Il
TAR Lazio, nell’udienza del 24 corrente, ha rigettato il primo ricorso
dei candidati esclusi dalla prova preselettiva del concorso per il
reclutamento dei dirigenti scolastici. Il 6 dicembre prossimo sarà
discusso il secondo ricorso.
Pubblichiamo la notizia con il solito distacco e con il semplice
obiettivo di rimarcare quanto detto e ridetto nei vari articoli che
abbiamo pubblicato nei giorni scorsi.
Non ci siamo mai schierati a favore o contro i ricorrenti. Abbiamo
sempre e solo ribadito che nel Bel Paese esiste il diritto a
ricorrere. Diritto sacrosanto che nessuno può negare vietare. Ben
altra cosa è, però, l’esito del ricorrere. Spetta ai Giudici valutare,
rispettando la Legge, e decidere.
E così è stato: il Tar Lazio ha deciso.
Non ci sono vinti e vincitori. E’
stato esercitato semplicemente un DIRITTO.
Abbiamo tentato in tutti i modi
possibili di ostacolare e bloccare i tentativi di quanti hanno pensato
di fare cassa approfittando della situazione proponendo un
ricorso ad “opponendum”. A cosa? Al diritto di presentare un ricorso?
Come se il Giudice potesse o dovesse tenere conto delle reazioni
emotive “piegando” la Legge alle emozioni . Ci siamo
riusciti. Il colpo è stato sventato. Il monte premio era
ghiotto: oltre un milione di euro.
I paladini dell’ “opponendum”, qualora avessero voluto agire per
tutelare e difendere un PRINCIPIO e non per CASSA, avrebbero
potuto tranquillamente presentare l’inutile ricorso ad “opponemdum”, ma
senza alcuna tangente. Un ricorso cumulativo al TAR, a voler
essere generosi, anche se preparato e presentato da un illuminare del
diritto (si trattava di scrivere due paginette per dire noi ci
opponiamo al ricorso degli esclusi!) può costare al massimo, ma al
massimo, 5.000, 00 euro. Ossia circa 60 centesimi per ognuno dei
docenti interessati e non 125 euro! Ma si sa l’occasione fa l’uomo
ladro.
A sventare il colpo hanno contribuito, con le loro reazioni, i docenti
della Campania e della Lombardia rendendo pubblica la loro
indignazione e revocando le deleghe al loro sindacato che … predica
bene e razzola male.
Ringraziando il cielo la norma che vietava la revoca delle deleghe,
norma ovviamente voluta dai sindacati vecchio sistema, è stata
abrogata. Oggi si può rilasciare una delega ad un’ organizzazione
sindacale perché si ha fiducia in essa e si condivide il programma, ma
la si può anche, e giustamente, revocare appena ci si rende conto, come
hanno fatto i docenti della Lombardia, che si vende fumo e addirittura
si ragiona ancora con il “divide et impera” . E la regola vale per
tutti: non si può rilasciare una delega a chi invece di tutelare
i propri delegati tutela solo i propri interessi, come è successo per
la firma del CCNL dell’area V. I Dirigenti italiani hanno “autorizzato”
con le loro deleghe la firma del contratto che li ha resi “pezzenti”
ancora più di come già lo erano e sarà ancora peggio fra qualche
anno, allorquando i vecchi ex direttivi andranno tutti in
pensione e, con loro, il riconoscimento della RIA negata, sempre dai
soliti “autorizzati”, ai vincitori degli ultimi e del prossimo concorso.
Ma il Lupo, come scrisse, l’ex presidente dell’ANP, quando indignato
revocò la propria delega, Vincenzo Ciotola, ora vice presidente della
Dirpresidi, perde il pelo ma non il vizio. Il lupo sta
preparando, anche con colpi bassi, un altro piano che sarà
regolarmente sventato se ci saranno complici pronti a soddisfare
le sue illegittime “avances”.
Ci vuole un bel coraggio a chiedere il rinvio, previsto dalla legge,
del calcolo delle deleghe e della conseguente rappresentatività….
ancora “sub legge rex”?
Al di sopra di tutti c’è la legge non le camarille!
www.dirpresidi.org