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Umanistiche: Ultimora: intervista a Cesare Mori, il prefetto di ferro

Redazione
Questa settimana abbiamo ricevuto la visita del Ministro Gelmini che, non fidandosi dei consigli di Max Bruschi, ci ha rivolto esplicita richiesta di una seduta spiritica nella quale fosse rievocato lo spirito di un esperto repressore, da usare contro gli studenti manifestanti. Preceduto dal fumo della immancabile sigaretta, è apparso Cesare Mori, il Prefetto di Ferro e noi lo abbiamo immantinente intervistato:
ASASi: Prefetto, cosa ci faceva in Sicilia lei, che crebbe nel brefotrofio di Pavia, lei che si dovette dimettere dall’accademia militare di Torino per aver sposato una ragazza senza dote?
Cesare Mori: Sono ricordato come un uomo del Fascismo, ma in realtà mi recai come funzionario di polizia a Castelvetrano già nel 1904, dove agii compiendo numerosi arresti e sfuggendo a molti attentati. Di me scrisse il Procuratore Generale di Palermo: “Abbiamo a Trapani un uomo che non esita a colpire la mafia dovunque essa si alligni. Peccato, purtroppo, che vi siano sempre i cosiddetti “deputati della rapina” contro di lui”.
Nel corso dei miei rastrellamenti, mi distinsi per i metodi energici e radicali. A Caltabellotta, in una sola notte, feci arrestare più di 300 persone. Quando i giornali parlarono di “Colpo mortale alla mafia”, dichiarai: «Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l'aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d'india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero.»
ASASi: Prefetto, ma perché lasciò il servizio, dopo essere stato nominato questore di Bologna, nel 1922?
Cesare Mori: Da ligio servitore dello Stato applicai la legge in modo inflessibile e fui tra i pochi membri delle forze dell'ordine ad oppormi allo squadrismo dei fascisti. Inviai contro di loro la polizia, e fui per questo contestato. Ad un ufficiale che mi confessava di proteggere la “gioventù nazionale” di Mussolini, risposi equiparando i fascisti ai “rossi”: « Gioventù nazionale un corno! Quelli sono dei sovversivi come gli altri.»
ASASi: Prefetto, ma perché tornare in Sicilia?
Cesare Mori: il 20 ottobre 1925 Benito Mussolini mi nomina prefetto di Palermo, con poteri straordinari con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di sradicare il fenomeno mafioso nell'isola. Questo il testo del telegramma inviato da Mussolini: «vostra Eccellenza ha carta bianca, l'autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi». Mi insediai a Palermo il 1 novembre dello stesso anno. Attuai una durissima repressione verso la malavita e la mafia, colpendo bande di briganti e signorotti locali, anche attraverso metodi extralegali (fra cui la tortura, la cattura di ostaggi fra i civili e il ricatto), con l'appoggio di Mussolini, ottenni significativi risultati per tutto il biennio 1926-27. Il 1º gennaio 1926 compii quella che fu la mia più famosa azione, l'occupazione di Gangi, roccaforte di numerosi gruppi criminali. Passai al rastrellamento del paese casa per casa, arrestando banditi, mafiosi e latitanti. I metodi attuati durante quest'azione furono duri e non esitai ad usare donne e bambini come ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi. Fu per la durezza dei metodi utilizzati che venni soprannominato Prefetto di Ferro. I mafiosi superstiti partirono per gli USA.
Anche nei tribunali le condanne per i mafiosi cominciarono a essere durissime. Fra le “vittime eccellenti” il generale di Corpo d'Armata, ed ex ministro, Antonino Di Giorgio, il quale chiede il sostegno di Mussolini, cosa che non impedirà né il processo né il pensionamento anticipato dell'alto ufficiale e le dimissioni da deputato nel 1928. Sembra incredibile ma voi palermitani avete dedicato una strada a questo mafioso, tra via Libertà e Piazza Don Bosco. Ma cosa aspettate a sbarazzarvi del vostro attuale Sindaco?
ASASi: Prefetto, ma perché non torna in Sicilia a insegnare un po’ d’educazione a questi studenti che violentano le scuole pubbliche, offendono la democrazia e impediscono un confronto sereno delle idee?
Cesare Mori: Guardi, se oggi usassi i miei sistemi, metterei subito a posto questi studenti incappucciati che contribuiscono al collasso della scuola pubblica. Ma il giorno dopo sarei attaccato dalla stampa, un giudice rilascerebbe gli arrestati in meno di 24 ore, una professoressa salterebbe in Collegio dei docenti affermando che non c’è nulla di più bello dell’occupazione, un provveditore mi consiglierebbe prudenza.
Per le occupazioni non servono prefetti di ferro, né presidi sceriffi: non si possono arrestare 5.000 studenti. Il problema sono i COBAS e la CGIL che strumentalizzano i giovani, non avendo più il consenso dei lavoratori. La maggior parte dei docenti siciliani non sa più punire i giovani e, con la scusa del dialogo, ha dato il via all’indisciplina generalizzata. È tempo di creare organi collegiali rappresentativi degli interessi generali senza conflitti d’interesse, e non sedi d’interessi particolari. Oggi la scuola è ingovernabile come la FIAT. Vi consiglio di dislocare l’istruzione dei vostri figli all’estero.
Per non parlare della vostra polizia sindacalizzata che non è proprio quella che nel 1915 seppe difendere lo Stato Unitario alquanto energicamente da briganti e mafiosi. Mi lasci in pace in Purgatorio, so che mi finirebbe come ai tempi del Duce: tolto di mezzo e messo a fare il senatore.
ASASi: Prefetto che ne pensa del congresso dello SNADIS di Cristina Cascio che si è svolto nei primi di dicembre a Catania e che ha deliberato lo scioglimento e la confluenza nella CGIL?
Cesare Mori: Mi dispiace veramente, perché avevo letto che lo SNADIS era un sindacato nato per difendere e sostenere con forza il valore e il ruolo della scuola, il rispetto e il riconoscimento della professionalità del dirigente scolastico, la perequazione retributiva con le altre dirigenze dello Stato, un sistema di valutazione snello ed obiettivo. Si vede che ormai nelle scuole italiane del terzo millennio non prestate più attenzione ai conflitti d’interesse:un preside iscritto allo stesso sindacato dei docenti, fin quando esisterà la RSU, non può rappresentare la Parte Pubblica

Roberto Tripodi, robertotripodi@virgilio.it, 3473904596
Presidente regionale ASASI Preside ITI Volta Palermo Consulente della V Comm. Legisl. A.R.S.








Postato il Mercoledì, 22 dicembre 2010 ore 12:00:00 CET di Pasquale Almirante
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