuali esaminati era cambiato completamente sul piano sessuale, e, secondo i suoi criteri meno restrittivi, le percentuali erano rispettivamente del 29% e del 63%. Com’è noto, proprio Spitzer ha avuto, nel 1973, un ruolo di protagonista nel cambiamento di definizione operato dall’APA. Adesso, invece, sostiene che bisogna ammettere la possibilità del cambiamento. Com’era prevedibile, l’establishment gay l’ha presa molto male!
A ben vedere, i suoi risultati non differiscono molto dai miei. Spitzer ha notato, inoltre, un fenomeno interessante: la maggior parte dei cambiamenti più notevoli si manifestavano nelle persone con una profonda motivazione religiosa, sorta, in certi casi, da una conversione. È un dato di fatto sicuro; e si trattava di conversione definitiva, dei cui benefici aveva risentito tutta la persona, non di un entusiasmo religioso passeggero. Un’altra conclusione di Spitzer è stata il non aver trovato il minimo indizio di danni psichici causati da trattamenti e metodi di orientamento. Quest’accusa, infatti, è pura fantasia. È frutto del tipico vittimismo gay, con il suo procedimento di autodrammatizzazione: dicono che la terapia è una “mutilazione spirituale”, e altre cose del genere, e che per questo va proibita! Purtroppo questo procedimento ha una gran efficacia propagandistica.

La sofferenza degli omosessuali non è conseguenza della discriminazione sociale?

È quello che gli ideologi gay non fanno che ripetere, ma è un’assurdità. In Paesi come l’Olanda e la Germania, dove ormai, da anni, possono vivere come vogliono, gli omosessuali non hanno smesso di manifestare sintomi psicopatologici di ogni genere, come risulta anche da una ricerca piuttosto recente dell’Università di Utrecht (Olanda). Chi esamina l’interiorità e i precedenti di queste persone non ha dubbi sul fatto che le cause della nevrosi risiedono nel fondo della loro personalità, non nel mondo esterno.

Ci sono ricadute?

Sicuro! A volte di breve, a volte di lunga durata. Ecco perché non mi pare bene che persone che hanno beneficiato da poco di un cambiamento si mettano subito ad aiutare altre persone afflitte da problemi di omosessualità; come si fa – certamente con le migliori intenzioni – in certi ambienti di ex-gay cristiani. Tutti i cambiamenti nelle strutture emotive e comportamentali procedono per alti e bassi. Per questo i gay hanno buon gioco a citare casi di ricaduta per dimostrare che “il cambiamento è impossibile”. Chi dà rilievo a questi casi, senza tenere conto di quello che ci insegnano i resoconti e le autobiografie di persone che hanno conosciuto un cambiamento radicale, è che non si vuol togliere i paraocchi.

Come viene seguita la raccomandazione dell’APA del 2000, che sconsiglia la terapia?

Gli psicologi che l’omosessualità la trattano fanno spallucce: vedono chiaramente che qui la posizione dell’APA non è scientifica, ma politica. Tanto più che negli ultimi anni si comincia a sentire anche altra musica. Poco fa l’ex Presidente dell’APA degli psicologi (American Psychological Association), ha espresso la sua convinzione che agli omosessuali deve essere riconosciuta la libertà di accedere alla terapia. Pure l’American Counselling Association (per psicologi che praticano l’orientamento) si è fatta sostenitrice del principio che alle persone con tendenze omosessuali va lasciata la libertà di scegliere se farsi trattare o no. Tali prese di posizione sarebbero impensabili, se l’esperienza insegnasse che tali trattamenti sono dannosi. Articoli in cui si fanno presenti risultati positivi di trattamenti sono già apparsi in riviste specializzate di psicologia (p.e. in un numero di Professional Psychology: Research and Practice, 2002).

Che pensa dell’affermazione secondo la quale i trattamenti dell’omosessualità sarebbero una forma di discriminazione?

L’ideologia gay non fa che capovolgere la realtà. Non sono i terapeuti a discriminare, ma proprio questi omosessuali accecati. Moltissime persone con tendenze omosessuali, che non hanno intenzione di aderire al movimento gay e alle sue follie, non hanno a chi affidarsi per affrontare i loro problemi. Molti vorrebbero cambiare, ma non sanno come fare. Lo insegna l’esperienza: ogni volta che si rende noto al pubblico il nome di un terapeuta che tratta l’omosessualità, questo si vede sommerso da una valanga di richieste di orientamento e aiuto. Queste persone, che o non hanno simpatia per l’ideologia e lo stile di vita gay, o ne sono rimaste deluse, vengono zittite dall’establishment gay, vengono schernite se esprimono i loro desideri, e messe alla gogna se, poi, si azzardano a rendere nota la storia del loro cambiamento. Proprio perché l’offerta di aiuto costruttivo da parte della psichiatria e della psicologia è scarsa o nulla, è sorto – come una necessità – il movimento degli ex-gay. «Se tutto quello che ci sanno dire è che dobbiamo metterci a vivere da omosessuali, dobbiamo cercare di risolvere il problema da soli». È evidente che, chi più chi meno, i gruppi di auto-aiuto hanno un che di dilettantistico, ma in generale il movimento ex-gay è un fenomeno molto positivo, che dà speranza. Una spina nel fianco per il movimento gay, ma un grande sostegno per le persone coinvolte da questa problematica. Presenta molte analogie con l’AA, l’associazione degli alcolisti anonimi.

La dimensione morale della psiche

Quasi tutte le organizzazioni ex-gay hanno un fondamento cristiano. Secondo il movimento gay, esse insegnano alle persone a reprimere i propri sentimenti sovrapponendovi le norme morali cristiane.

