L'INTERVENTO
Catania
18.4.2006. Gli ultimi mesi hanno registrato un importante incremento dei
provvedimenti legislativi in materia universitaria. In particolare, si devono
registrare la definizione della disciplina dei concorsi per il reclutamento
della docenza, la riforma della riforma didattica e il riordino del sistema di
accesso agli ordini professionali.
Dobbiamo registrare una diffusa insoddisfazione e la sensazione di una mancanza
di un consapevole disegno riformatore.
Ancor più espressivo risulta il dibattito sui temi universitari sulla stampa e
nell'ambiente accademico: dalla problematica della validità legale dei titoli di
studio, in parte sfiorata dalla riforma della didattica, alla problematica della
concorrenzialità e della competitività fra atenei; dalla valutazione
dell'opportunità di rivedere i sistemi di governo delle singole università, alla
riforma dei sistemi di rappresentanza nazionale. E potremmo continuare l'elenco
molto a lungo.
Come si vede, a più di venticinque anni dai provvedimenti di riforma
dell'università avviati dalla legge 28 del 1979, tutti i temi sono tornati di
straordinaria attualità e l'intensità del dibattito denota uno stato di
malessere, una incertezza istituzionale, una difficoltà di gestione che si
riversano sull'esperienza quotidiana e creano tensione. Esattamente il contrario
di quel che ha bisogno l'università oggi: serenità e possibilità di
autoriformarsi avvalendosi delle proprie competenze e della propria esperienza.
Ho letto con particolare preoccupazione alcuni articoli apparsi sulla stampa
negli ultimi tempi e ho dovuto registrare che molti opinionisti, quasi tutti
illustri docenti universitari, hanno perso la fiducia nelle capacità interne al
sistema universitario di riformarsi e di affrontare le sfide dei tempi attuali
senza un intervento legislativo e senza invocare competenze e managerialità
esterne per il governo degli atenei.
Personalmente, anche per l'esperienza maturata in sei anni di servizio come
Rettore dell'Università di Catania, sono certo che nelle università esistono e
sono particolarmente ricche risorse umane e intellettuali, competenze e saperi
idonei a consentire un forte recupero del sistema.
Devo sottolineare che le sbandierate riforme del governo, hanno tutta l'aria di
essere ritorni al passato, riscoperte banali di sistemi già ampiamente
sperimentati e ritenuti negativi, tentativi di ripristinare posizioni di potere
accademico in fase di indebolimento.
Sento la necessità di assicurare – anche in virtù degli importanti risultati
conseguiti negli ultimi sei anni dall'Università di Catania – il mio impegno
immediato per una seria revisione della legislazione, in sintonia con le
esigenze espresse da tutte le componenti del sistema universitario, docenti,
personale tecnico e amministrativo e studenti.
Il problema serio dell'università è quello di disporre delle risorse necessarie
per garantire il servizio pubblico della didattica di qualità e della ricerca
necessaria a sostenerla e a produrre formazione avanzata e spendibile.
I tentativi di pasticciare pseudoriforme a «costo zero» non possono più trovare
spazio in un sistema consapevole della propria alta capacità di produrre
studiosi che il mondo ci contende e ci sottrae, come pure delle difficoltà di
continuare a mantenere livelli adeguati con risorse statali decrescenti.
Siamo tenaci sostenitori dell'università pubblica perché siamo convinti che è
uno straordinario strumento di perequazione sociale e di garanzia dello sviluppo
delle aree che non dispongono di risorse adeguate.
L'unità e la solidarietà nazionale si misurano anche dalla capacità di garantire
a tutti i giovani eguale cittadinanza culturale e pari facoltà di accesso alla
ricerca e alla formazione avanzata.
Sento, in particolare, di dovere assumere un impegno a difesa dell'università
meridionale, di cui ben conosco le capacità, dei giovani che in essa studiano,
con la speranza di crescere, culturalmente e socialmente, delle famiglie e delle
comunità che ne sostengono il lavoro e lo studio.
Sono convinto che il nuovo Parlamento dovrà affrontare con priorità assoluta
l'emergenza università, puntando sull'importanza strategica della ricerca e
della formazione superiore come investimenti essenziali per restare nel numero
dei Paesi avanzati.
Certamente, l'università dovrà saper rispondere, facendo la sua parte e
impegnandosi al recupero delle proprie tradizioni di efficienza e di servizio,
innanzitutto, valorizzando e motivando le proprie risorse interne di personale
docente e tecnico amministrativo.
Ai docenti bisogna garantire le condizioni di sviluppo delle attività di ricerca
necessarie per l'avanzamento delle competenze scientifiche e per il confronto
paritario con gli altri studiosi in campo internazionale.
Si tratta di un obiettivo di grande importanza, che non può essere perseguito
senza il concorso economico dello Stato e dell'intero sistema produttivo
nazionale.
Agli studenti bisogna garantire, al di là della validità formale del titolo di
studio, effettiva formazione superiore e competenze adeguate ad affrontare le
sfide del lavoro e della vita. È necessario tornare a fare chiarezza sul sistema
didattico e porre le condizioni per una formazione efficace.
L'università deve sapersi confrontare e raccordare con il territorio nel quale
opera, per farsene motore di sviluppo e centro di riferimento per la qualità.
Si pensi soltanto alle capacità e alle competenze che possono esprimere le
università nei settori ad alto valore aggiunto di ricerca, nei servizi sanitari
avanzati (dove risulta ormai necessario rivedere profondamente la 517), nelle
alte tecnologie, specie in aree geografiche aperte a grandi mercati in via di
sviluppo, come l'area mediterranea.
Si pensi a quello che rappresenta l'università per una città come Catania e per
l'intera area della Sicilia sud orientale.
Sarà necessario sviluppare le vocazioni specifiche, raccordare le università in
un sistema a rete, valorizzare le competenze e conseguire l'eccellenza.
È necessario che ciascuna sede partecipi a sistemi di rete per sviluppare al
meglio le capacità dei propri studiosi, condividere le esperienze, contribuire
direttamente alla formazione di nuovi poli avanzati di ricerca.
Nell'era della mobilità e della condivisione virtuale e sistemica delle risorse,
non si può correre il rischio di restare isolati e si devono cogliere le
possibilità di promozione e di arricchimento delle risorse.
Posso affermare, con serenità, di avere sperimentato nell'Università di Catania
le straordinarie possibilità di un rapporto avanzato con i Paesi e con le altre
università dell'Europa e del Mediterraneo. Nella nostra città si sono infatti
realizzate tre conferenze interministeriali «Catania 1», «Catania 2» e «Catania
3» con i rappresentanti di 13 Paesi di quest'area, che hanno portato alla
realizzazione di un nuovo grande spazio euromediterraneo per l'alta formazione e
la ricerca, anche attraverso gli strumenti delle moderne tecnologie telematiche.
Spero di poter mettere a frutto le esperienze accumulate nell'attività svolta
come persona che vive intensamente tutti gli aspetti della vita della Comunità
accademica.
Ferdinando Latteri