Non crediamo sarà una
brutta notizia per gli organizzatori del premio “Gelmini sarta subito”,
che si è svolto a Catania per ben due edizioni e che non avrà dunque
più luogo, quella relativa all'abbandono delle stanze di Viale
Trastevere, dove ha sede il ministero della istruzione, da parte della
sua più alta carica, cioè la ministra Maria Stella Gelmini.
Ci arriva infatti comunicazione che la nostra tanto contestata ministra
si stia preparando le robe per abbandonare il luogo dove ha svolto la
funzione sia di ministro e sia di mamma, allorchè decise di non
mettersi in aspettativa per maternità (contrariamente alle insegnanti
privilegiate) subito dopo avere dato alla luce la sua Emma, nome fra
l'altro che le scelse Berlusconi in omaggio al presidente di
Confindustria, Marcegaglia. E i pacchetti con le sue cose le starebbe
preparando nella consapevolezza che il nuovo governo, dopo le promesse
dimissioni dell'odierno presidente del consiglio, sicuramente non
intende sfruttare le sue ormai consolidate competenze ministeriali.
E andandosene Gelmini sembra pure che che un intero periodo storico
parta con lei, un'epoca della quale la Nostra è stata la
personificazione più significativa e l'immagine stessa di quello che si
può chiamare: ottimismo berlusconiano che pretendeva volti nuovi e
nuovi personaggi pur anche se privi di esperienza e capacità; un
ottimismo che sembrava più arroganza che novità e che aveva dunque pure
il sapore salato della beffa. Quel posto infatti era stato da sempre
assegnato a personalità di altro profilo culturale o politico o
comunque di lungo corso formativo, Moratti e Fioroni compresi, mentre
con lei ci siamo resi subito conto che ai nuovi governanti della
Nazione nulla o poco interessava della istruzione, nella sicurezza che
la gente avrebbe accettato tutto ciò che il grande capo stabiliva. E
subito dopo l'insediamento e la sua nomina a ministro partì immediata,
come a sottolineare la presenza fuori campo di una voce superiore, la
finanziaria di 8 miliardi di euro in meno alla scuola, seguita subito
dalla campagna contro i docenti (fannulloni, pigri, raccomandati,
comunisti, sessantottini, mangiapaneatradimento) e da un riordino della
scuola che Gelmini per prima chiamò “riforma epocale”, mentre di
epocale aveva solo tagli e segate, come dice il nostro Polibio.
Sembrava evidente che la nostra ministra non aveva idea della delicata
situazione della istruzione e della estrema precarietà di un sistema
oggettivamente obsoleto ma che lei non sarebbe mai stata in grado di
gestire e aggiornare come i tempi pretendevano e auspicano ancora. Un
dicastero in mano più a Tremonti che a lei e un dicastero segnato pure
da mille ricorsi ai giudici e da mille strafalcioni addebitate
con disinvoltura ai funzionari, mentre gli esperti di cui si è
circondata di esperto avevano ben poco se non la tessera allo stesso
partito.
Come racconteranno gli storici questa sua avventura ministeriale non
sappiamo e pure quell'altra segnata dalla sua collega, Mara Carfagna,
tolta dai calendari osè e offerta al governo del paese nel pieno
sberleffo delle competenze, della esperienza e del merito.
Non diciamo che ci pare di uscire da un labirinto oscuro, anche perchè
non sappiamo chi verrà al suo posto, ma sicuramente ci attendiamo un
nuovo ministro che almeno sappia di scuola, che abbia in qualche modo
vissuto le contraddizioni del nostro sistema di istruzione e pure le
sue altezze e che soprattutto sappia dare certezze ai docenti e agli
alunni; che sappia tracciare una nuova strada che, seppure complicata e
aspra, almeno abbia tappe sicure nella prospettiva del riscatto del
nostro sistema formativo; una lunga marcia perfino nel deserto ma con
un obiettivo indicato e tracciato dalla presenza di pozzi intermedi
sicuri e con acqua ristoratrice.
Pasquale
Almirante
p.almirante@aetnanet.org