Anche qui devo osservare che i gay capovolgono la realtà. Proprio loro insegnano a reprimere: a reprimere gli aspetti sani e normali che sono sempre presenti in persone con sentimenti omosessuali, come, per esempio, sentimenti eterosessuali che spesso si manifestano in forma attenuata, e a reprimere, in ogni caso, il buon senso, e la voce della coscienza. D’altra parte, alcuni gruppi di ex-gay o loro capi peccano, a mio avviso, di eccessivo carismatismo, e dovrebbero essere più realistici, perché, in fin dei conti, il processo di cambiamento è in gran parte un training da affrontare realisticamente, giorno per giorno; lo stesso vale, d’altra parte, per qualsiasi vittoria su deviazioni evolutive e nevrosi. Questo non basta, però, per affermare che tutto quello che fanno questi gruppi, ciascuno con il suo stile, sia inutile. Ci sono, peraltro, altri gruppi, nei confronti dei quali questa mia critica non è pertinente, o lo è di meno. Anche loro si servono delle conoscenze psicologiche sviluppate e approfondite negli ultimi decenni, proprio – si noti! – nel periodo in cui l’ambiente ufficiale si è reso sempre più repressivo nei confronti dei tentativi di cambiamento.
Tanto più che una profonda fede personale è già un fattore che dà orientamento alla vita interiore, aiuta a risanare i propri sentimenti e conferisce speranza, allegria e pace; tutte cose che spesso rendono molto più efficaci gli sforzi di autotrattamento. Questo spiega perché Spitzer ha potuto osservare che il fattore “religione” ha in sé evidenti virtù terapeutiche. Noti che Spitzer non è credente: è un ebreo libero pensatore ed ateo. Ma è un fatto che la psiche ha una dimensione spirituale e morale, che non può essere trascurata da una psicoterapia che voglia andare a fondo: si tratti di deviazioni sessuali, nevrosi, delinquenza o addirittura psicosi. L’odio nutrito dai gay ideologizzati contro l’autentico spirito cristiano è, in fin dei conti, un’avversione alla coscienza; nel fondo del loro animo si sentono accusati, perché – lo vogliano o no – la vita da omosessuale è un peso per la loro coscienza. Ecco il perché della veemenza con cui sentono il bisogno di giustificarsi, sia nei confronti del mondo esterno sia nei confronti di loro stessi.
Quanto alla repressione o alla cosiddetta “rimozione” di sentimenti omosessuali, bisogna fare una distinzione. “Rimuovere” significa negare di avere determinati sentimenti o motivazioni; cosa che, naturalmente, non è positiva. Ma imparare a controllare e (come io preferisco dire) contenere coscientemente tendenze e passioni immature, egocentriche e autodistruttive, è indispensabile per raggiungere la salute psichica e l’equilibrio emotivo. Per molti omosessuali il sesso è un’ossessione, e sono totalmente in balìa dei loro impulsi. Soffrono la massima privazione di libertà. È come per l’alcolismo: quanto più si impara a contenere gli impulsi non desiderati, tanto più libertà si conquista. Chi impara a contenersi conquista la vittoria. I cambiamenti comportamentali ed emotivi sono il risultato di un apprendimento. Apprendere qualcosa vuol dire smettere qualcos’altro. Ma anche qui l’obiezione dell’ideologia gay è scontata: figurati! Dire “No” alla propria venerata omosessualità? Non sia mai!

Il movimento gay presenta spesso la terapia come coercizione morale.

Come ho già detto, proprio i gay negano la libertà di scelta a chi non vuole pensare ed agire come loro. È come nel caso dell’aborto. Il movimento abortista nega – nonostante le sue dichiarazioni in contrario – libertà alla donna, con vari mezzi, tra i quali la privazione di informazioni veritiere. Il movimento omosessuale non rispetta il principio della libera scelta: agli enti pubblici della Sanità e ai professionisti abilitati deve essere interdetto, secondo loro, qualsiasi “trattamento” che non sia mirato alla “accettazione”, il che significa perversione in salsa sanitaria o psicologica. È vero che, ogni tanto, si sente dire da omosessuali militanti che loro il principio di libera scelta lo rispettano. Un esempio è Le Vay, il ricercatore che tempo fa riteneva di avere riscontrato nel cervello di alcuni uomini omosessuali una caratteristica distintiva. Quelli che la libertà di scelta in ogni caso la rispettano sono proprio il movimento ex-gay e gli orientatori e terapeuti. Chi tratta l’omosessualità sa che non si ottiene niente se il cliente non si rivolge a lui per sincera convinzione, e che un elemento essenziale di qualsiasi cambiamento decisivo è la libera volontà.

La terapia ha come scopo un cambiamento completo e radicale?

Questo è l’ideale, naturalmente! Ma, in pratica, no. Lo scopo immediato è lo “smontaggio” dell’emotività nevrotica ed omosessuale, con le abitudini annesse e connesse; insegnare al cliente come deve lottare con sé stesso e vivere in maniera più costruttiva. Una persona che sia anche solo “migliorata”, pure nei suoi interessi erotici, ha già conseguito una grande vittoria, perché non è sempre necessario, per parlare di “successo”, che il risultato sia perfetto. L’uno avanza più dell’altro. Bisogna, d’altra parte, tenere conto del fatto che anche il punto di partenza differisce da persona a persona, quanto a intensità della nevrosi o resistenza delle abitudini ad essa connesse, in fatto di comportamento, pensieri e sentimenti. È un po’ come per le affezioni reumatiche. Pure queste si presentano in forme più o meno gravi, ma tutti gli interventi, gli strumenti e le medicine che favoriscono il miglioramento del paziente sono benvenuti. Dire che “se non si può garantire un cambiamento perfetto, la terapia, l’orientamento o la formazione non servono a niente” è da miopi; è un’idiozia che, se consideriamo quant’è forte il bisogno che persone con sentimenti omosessuali hanno di un sano aiuto psichico e morale, e spesso di un duraturo sostegno, dobbiamo rigettare con decisione.

Come gruppo sociale di pressione, l’ideologia gay è potente. Riuscirà ad imporre la propria volontà, e a proibire i trattamenti?

Secondo questa ideologia bisogna arrivare ad una profonda “omosessualizzazione” della società, vale a dire a che si consideri normale il comportamento omosessuale e lo si promuova fin dall’infanzia. Ci sono già riusciti più di quanto la maggior parte della gente trent’anni fa avrebbe potuto immaginare. La maggioranza della popolazione non riesce ancora a comprendere quanto sia pericolosa l’ideologia gay. Molti pensano che, in fondo, non sarà questo gran disastro. È un’ingenuità paragonabile a chi negli anni Trenta del secolo scorso non si preoccupava delle teorie razziste che dominavano in Germania: “prima o poi – si pensava – le cose si sistemeranno”. L’ideologia gay è cieca e tiranna. Per di più viene portata avanti con estrema energia dalla “chiesa” laicista, e viene considerata come un ariete per aprire una breccia nel muro delle norme cosiddette tradizionali in materia di sessualità, di “ruoli” uomo-donna, e soprattutto di matrimonio e famiglia normale. È per questo che l’ideologia gay suona come un primo violino nell’orchestra dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO) e nei diversi organismi dell’ONU e dell’UE. Questo consapevole accoppiamento di controllo demografico e promozione dell’omosessualità nei programmi dell’ONU e dell’UE presenta analogie ed affinità con analoghi programmi ideati dai nazisti. Questi studiavano come ridurre drasticamente la popolazione degli Slavi in Europa orientale, e vedevano nella normalizzazione dell’omosessualità un’arma psicologica atta a scalzare la morale sessuale tradizionale, portando così ad una riduzione delle nascite. Quanto più si normalizza l’omosessualità nella vita pubblica, tanto più si relativizza la morale sessuale. Pertanto, adesso non facciamoci illusioni: non è un fenomeno che sparirà presto da sé, ma una strategia mondiale, ben studiata e abbondantemente finanziata, attuata con forme più o meno sottili di coercizione. Esiste un pericolo reale che questa ideologia, dopo aver seminato incertezza e dubbio tra le masse, le indottrinerà e tirannizzerà sempre di più, a meno che non ci decidiamo a lanciare una reale controffensiva. Per fare questo bisogna abbandonare l’idea falsamente ottimista che il problema si limiti a quella minima percentuale di persone con sentimenti omosessuali, che bisogna lasciare che decidano per conto loro come si devono comportare nelle loro faccende private.

