L'esodo dei
docenti da Sud a Nord c'è. È nei numeri snocciolati da Stefania
Giannini, all'indomani della "notte dei precari". "Sono solo 7mila su
38mila", ha detto il ministro. Ma in realtà praticamente tutti (7mila
su 9mila) quelli che stanotte hanno ricevuto una proposta d'assunzione
per la "Fase B", la prima col meccanismo di mobilità, saranno costretti
a spostarsi di centinaia di chilometri per diventare professori di
ruolo. E non è ancora finita, perché altri ancora dovranno farlo con la
"Fase C", l'ultima, la più corposa, prevista dalla riforma.
Nella conferenza stampa convocata a viale Trastevere, la Giannini ha
ricordato tutte le cifre del piano straordinario di assunzioni: in
attesa del potenziamento (55mila posti da assegnare a novembre), già
38mila immissioni in ruolo entro il mese di settembre. Comunque quasi
10mila in meno delle 47mila originariamente previste, per carenza di
personale specializzato (specie nelle materie scientifiche) o di
domande. Tutte cattedre che non saranno riassegnate e andranno a
supplenza.
Il ministro ha provato a minimizzare il fenomeno della migrazione da
Sud a Nord: "Sono solo 7mila docenti", ha detto. Questione
d'interpretazione. I dati sono corretti, ma comprendono anche le prime
due tranche di immissioni in ruolo: la "Fase Zero" e la "Fase A", che
assegnavano i posti da turnover e quelli vacanti e disponibili, secondo
le vecchie regole di nomina, e che avevano già portato a 29mila
assunzioni entro la fine di agosto. Non appena è entrato in funzione il
temuto meccanismo di mobilità, però, è scattato l'esodo: 2mila docenti
costretti a spostarsi "di poco" (all'interno della propria Regione),
7mila ad ampio raggio. Secondo la direttrice Sud-Nord ben conosciuta
dai precari della scuola.
Già nei giorni scorsi la Giannini aveva parlato di "mobilità
fisiologica". E anche oggi ha ribadito il concetto: "E' la mobilità che
c'è sempre stata, niente di nuovo sotto il sole. L'anno scorso 7.700
supplenti si erano trasferiti dalle Regioni meridionali, quest'anno
almeno si muoveranno per un posto fisso". Non è detto che sia
necessariamente un bene, per i diretti interessati: fare un sacrificio
per qualche mese per portare a casa stipendio e punteggio è diverso da
spostarsi in pianta stabile per almeno tre anni, come prevede la legge.
Da Napoli a Milano, da Lecce a Brescia, da Crotone a Padova: la notte
di passione dei precari è già piena di storie di trasferimenti lunghi e
sofferti. Qualcuno ieri addirittura gioiva di non essere stato assunto.
"Se qualcuno festeggia per non aver avuto il posto mi sembra che stiamo
parlando di un altro mondo alla rovescia", ha commentato la Giannini.
Ma la sua riforma ha suscitato anche questo tipo di reazioni. E altri
stanno già cercando un escamotage per salvare lavoro e famiglia:
congedi e permessi per accettare il ruolo senza trasferirsi e neppure
rinunciare al contratto.
Colpa del meccanismo della riforma o semplicemente della situazione
attuale della scuola italiana. "Purtroppo - ha spiegato la Giannini -
la mappatura della domanda e dell'offerta è quella che è, e per forza
orienta il piano di assunzioni. Noi dobbiamo tenere in considerazione
anche il fabbisogno degli istituti, per questo stiamo mettendo in
cattedra più docenti rispetto al passato". "C'è uno squilibrio - ha
aggiunto - che taglia in due il Paese. Dopo questa ridistribuzione di
capitale umano, l'obiettivo per il futuro deve essere far sì che il Sud
offra le stesse opportunità del Nord, sviluppando anche gli altri due
segmenti di questo Dicastero, università e ricerca".
Intanto, però, La buona scuola sta cominciando ad assumere i tratti di
quella "deportazione" di massa paventata da docenti e sindacati. Nella
"Fase B" che ridistribuiva 16mila posti residui delle prime due
tranche, praticamente tutti i 9mila docenti coinvolti hanno ricevuto
una destinazione più o meno lontana da casa. La Giannini assicura che
"non è un algoritmo che ha deciso l'assegnazione delle cattedre, ma una
attenta e ragionata visione della scuola". E che nella prossima fase la
percentuale di trasferimenti sarà più circoscritta: "Il 5-6% al massimo
secondo le nostre stime". Così fosse, per i 55mila posti di
potenziamento che rappresentano oltre la metà delle cattedre create
dalla riforma, l'incubo esodo verrebbe effettivamente ridimensionato.
Ma alla fine dei giochi saranno comunque 10-15mila almeno i docenti
costretti ad abbandonare tutto per seguire la loro vocazione di
insegnanti.
Lorenzo Vendemiale -
Ilfattoquotidiano.it