Dacci
oggi la riflessione quotidiana (22 maggio 2013)
“Ognunu
azzappa la so’ vigna, cu bonu azzappa, bonu vinnigna!”.
Al
termine dell’anno scolastico, come sempre, si tirano le somme!
I professori decidono, e i ragazzi sospirano… E ride bene, chi ride per
ultimo…
In sede di valutazione, il consiglio di classe deve considerare lo
standard qualitativo acquisito dall’alunno nelle varie discipline, nel
corso dell’intero anno scolastico, o, invece, deve prendere in
considerazione, oltre alle competenze accertate, le capacità
d’apprendimento, le conoscenze di base, e i “limiti”, di ogni singolo
ragazzo, considerando il Piano Didattico Personalizzato (PDP), come
previsto dalla Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012, “Strumenti
d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione
territoriale per l’inclusione scolastica”.
Bisogna, quindi, considerare i Bisogni Educativi Speciali (BES),
comprendente: “svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di
apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti
dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché
appartenenti a culture diverse”. E la Direttiva, come ci ricorda la
recente Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013, “estende pertanto
a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione
dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati
dalla Legge 53/2003”.
La scuola,
quindi, nel valutare gli alunni, deve considerare la crescita
complessiva dell’individuo, il suo “personale” sviluppo socio-culturale
ed educativo, le sue potenzialità, o deve, invece, solamente adempiere
ad una mera funzione d’accertamento dei livelli raggiunti, “sic et
simpliciter”, da “notaio”, registrandone il voto, e la media?
In ultima analisi, la scuola deve
ancora essere considerata come una vera, e sola, agenzia educativa o,
invece, deve essere intesa alla stregua di un servizio sociale
integrato?
Ai posteri l’ardua sentenza…