Un’avversione naturale
Riuscirà l’indottrinamento gay a cambiare il pensiero della gente su sessualità normale ed anormale?

È l’utopia che accarezzano i gay e l’élite intellettuale e politica prigioniera della stessa ideologia. Ma si illudono. Penso che vedremo svilupparsi due ordini di fenomeni – sempre che non ci decidiamo a svegliarci e a reagire energicamente. Da una parte l’ideologia gay estenderà e rafforzerà la sua tirannia su tutti i settori della vita sociale. Sarà l’omosessualizzazione della società. Per fare qualche esempio, sarà sempre più limitata la libertà di scrivere e parlare di omosessualità in un certo modo; sarà interdetta qualsiasi ricerca scientifica che non sia stata approvata da una qualche commissione gay; pubblicazioni e film saranno soggetti ad una censura gay; le chiese si guarderanno dal pronunciare parole di “disapprovazione” sul comportamento omosessuale; tutte le professioni e funzioni sociali saranno soggette al rilascio di un certificato di “buona” condotta, vale a dire di condotta pro-gay, o di una dichiarazione di adesione alla “ortodossia” gay; omosessuali praticanti verranno privilegiati in tutte le maniere possibili, molto al di là del livello della “pari opportunità”; sarà obbligatorio fare sì che i bambini già in tenera età abbiano familiarità con il comportamento omosessuale. Tutto ciò sotto il controllo inquisitorio di un’Autorità Giudiziaria “illuminata” e pro-gay. Sono tutte cose che già adesso si verificano: basta avere occhi per vedere. Possiamo stare sicuri che anche la pedofilia, alla fine, sarà “normalizzata” e propagata; in maniera ipocrita, con il bambino “consenziente” – naturalmente dopo che gli sarà stato lavato abbondantemente il cervello. I pedofili sono sempre stati un’ala influente e attiva del movimento gay, e, una volta che l’omosessualità, con la sfrenatezza e la promiscuità che le sono insiti, avrà raggiunto il giusto grado di istituzionalizzazione, non ci sarà più ragione di continuare a praticare la pedofilia in forma “clandestina” e di negarle la “parità di diritti”. Un piano folle? Certo! Ma chi può contare su potere, denaro, coercizione politica, indottrinamento e media servili, può arrivare molto lontano. Questa è una faccia della medaglia.
Dall’altro lato le masse non assimileranno mai completamente la concezione antinaturale che viene loro imposta. Andrà come con il comunismo. Molti, probabilmente i più, presteranno all’innaturale “religione” omosessuale un culto formale, dettatogli dalla paura, ma si finirà col crederci sempre di meno. Allora il comportamento sociale si farà sempre più schizofrenico: da una parte le persone si comporteranno e parleranno come il potere si aspetta da loro, dall’altra l’avversione naturale per l’omosessualità non farà che aumentare. Sono fenomeni che già adesso vediamo verificarsi sotto i nostri occhi, per esempio in Olanda e in Germania, dove, secondo le illusioni di “accettazione sociale” nutrite dai gay, dovresti aspettarti che l’indottrinamento – qui già in corso da decenni – abbia dato ormai i suoi “frutti”. Al contrario: adesso la stessa parola homo (“omosessuale”) è diventata un insulto tra i giovani olandesi. Non hanno più bisogno di ricorrere ai coloriti sinonimi tradizionali, equivalenti dell’italiano “checca” e “finocchio”. Quanto più lo Stato protegge il lifestyle gay, tanto più isolato si trova ad essere l’omosessuale nei suoi rapporti personali. Senza contare, poi, che la comunità islamica che cresce in Europa non accetterà mai l’indottrinamento gay, e lo considererà sempre un segno di decadenza dell’Occidente o del Cristianesimo. Se ne sono già accorti gli omosessuali attivi di Amsterdam, che pensavano di aver fatto di questa città la loro Mecca. Un’inchiesta piuttosto recente tra i giovani di Monaco di Baviera e dintorni ha dimostrato che il 70% di loro vede l’omosessualità come una cosa “non buona”. Non mancano, peraltro, inchieste manipolate, che possono dare l’impressione erronea che una gran parte del pubblico abbia già assunto un atteggiamento di accettazione nei confronti dell’omosessualità, ma, se le domande si pongono correttamente, si scopre che la maggioranza continua a considerarla anormale, e che, in realtà, quella che sembra accettazione è, invece, indifferenza o correttezza politica. I gruppi omosessuali che hanno ottenuto il permesso di propagare l’idea della loro normalità nelle scuole medie, hanno adottato negli ultimi tempi la tattica di mandare come loro rappresentanti giovani uomini omosessuali dall’aspetto virile e lesbiche dall’aspetto femminile, figure certamente non rappresentative della media degli omosessuali e delle lesbiche; hanno capito, infatti, che “checche” e “virago” ottengono soltanto l’effetto contrario a quello desiderato.
Non mi azzardo a dire in che modo raggiungerà il suo apogeo questa tirannia omosessuale che vediamo avanzare a grandi passi, ma sono sicuro che, prima o poi, finirà. Per la semplice ragione che è troppo anormale. È meglio, però, non aspettare con le mani in mano che si sgonfi da sé, perché, nel frattempo, il fanatismo degli ideologi avrà provocato tanta miseria psichica e un tale caos da farci sprofondare in uno stato di anarchia sessuale e sociale.
A cura di Roberto Marchesini

Qual’e’ la visione dell’Islam sull’omosessualità’?

