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Chiuse per crisi
Al sabato tutti gli edifici che ospitano scuole superiori rimarranno chiusi «a causa del perdurare della crisi finanziaria determinata dai pesanti tagli ai trasferimenti agli Enti locali e aggravata dai provvedimenti governativi», si legge nella nota. Che termina con «la speranza che la situazione in futuro possa migliorare». La misura permetterà alla Provincia - spiega il commissario - di ridurre di 1 milione di euro i costi per il riscaldamento, l’energia elettrica e le altre utenze. Nonostante ciò, purtroppo, questo provvedimento da solo non sarà sufficiente: dovremo ridurre le spese di altri 5 milioni per far fronte ai nuovi pesantissimi tagli nazionali ed evitare il dissesto finanziario».
«Kafkiano»
«Situazione kafkiana», commenta Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola: «Da una parte si progetta di tenere aperte le scuole oltre le ore di lezione, per dare risposte all’emergenza educativa - apertura lunga, che era già stata introdotta dal ministro Fioroni, che ne aveva discusso con i sindacati, durata un anno e poi non se n’è fatto più niente per mancanza di copertura finanziaria - e dall’altro il sistema delle scuole alle prese con la realtà». La decisione assunta a Genova, continua il sindacalista, «comporterà la necessità di riorganizzare la didattica non in virtù di una possibilità connessa con l’autonomia scolastica ma a causa di una necessità economica». «Scuole aperte fino alle 22?», rincara l’Anief definendo «un’improvvida proposta quella del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi: «Comincia a mostrare le prime crepe il piano del Governo di raddoppiare l’orario di servizio degli insegnanti», è il commento. «Gli enti locali già adesso hanno serie difficoltà a pagare luce e riscaldamento per 6-8 ore al giorno, figuriamoci se dovessero garantire un’apertura così prolungata».
Da Milano a Verona
E mentre gli istituti scolastici si ingegnano per rimodulare l’orario di insegnamento, scegliendo se effettuare uno o più rientri pomeridiani o aggiungere ogni giorno una o più ore di lezione a fine mattinata, il dibattito (non nuovo), si estende. Di «sabato-sì, sabato-no» si parla da almeno due anni, con richieste da parte di diverse Province d’Italia di cambiare orario per risparmiare. Iniziativa presa dall’assessore all’Istruzione e all’Edilizia Scolastica di Milano, Marina Lazzati, già nel giugno 2013, quando aveva proposto ai dirigenti scolastici di organizzare l’orario su cinque giorni: «una consuetudine apprezzata dalle famiglie, che ci mette in linea con i principali paesi europei» - scriveva - «e che consentirebbe, oltre a una miglior gestione dei tempi di riposo o delle attività sportive dei giovani, anche una più ottimale organizzazione del lavoro del personale Ata. Proposta poi ribadita in una lettera al presidente del Consiglio. Dello stesso tenore è la posizione presa nei giorni scorsi dagli amministratori di Biella, dove la Provincia, anche questa commissariata, «non ha più un soldo: neanche per i servizi essenziali come il riscaldamento delle scuole e la manutenzione delle strade».
Corta sì, ma non sempre
A Verona, la Provincia, per convincere i presidi ad accorciare la settimana, aveva optato per un taglio drastico dei trasporti scolastici, in particolare al sabato. E a Pavia l’assessore Milena D’Imperio ha tentato la via più drastica: non più una richiesta, ma un obbligo. «Non possiamo più permetterci scuole aperte anche il sabato», ha detto D’Imperio. «Questa volta i soldi sono davvero finiti» ha chiarito l’assessore : «il decreto 66 varato dal Governo per le coperture degli 80 euro, e ora divenuto legge, impone alla Provincia di restituire allo Stato 3,5 milioni di euro. Tecnicamente non siamo alla presenza di tagli diretti alla scuola ma, di fatto, siamo chiamati a risparmiare su una serie di voci tra cui le utenze, cioè i costi di riscaldamento e luce, e sui trasporti di collegamento con le palestre». La mossa, che avrebbe consentito un risparmio di mezzo milione di euro, tra bollette e trasporti, non è però piaciuta a molti insegnanti e alle associazioni degli studenti. Che dopo tante proteste e un incontro con le autorità, hanno ottenuto una «rimodulazione» dell’orario: settimana corta nei mesi invernali, lunga negli altri. L’assessore intanto ha garantito agli studenti che, se le scuole accetteranno la settimana corta, saranno rivisti, senza aumenti della tariffa, i vari orari del trasporto pubblico locale. Entro l’11 luglio i presidi presenteranno una bozza degli orari per il nuovo anno scolastico, mentre il 22 luglio ci sarà un nuovo tavolo di confronto sulla settimana corta..
Antonella De Gregorio
Corriere.it