SITO WWW.ISLAMIC.ORG: VISIONE DELL'OMOSESSUALITA'
Non c’è dubbio che in Islam l’omosessualità e’ considerata peccato. L’omosessualità così per quanto concerne l’Islam è un profondo errore (è così come tutti i peccati se non sono fatti con l’ intenzione di fare del male). Gli esseri umani non sono omosessuali per natura. La gente diventa omosessuale a causa del loro ambiente, particolarmente critico è l’ambiente durante la pubertà. Suggerimenti e strani sogni sono sintomi o tentativi confusi di capire nuovi e chiari desideri sessuali, e sono interpretati avventatamente e presi come definizione da qualcuno per identificarlo/a di una sessualità o un’altra. Se queste conclusioni sono accompagnate da atti omosessuali esse sono fortemente rinforzate.
Gli istinti umani possono essere soggetti ad atti di volontà. La sessualita’ e’ una scelta dalla quale seguono scelte di azioni alle quali seguono scelte su che tipo di fantasie sessuali scegli di avere. Gli esseri umani specialmente, sono capaci di controllare i loro pensieri, intrattenerne alcuni e di eliminarne altri.
Comunque se questo ‘libero arbitrio’ non è riconosciuto è facile poi entrare in un ciclo di pensiero che comincia dall’accettare un’ipotesi di se stesso come vera piuttosto che come una possibile scelta ( anche se le opzioni sono a volte difficili). Per esempio "io sono pigro" potrebbe essere vero per qualcuno; quando la persona che pensa questo giace a letto al mattino e osserva la sua mancanza di azioni come evidenza della dichiarazione "io sono pigro". Così facendo ripetutamente l’evidenza cresce e l’idea diventa fissa nella sua identità. Può anche avere una manifestazione fisica e cambiare la sua fisiologia e psicologia. Questo processo può svilupparsi facilmente e in qualsiasi idea, buona o cattiva che sia, riguardo se stessi ed è basata largamente sull’evidenza che risulta dalle azioni di una persona. L’idea può essere sono gay o sono contento, sono soddisfatto oppure mi piace mangiare molto. La verità è che se tu sei quello che scegli di essere tu fai quello che scegli di fare; tu pensi cosa tu scegli di pensare. Ci può essere un’intervallo tra le cause delle scelte e gli effetti ma ognuno può cambiare se stesso. Ci sono ex-tossicodipendenti recuperati, o ex- compulsavi giocatori d’azzardo riformati, e ex-omosessuali. In tutti questi peccati la prevenzione è mille volte migliore della cura ed e’ molto più semplice.
E’ stato suggerito che l’omosessualità sia stata geneticamente ereditata, e che quelli che hanno questa predisposizione siano, più di qualsiasi altra cosa, vittime di questa eredità . Comunque ci sono altre cose che possono probabilmente essere geneticamente influenzate a dare predisposizioni, per esempio il giocare d’azzardo o l’alcolismo. Potrebbe anche essere messo in discussione (ed e’ stato fatto) che sia stato programmato nella genetica degli uomini l’essere infedeli ai loro partner. Tutto ciò non significa che uno abbia il diritto di farlo e comunque non previene il fatto che queste cose siano peccati. Bere l’alcool può essere visto come un peccato in Islam anche se hai la predisposizione ad essere un alcolizzato. Il trucco come qualsiasi post-alcolizzato potrebbe dire, è non toccare una goccia d’alcool una volta che si ha smesso - una lunga strada piena di difficolta’ - la tua vita è migliore senza l’alcohol. Una volta che il desiderio è connesso con la tua identità e tu in qualche modo ne rimani attaccato sarà sempre facile ritornare a questo desiderio. Sarai incapace di dimenticare la soddisfazione. Il compito difficile è ricordare la parte negativa di questo desiderio, come il sentire i postumi della sbornia, il perdere soldi, la ripugnanza di se stessi. Semplicemente un senso di perdita per quello che si ha perso. Ma se si vuol cambiare per il meglio ci si deve ricordare che questo a cui si e’ vincolati con la propria identità possono diventare sconnessi da quello che si decide di diventare.


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Omosessualità (cause)
Uno degli aspetti più interessanti del dibattito relativo all'omosessualità è la cosiddetta questione delle "cause".
Nel corso dei secoli, innumerevoli teorie sono state presentate per spiegare la ragione del comportamento omosessuale nell'essere umano. Dall'influsso astrale alla punizione divina, dalla depravazione morale alla decadenza sociale, dall'influsso diabolico alla malattia psichica, da difetti di tipo ormonale o cromosomico a difetti della crescita della personalità, non esiste praticamente aspetto della vita umana che non sia stato usato per "spiegare" l'omosessualità.
Indice
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• 1 Il dibattito sulle cause del comportamento omosessuale
o 1.1 Teorie genetiche e biologiche
 1.1.1 Bibliografia
o 1.2 Teorie comportamentali
 1.2.1 Bibliografia
• 2 Altri progetti
• 3 Collegamenti esterni
o 3.1 Teorie di altro tipo
 3.1.1 Nel pensiero religioso
 3.1.2 Nel pensiero postmoderno
 3.1.3 Bibliografia
 3.1.4 Collegamenti esterni
• 4 Problemi di metodo di ricerca
o 4.1 Bibliografia
o 4.2 Collegamenti esterni
• 5 La cancellazione dell'omosessualità dagli elenchi di malattie mentali dell'APA e dell'OMS
o 5.1 La revisione del 1973
o 5.2 L'opposizione alla revisione
o 5.3 L'ulteriore revisione del 1987: omosessualità "ego-sintonica" ed "ego-distonica"
o 5.4 I motivi scientifici della cancellazione
o 5.5 Il DSM dell'OMS e le revisioni del 1974 e 1994
o 5.6 Situazione attuale
o 5.7 Collegamenti esterni
o 5.8 Bibliografia
• 6 Bibliografia generale della voce: Omosessualità (cause)
o 6.1 Voci correlate
o 6.2 Altri progetti
o 6.3 Collegamenti esterni
[modifica] Il dibattito sulle cause del comportamento omosessuale
Un elenco delle teorie fino ad oggi proposte non è inutile, perché fa parte della storia della cultura, e contribuisce a spiegare il motivo della difficoltà di accettazione sociale della persona omosessuale nell'ambito sociale.
Ma al tempo stesso non è inutile notare come la domanda delle "cause delle tendenze omosessuali" sia una domanda mal posta. La domanda corretta, infatti, riguarda le "cause delle tendenze sessuali" in genere. E non solo per quanto riguarda la razza umana, ma anche per quanto riguarda gli animali in genere, dato che occorre spiegare come un simile comportamento, non utile per la propagazione dei geni, abbia resistito alla selezione naturale e si riscontri presso tutti gli ordini animali che usano la sessualità per la riproduzione. Ma di questo diremo dopo avere esaminato le teorie correnti.
Tendenzialmente possiamo suddividere le teorie esistenti in due categorie, a seconda del tipo di fattore che si ritiene determini (o predisponga) l'orientamento sessuale.
1. Alcune teorie fanno riferimento al cosiddetto determinismo biologico, secondo il quale sarebbero fattori biologici (ad esempio genetici o ormonali) a determinare o predisporre l'orientamento sessuale.
2. Le altre teorie (ad esempio la psicoanalisi), sono riconducibili al dominio della psicologia e analizzano il comportamento e l'orientamento sessuale in termini di mente o di esperienze.
Alcune teorie non ricadono però fra quelle sopra elencate perché rifiutano il concetto stesso di "tendenza omosessuale", e quindi la ricerca delle sue "cause".
• Da un punto di vista religioso, esistono teorie che spiegano il comportamento omosessuale in termini di "vizio".
• Da un punto di vista filosofico/antropologico, alcuni studiosi analizzano la genealogia dell'orientamento sessuale, formulando ipotesi sull'origine di tutte categorie che descrivono la sessualità e criticandone l'espressività. Da queste considerazioni e da analoghe considerazioni sulla natura del corpo e della sua rappresentazione si sviluppa la cosiddetta "teoria queer".
Vediamo qui di seguito questi tre diversi approcci.
[modifica] Teorie genetiche e biologiche
Alcuni studi hanno avanzato l'ipotesi che nella genesi dell'omosessualità possano essere coinvolti fattori genetici o biologici. In alcune vecchie ricerche sarebbero stati rinvenuti in omosessuali maschi livelli di androgeni più bassi del normale. Ma l'indirizzo recente delle più accreditate scuole di endocrinologia dimostra invece il contrario: non sussiste alcuna differenza di profilo e qualità ormonale tra i maschi omosessuali e quelli eterosessuali. In altri lavori è stata anche descritta una risposta anomala all'inoculazione di estrogeni con aumento della concentrazione di ormone luteinizzante.
Da ciò si è ipotizzato che gli estrogeni, qualora presenti in concentrazione normale durante lo sviluppo prenatale, siano capaci di determinare un orientamento sessuale caratterizzato da interesse nei confronti delle donne mentre una diminuzione di tali ormoni (od una insensibilità tissutale alla loro azione) determinerebbe la comparsa di un orientamento sessuale verso i maschi. È da riferire comunque che i dati ottenuti da questi studi non sono stati confermati da lavori successivi.
A sostegno dell'ipotesi descritta, comunque, vi è anche la constatazione che bambine sottoposte a livelli eccessivi di ormoni maschili durante la gestazione tendono ad essere più aggressive e meno femminili. Si è anche visto che in gruppi di donne con elevati livelli di ormoni surrenalici la quota di omo- o bi-sessualità tende ad essere maggiore rispetto al resto della popolazione.
Si è anche notato lo sviluppo di un carattere meno aggressivo in maschi che durante lo sviluppo hanno avuto livelli più elevati di ormoni femminili.
Studi sui gemelli hanno rilevato una maggiore concordanza di omosessualità tra gemelli omozigoti rispetto a quelli dizigoti. Pare, inoltre, che maschi omosessuali tendano ad avere un maggior numero di fratelli anch'essi omosessuali rispetto agli eterosessuali.
Sono stati pubblicati anche lavori che hanno ricevuto una forte attenzione dagli scienziati e dai mezzi d'informazione:
• nel 1991, sulla rivista Science, apparve un articolo che riferiva che le cellule di una specifica regione dell'ipotalamo anteriore erano più piccole in maschi omosessuali e nelle donne rispetto ai maschi eterosessuali,
• nel 1993, sempre sulla rivista Science, apparve un articolo che indicava come in un gruppo di 40 famiglie con due fratelli omosessuali venisse condivisa una regione subtelomerica del braccio lungo del cromosoma X,
Tutti questi lavori, comunque, non sono assolutamente conclusivi per stabilire se effettivamente l'omosessualità abbia o meno una base genetica e pertanto sono necessarie ricerche più approfondite.
[modifica] Bibliografia
• S. LeVay, A difference in hypothalamic structure between heterosexual and homosexual men., Science, 30 agosto 1991, 253(5023):1034-7.
• D.H. Hamer, S. Hu, V.L. Magnuson, N. Hu, A.M. Pattatucci, A linkage between DNA markers on the X chromosome and male sexual orientation, Science, 16 luglio 1993, 261(5119):321-7.
[modifica] Teorie comportamentali
Nell'ambito delle scienze del comportamento alcuni studiosi ritengono che l'orientamento omosessuale possa essere dovuto a problemi nella fase di riconoscimento-identificazione con il genitore del medesimo sesso. In quest'ottica l'omosessualità apparirebbe quindi come una alterazione del comportamento, che potrebbe essere modificata con una terapia mirata.
[modifica] Bibliografia

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[modifica] Altri progetti
• Commons contiene file multimediali su Omosessualità (cause)
• Wikiquote contiene citazioni di o su Omosessualità (cause)
[modifica] Collegamenti esterni

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[modifica] Teorie di altro tipo
[modifica] Nel pensiero religioso
Il pensiero di tipo religioso in genere non riconosce la questione delle "cause" dell'omosessualità se non in quanto problema morale.
In altre parole, il pensiero religioso tende a non riconoscere (la parola "tende" è dovuta al fatto che all'interno delle singole chiese si riscontrano tesi spesso molto diversificate in proposito) l'omosessualità come una condizione in qualche modo "innata", e quindi rifiuta di riconoscere il comportamento omosessuale esclusivo come il frutto di una tendenza individuale, pari (se non addirittura di pari dignità) a quella che dà vita al comportamento eterosessuale esclusivo. Al contrario, il pensiero religioso tende a postulare una natura umana universale, unica e uguale per tutti gli esseri umani; a causa di tale postulato, quindi, chi abbia comportamenti contrari a quelli richiesti dalla "natura", lo farà per vizio o per scelta morale "contronatura".
Da questo punto di vista, per semplificare con un esempio, il comportamento omosessuale può essere paragonato non a quello di un mancino, che ha preferenze diverse in base a una "natura" diversa, bensì a quello del tossicomane che, è vero, è fortemente legato al bisogno di ripetere i gesti che gli procurano piacere, ma al tempo stesso non è legato alla sua condizione di tossicodipendenza da altro che non sia una mancanza di volontà morale di rinunciare a questo comportamento. Il suo non è certo un bisogno "naturale", o anche solo "connaturato" al suo essere, ma è un bisogno "esterno", che può essere combattuto e sconfitto, se ne ha la volontà. Nello stesso modo, l'omosesusalità risponde forse ad un bisogno, ma è un bisogno falso, estraneo alla natura dell'essere umano. Al contrario, per continuare con questo esempio, l'eterosessualità risponde al bisogno di mangiare o bere o dormire, che sono bisogni "naturali" e innati.
In base a questo ragionamento, l'omosessualità viene definita "contro natura".
A titolo di esempio di questo punto si vista si citerà qui il dottore della chiesa san Tommaso d'Aquino che affrontò il problema posto dai Problemata attribuiti ad Aristotele, che postulavano che il comportamento omosessuale potesse essere "connaturale secundum quid", cioè connaturato a una natura speciale di un individuo, ad esempio per una conformazione fisica diversa: "Contingit enim in aliquo individuo corrumpi aliquod principiorum naturalium speciei; et sic id quod est contra naturam speciei, fieri per accidens naturale huic individuo", cioè "Può accadere che in qualche individuo possa corrompersi qualcosa dei principii naturali della specie, e così ciò che è contro la natura della specie, diventi per accidente connaturale a tale individuo" (Summa theologica, I ii, 31, 7 co.). L'Aquinate risolve il dubbio affermando che ciò è comunque possibile solo nel caso di una natura corrotta. Prendiamo per esempio il caso di un malato di rabbia che provi disgusto per l'acqua, per quanta sete possa avere: il suo caso non implica affatto che sia "naturale" provare disgusto per l'acqua. Dunque, il comportamento omosessuale può essere "connaturato" solo secondo una natura malata, mai secondo la retta natura umana. L'atteggiamento di molte chiese cristiane, convinte del fatto che con la volontà e la preghiera sia possibile "guarire" dall'omosessualità (una convinzione espressa in associazioni che sono la loro emanazione, come Exodus International, Courage, e Living Waters, quest'ultima operante anche in Italia), presuppone alla sua base una spiegazione eziologica di questo tipo.
[modifica] Nel pensiero postmoderno
Su un altro versante, frutto dell'approccio filosofico legato al postmodernismo (ad esempio nel decostruttivismo e nella sua specifica espressione legata al mondo omosessuale, la teoria queer), le categorie di omosessuale ed eterosessuale vengono postulate come mere "costruzioni sociali", frutto dei "discorsi del potere". Per questo motivo anche la teoria queer, come il pensiero religioso, ma per tutt'altri motivi, postula l'inesistenza della "tendenza sessuale", ritenendo tutti gli esseri umani egualmente predisposti a tutti i comportamenti sessuali. Solo l'educazione e la "educastrazione" modellano, secondo le esigenze del Potere, la sessualità umana, che per natura è liquida e cangiante, riducendone l'espressione ad una sola espressione, etero od omosessuale.
In questa ottica la questione delle "cause" dell'omosessualità non si pone, in quanto l'omosessualità non esiste, se non in quanto costruzione sociale e culturale, destinata però a scomparire dopo che la Rivoluzione avrà abbattuto le limitazioni, le definizioni e i limiti che sono stato creati artificialmente dal Potere.
[modifica] Bibliografia
• Bruto Maria Bruti, Omosessualità: vizio o programmazione biologica?, "Cristianità" n. 243-244, 1995, pp. 5-12. Propende per la tesi del vizio.
[modifica] Collegamenti esterni
• (EN) Exodus. Gruppo fondamentalista cristiano, sostenitore della cura delle persone omosessuali.
• Narth: Omosessualità, si può uscirne. Scritto del più attivo gruppo religioso anti-gay, che sostiene la possibilità di guarire dall'omosessualità.
• (EN) Ex-gay leader confronted in gay bar 23/9/2000. "Southern Voice" Il caso di John Paulk, leader del movimento degli Ex-gays cristiani, autore di un libro sulla guarigione dall'omosessualità, scoperto e fotografato da Wayne Besen mentre "socializzava" in un bar gay di Washington. Alla sua guarigione era stata dedicata una copertina di "Newsweek".
[modifica] Problemi di metodo di ricerca
Esaminando le teorie proposte per spiegare le cause dell'omosessualità, è evidente l'assenza di un nucleo minimo di dati che riesca ad ottenere il consenso di una maggioranza dei ricercatori. Da questo punto di vista, quindi, è lecito affermare che al momento attuale la "causa" dell'omosessualità non è nota, e che a proposito abbiamo, per ora, unicamente ipotesi.
Questo non vuol dire che sia filosoficamente impossibile arrivare a dare una risposta a questa domanda. Significa solo che, al momento attuale, nessuna teoria eziologica è riuscita a raggiungere il livello minimo di verificabilità richiesto dalla scienza per definire "vera" una teoria.
Il limite di queste ricerche è stato, finora, la ricerca di una spiegazione della genesi dell'omosessualità che prescinde dalla domanda sulla genesi dell'eterosessualità. Una parte eccessiva di tali ricerche postula infatti l'eterosessualità come un dato che esiste in sé e per sé, che non ha bisogno di spiegazioni, che non ha uno sviluppo, che non ha una storia diacronica ma è un dato fisso, eterno, uguale a sé stesso da tutti i secoli e nella vita di ogni singolo individuo. Il che equivale, dal punto di vista metodologico, a voler spiegare cosa sia il ghiaccio rifiutando di sapere cosa siano l'acqua o il vapore: un approccio scientifico che postulasse, a priori, che acqua e ghiaccio sono realtà diverse, non studiabili contemporaneamente, non otterrebbe in effetti "spiegazioni" più di quante ne abbia ottenute la ricerca sulle cause dell'omosessualità.
Una ricerca sulle cosiddette "cause" dell'omosessualità potrà quindi ambire ad uno status scientifico soltanto se:
• riesce a spiegare lo sviluppo della intera sessualità umana, e non solo della piccola frazione che si esprime in modo omosessuale. Da questo punto di vista, quindi, gli studi dovrebbero essere indirizzati in primo luogo a capire la genesi dell'eterosessualità, che è il comportamento sessuale prevalente nella società. Viceversa, la ricerca su questo tema non suscita alcun entusiasmo. In questa anomalia si riscontra un bias (distorsione) da parte dei ricercatori, che evitano di studiare ciò che la società giudica in-discutibile, concentrando la ricerca su ciò che invece è giudicato "controverso". In tal modo però si pretende di comprendere l'eccezione senza avere una chiara idea di quale sia la regola. Questo non è un metodo scientifico valido, e non a caso dopo un secolo e mezzo di studi non si è ancora avuto alcun risultato indiscutibile.
• riesce a spiegare la presenza della tendenza omosessuale all'interno del mondo animale. Qualunque spiegazione eziologica che si limiti al solo dato culturale ignora il fatto che l'omosessualità esclusiva è stata osservata in moltissime specie animali. Qualunque spiegazione che si limiti al solo dato biologico, invece, ignora il fatto che la sessualità è, per la razza umana, un dato niente affatto "puramente biologico", ma è fortemente plasmato dalla cultura. Dunque, una spiegazione eziologica deve essere in grado, per essere soddisfacente, di tenere presenti entrambi questi aspetti. Cosa che nessuna delle proposte presentate fino ad oggi è stata in grado di fare.
• riesce a spiegare quale sia il vantaggio riproduttivo che consente al comportamento omosessuale di non essere eliminato dalla selezione naturale. Infatti, se non esistesse un elemento vantaggioso nel fattore, qualunque esso sia, che causa l'omosessualità esclusiva, allora non si spiegherebbe la sua perpetuazione, nonostante essa incida sull'aspetto su cui la selezione naturale è massimamente sensibile: la riproduzione. Da questo punto di vista, il modello teorico della spiegazione potrebbe essere simile a quello che spiega in quale modo i difetti genetici causa delle talassemie non sono stati eliminati dal pool genetico delle popolazioni viventi nelle aree colpite dalla malaria. In forma omozigote, infatti, il gene difettoso provoca anemia e morte, ma se è presente in una sola copia, allora conferisce alla prole resistenza alla malaria. Chi invece non possedesse affatto il gene difettoso sarebbe maggiormente soggetto ad ammalarsi e morire di malaria, e quindi perpetuerebbe meno i propri geni, per quanto essi siano "sani".
Il problema epistemologico è stato espresso in modo chiaro, sia pure paradossale, da Helena Cronin, Il pavone e la formica, Il Saggiatore, Milano 1995, p. 378:
"Consideriamo lo sconcertante comportamento evoluzionistico dell'omosessualità. Esso potrebbe essere un adattamento, come hanno suggerito alcuni autori (per es. Trives, R.L., Parent-offspring Conflict, in "American Zoologist", 14 1974, p. 261; Wilson, E. O., Sociobiologia: la nuova sintesi, Zanichelli, Bologna 1979, pp. 561-562; Wilson, E. O., On Human nature, Harvard University Press, Cambridge 1978, pp. 142-147), o una patologia, come ha sostenuto da molto tempo la maggior parte degli esponenti della professione medica.
Ma (secondo Ridley, Mark e Dawkins, Richard, The natural selection of altruism, in Rushton, J.P. e Solentino, R.M. (a cura di), Altruism and helping behavoir, Lawrence Erlbaum, Hillsdale, New Jersey 1981, pp. 32-33), se esistono "geni dell'omosessualità", potrebbero essere geni che, nel nostro ambiente pleistocenico - che differiva dal nostro mondo moderno sotto alcuni aspetti cruciali (come per esempio il fatto di dormire sempre con i genitori e mai da soli) - dovettero esprimersi in modo del tutto diverso, forse come una capacità utile di percepire l'odore della preda o di arrampicarsi rapidamente su alti alberi.
Non si devono ovviamente prendere sul serio i particolari di questo esempio fantasioso, mentre va preso sul serio il modello di come dobbiamo concepire l'espressione fenotipica".
[modifica] Bibliografia
• (EN) Bruce Bagemihl, Biological exuberance. Animal homosexuality and natural diversity, St Martin's press, New York 1999.
[modifica] Collegamenti esterni

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[modifica] La cancellazione dell'omosessualità dagli elenchi di malattie mentali dell'APA e dell'OMS
[modifica] La revisione del 1973
Nel 1973 l'influente American Psychiatric Association (APA) prese atto dell'assenza di prove scientifiche che giustificassero la precedente catalogazione dell'omosessualità come patologia psichiatrica, cancellandola dal suo elenco delle malattie mentali, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. La decisione arrivò solo dopo un sofferto dibattito, durato decenni, aperto dalle ricerche di Evelyn Hooker (soprattutto dal suo fondamentale "The adjustment of the male overt homosexual", del 1957), e accelerato da un'azione di contestazione da parte di psichiatri vicini alle idee del neonato movimento di liberazione omosessuale. Il capofila di questa battaglia fu lo stimato psichiatra (non gay) Judd Marmor (1910-16 dicembre 2003), autore di numerosi studi in materia di omosessualità, che sarebbe successivamente stato presidente dell'APA nel 1975-1976.
[modifica] L'opposizione alla revisione
Tuttavia alcuni psichiatri, guidati da Edmund Bieber e Charles Socarides, contestarono aspramente la revisione dell'elenco, sostenendo che l'omosessualità è sempre una patologia e che è possibile (anzi, è doveroso) curarla. Allo scopo di contrastare la revisione dell'elenco delle malattie mentali avanzarono inoltre una richiesta insolita, ottenendo che la cancellazione dell'omosessualità fosse sottoposta a un vero e proprio referendum tra tutti gli iscritti all'APA. Il referendum, tenuto per posta, confermò comunque la decisione favorevole alla cancellazione. Gli oppositori della decisione continuarono comunque, dentro ed anche fuori dell'APA, la loro battaglia per il reinserimento dell'omosessualità nell'elenco delle malattie mentali, fondando a tale scopo apposite organizzazioni internazionali molto attive e molto ben finanziate, in genere d'ispirazione religiosa, quale il Narth, la en:National Association for Research and Therapy of Homosexuality nato nel 1992, oggi presente anche in Italia, che lotta "perché sia garantito agli omosessuali il diritto a farsi curare". Religiosa è anche l'ispirazione dei principali studiosi che oggi criticano tale decisione, come il filosofo cattolico Joseph Nicolosi (presidente del Narth), o lo psichiatra Gerard van den Aardweg.
La cancellazione viene spesso criticata da associazioni come il sopra citato Narth obiettando che la condizione di malattia mentale non si decide in base a un voto a maggioranza. L'obiezione è sensata, ma tace il fatto che furono gli oppositori della revisione, e non i sostenitori, a chiedere una procedura anomala quale un referendum, rifiutando le procedure normali in questi casi.
[modifica] L'ulteriore revisione del 1987: omosessualità "ego-sintonica" ed "ego-distonica"
A tutto ciò va aggiunto il fatto che, contrariamente a quanto si crede, l'omosessualità non fu affatto cancellata in quanto tale dal manuale dell'APA, tant'è che fino al 1992 fu negata l'iscrizione delle persone dichiaratamente omosessuali all'APA. In un primo momento, infatti, dall'elenco fu depennata solo la cosiddetta "omosessualità ego-sintonica", ossia la condizione dell'omosessuale che accetta la propria tendenza e la vive con serenità. Viceversa, nell'elenco dell'APA rimase fino al 1987 la "omosessualità ego-distonica", ossia il caso della persona omosessuale che non si accetta come tale; a questa persona i terapeuti potevano continuare a proporre cure mirate alla trasformazione in eterosessuale.
Questa decisione, giudicata di compromesso, oltre a non soddisfare gli oppositori della cancellazione, suscitò molte critiche sia del movimento di liberazione omosessuale, sia di una parte consistente degli iscritti dall'APA, secondo i quali il compito della loro professione era aiutare l'"omosessuale ego-distonico" a diventare "sintonico", ossia ad accettarsi come tale, e non modificarne la tendenza sessuale. Tale contestazione si basava sul fatto che le ricerche compiute in quegli anni, sottoponendo a revisione critica le nozioni date per scontate nei decenni precedenti, stavano evidenziando numerosi problemi metodologici che ne mettevano in dubbio l'attendibilità scientifica.
[modifica] I motivi scientifici della cancellazione
Fra i difetti e le forme di bias più comuni apparivano:
1. limitatezza del campione studiato. Alcune teorie erano state formulate su campioni ridottissimi, anche inferiori alle dieci persone, e i risultati erano statisticamente non significativi.
2. mancanza di un gruppo di controllo. Alcune teorie erano state formulate senza verificare se le condizioni riscontrate in persone omosessuali fossero presenti anche in un gruppo di controllo di persone eterosessuali di condizione simile. In altri casi il gruppo di controllo era presente, però era stato confrontato un campione di omosessuali con disturbi psichiatrici e un campione di eterosessuali privi di disturbi.
3. bias di selezione del campione di studio. La gran parte degli studi sugli omosessuali era stata compiuta su pazienti psichiatrici, e i disturbi da essi provati erano stati attribuiti all'omosessualità. Gli studi di Evelyn Hooker su omosessuali non psichiatrici, al contrario, non riscontrarono differenze sulla percentuale di persone ben integrate ("well adjusted") che era presente nel campione di omosessuali e nel campione di controllo, composto da eterosessuali non psichiatrici. Un'altra forma di bias consisteva nell'accettazione in terapia solo di pazienti bisessuali o "sessualmente confusi" (per esempio prostituti adolescenti), con l'esclusione degli omosessuali "confermati". In questi casi, la percentuali di "guarigioni" risultava altissima, ma solo per il fatto che le persone "in cura" non erano mai state omosessuali.
4. bias di altro tipo. L'argomento dell'omosessualità, che è stato oggetto per secoli di pregiudizi radicati, richiede un approccio particolarmente cauto per evitare che i pregiudizi influiscano sui risultati finali. In una situazione del genere, la scienza applica il procedimento del "doppio cieco". Nel caso delle ricerche sull'omosessualità, invece, questo metodo non era stato praticamente mai usato.
5. mancanza di follow-up. Alcuni terapeuti vantavano altissimi tassi di "guarigione" di omosessuali, che pubblicizzavano anche attraverso pubblicazioni dirette al grande pubblico. Molti però omettevano di riferire se col passare del tempo i pazienti fossero tornati o meno al loro comportamento precedente. Alcune ricerche in tal senso andavano rivelando percentuali significative di ritorno al comportamento omosessuale.
6. non replicabilità degli studi. Semplicemente, l'elevata percentuale di "guarigioni" vantata da un certo autore non aveva luogo quando la medesima terapia veniva tentata da altri suoi colleghi.
La credibilità e l'efficacia delle terapie dell'omosessualità venne quindi messa in questione fra gli stessi iscritti all'APA da tutti questi motivi assieme, e non da un unico motivo, fosse pure un'azione di lobbying da parte del movimento gay statunitense.
Il quale effettivamente giudicava come la prova d'una discriminazione l'assenza nel manuale diagnostico di una corrispondente categoria per l'"eterosessualità ego-distonica", e chiedeva la cancellazione pura e semplice dell'omosessualità dal manuale stesso.
Tuttavia, descrivere (come fa il Narth) la decisione dell'APA quale "cedimento" di fronte alle proteste del movimento gay si può fare solo a patto di cancellare i risultati di alcuni decenni di ricerche scientifiche. La decisione dell'APA ebbe infatti basi scientifiche e non politiche, anche se è corretto affermare che la pressione politica esercitata dal movimento gay contribuì ad accelerare il processo decisionale, evitando le lungaggini burocratiche che si riscontrarono invece nel caso dell'OMS.
[modifica] Il DSM dell'OMS e le revisioni del 1974 e 1994
In questo secondo caso, l'omosessualità era stata inclusa nel primo DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fra i “disturbi sociopatici di personalità”; nel 1968 il DSM II la classificava come “deviazione sessuale” insieme a pedofilia, necrofilia, feticismo e transessualismo, infine nel 1974 fu eliminata l’omosessualità ego-sintonica dal DSM III, ma vi fu aggiunta l'omosessualità ego-distonica.
Dal DSM, che fa testo in tutto il mondo, l'omosessualità ego-distonica sarebbe stata cancellata soltanto con decisione presa il 17 maggio 1990, destinata ad entrare in vigore a partire con la promulgazione della nuova edizione del DSM IV, il 1 gennaio 1994.
[modifica] Situazione attuale
Dopo la cancellazione dell'omosessualità ego-distonica dalla lista dell'OMS, la posizione ufficiale del mondo scientifico, sia negli Usa, sia negli altri Paesi occidentali, ivi inclusa l'Italia, è che l'omosessualità costituisce "una variante del comportamento sessuale umano".
Il compito dell'operatore della salute mentale (psicologo, psichiatra, psicoterapeuta) di fronte a un caso di omosessualità ego-distonica è pertanto aiutare il paziente ad armonizzare la sua tendenza con il resto della personalità in modo ego-sintonico, e non quello di modificarne la tendenza.
Posizioni in contrasto con questo enunciato sono contrarie alla posizione ufficiale degli albi professionali degli operatori della salute mentale.
Tuttavia l'ex Presidente della American Psychological Association, Robert Perloff, specializzato in psicologia industriale e dei consumi e sostenitore della relazione tra razza e intelligenza, in una conferenza che si è tenuta a Washington DC il 14 dicembre 2004, ha espresso la sua convinzione che agli omosessuali deve essere riconosciuta la libertà di accedere alla terapia. Pure l’American Counselling Association (per psicologi che praticano l’orientamento) si è fatta sostenitrice del principio che alle persone con tendenze omosessuali va lasciata la libertà di scegliere se farsi trattare o no. Tali prese di posizione sarebbero impensabili, se l’esperienza insegnasse che tali trattamenti sono dannosi. Articoli in cui si fanno presenti risultati positivi di trattamenti sono già apparsi in riviste specializzate di psicologia (p.e. in un numero di Professional Psychology: Research and Practice, 2002).
[modifica] Collegamenti esterni
• (EN) APA statement (1973). Il testo originale della dichiarazione dell'APA.
• (EN) La posizione ufficiale dell'APA oggi sull'omosessualità.
• (EN) Homosexuality and mental health. Articolato saggio su "Omosessualità e salute mentale", favorevole alla decisione della cancellazione.
• Omosessualismo & omosessualità. Dal sito "Kattolico.it"; fermamente contrario alla tesi della non patologicità dell'omosessualità.
[modifica] Bibliografia

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[modifica] Bibliografia generale della voce: Omosessualità (cause)
• Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, con presentazione di Chiara Atzori e postfazione di padre Livio Fanzaga S.P., trad. it., Sugarco, Milano 2002, pp. 182. Sostiene che l'omosessualità è una malattia, e come tale può essere curata. L'autore è cattolico, ed è il presidente del Narth. Una dettagliata recensione elogiativa è sul sito "Alleanza cattolica".
• Gerard Van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Ares, Milano 1985. Opera di un gesuita, sostiene le stesse tesi di Nicolosi.
[modifica] Voci correlate
• Bisessualità
• Eterosessualità
• Gay
• Lesbismo
• LGBT
• Omosessualità e religione cattolica
• Omosessualità e Testimoni di Geova
• Omosessualità negli animali
• Teoria queer
• Transessualismo
• Uranismo
[modifica] Altri progetti
[modifica] Collegamenti esterni
• Omosessualità e sessuologia

 









Postato il Sabato, 09 dicembre 2006 ore 19:38:21 CET di Salvatore Indelicato
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