Il decreto ministeriale che reintroduce gli esami di settembre rappresenta
quanto più di demagogico l’amministrazione, sostenuta dal sindacato unico
radicato nel CNPI , potesse concepire per catturare un improbabile consenso
dell’opinione pubblica sulla presunta quanto risibile restaurazione della
serietà della scuola.
Si tratta di un provvedimento raffazzonato nella sua improvvisazione che
configge con le norme sull’obbligo scolastico e formativo, sul calendario
scolastico che prevede 200 giorni di lezione, sulla determinazione dell’organico
di fatto che stabilisce numeri certi sulla formazione delle classi al 10 luglio,
con le normale sull’avvio regolare dell’anno scolastico con tutti i docenti
nominati in tempo utile, con la stessa normativa precedente sui debiti e sui
crediti che non è stata formalmente abolita da questo decreto bensì mantenuta,
con le norme sugli esami di maturità che subiranno un pesante deterioramento.
Il decreto è reazionario perché riporta le lancette del tempo indietro di
quindici anni e annulla con un sol colpo di penna decenni di dibattito sulla
inutilità del rito degli esami settembrini, sulla speculazione condotta con le
lezioni private estive e con la farsa della finta riparazione a settembre.
Il provvedimento infine è pasticciato. Quando si elabora un provvedimento
innovativo bisognerebbe considerare l’impatto normativo da esso prodotto con
tutte le altre norme concorrenti e verificarne in proiezione la reale
fattibilità e prevenirne le implicazioni e renderlo coerente e applicabile.
Niente di tutto questo è rintracciabile in esso.
Ma si dirà come ha fatto il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ad
esprimere un parere favorevole in ciò poi corroborato dalle valutazioni positive
sciorinate nei siti sindacali?
Il CNPI è un organismo obsoleto e archeologico ormai alla frutta e se ancora ce
ne fosse bisogno dimostralo, sganciato dalla scuola militante e sostenuto solo
dalle centrali sindacali, cioè da gente che ormai non insegna più o non lavora
più nelle segreteria delle scuole da parecchi decenni.
Cosa possono fare le scuole autonome dinanzi a simili proclami?
Chiederne l’immediati ritiro e nel frattempo Disapplicarlo.
Per fortuna ormai sulla disapplicazione si è sviluppata, grazie anche a quei
sindacati che ora supportano, una mole notevole di pronunciamenti politici
sindacali e anche giurisprudenziali che specie negli ultimi cinque anni hanno
portato le scuole autonome a disapplicare norme quali il tutor , le indicazioni
nazionali e qualsiasi provvedimento che risultasse non in linea con il POF della
scuola.
A disapplicarlo non è il dirigente bensì il collegio dei docenti e il consiglio
di istituto che sono chiamati dallo stesso provvedimento a aggiornare e
modificare il POF. Uno dei motivi determinanti della disapplicazione sindacale
era la mancanza di risorse in appoggio ai decreti sul tutor etc. E anche con
questo decreto non c’è il minimo stanziamento di soldi ! Senza soldi si
disapplica, secondo il vangelo sindacale.
Disapplicazione quindi che non comporta nessuna responsabilità dirigenziale
trattandosi di materia attinente all’autonomia scolastica e all’art. 33 della
costituzione richiamato da tutti continuamente a propositi e a sproposito.
Veniamo dunque a trattare con la stessa tecnica del cacciavite i punti salienti
del decreto.
Incominciamo dagli effetti perversi sulla determinazione dell’organico.
La data del 10 luglio entro la quale i dirigenti inseriscono a sistema
informativo l’organico definitivo di scuola viene a saltare perché nessuno sarà
più in grado di stabilire quante classi si costituiranno e come si concluderanno
le iscrizioni a fronte di un prevedibile rinvio del 42% degli studenti che
presentano debiti.
Saltando questo snodo fondamentale a catena salteranno tutti gli altri
adempimenti a cominciare dalla costituzione delle cattedre su cui gli USP hanno
la competenza di nominare entro il 30 luglio. Ancora forse i dirigenti degli USP
non hanno avuto il tempo di vagliare questa situazione ma è cosa del tutto ovvia
che entro il 30 luglio non si potrà né costituire alcunché né nominare alcuno.
Con prevedibili conseguenze sulle nomine in ruolo qualora previste e sulle
aspettative dei precari che a questo punto aspetteranno una risposta dai presidi
a cui passa la competenza delle nomine a partire dal 1 agosto.
Presidi che non potranno fare niente se non aspettare che il caos continui a
crescere in quanto nel frattempo avranno convocato i collegi dei docenti per gli
adempimenti di inizio d’anno compresa la determinazione del calendario dei 200
giorni di lezione.
E qui la Caporetto sarà totale. Come si potrà costruire un calendario se non si
è in grado di capire come e quando inizierà il nuovo anno scolastico?
Demagogia pura tagliata a fette!
Una catena di disastri didattici che come un domino metteranno in fibrillazione
le scuole con il rischio di precipitare alla situazione di ingovernabilità del
passato quando la scuola iniziava a dicembre e le nomine dei docenti si
concludevano a Natale!
Si precipita all’ indietro dimenticandosi che la scuola degli esami di settembre
era una scuola per niente seria specie per i più deboli che non avevano i mezzi
economici per pagare quella tangente chiamata lezioni private. Una scuola
confezionata per i figli delle famiglie abbienti e fatta di docenti che tenevano
al programma e se ne infischiavano della platea che avevano davanti. Magari
docenti più autorevoli di quelli d’oggi ma digiuni di umanità e cognizioni
pedagogiche.
Vogliamo ritornare a questi tempi con buona pace delle riforme e degli obiettivi
di Lisbona?
E poi come sarà possibile organizzare questi corsi di recupero finali?
Il tutto in piena estate nel mese di giugno-luglio, subito dopo la pubblicazione
degli scrutini e fatte salve le ferie cioé i 32 giorni che scatteranno per tutti
i docenti dalla penultima settimana di luglio.
Nella pratica sarà il caos più assoluto; bisognerà escludere anzitutto i docenti
impegnati negli esami di stato e negli esami di idoneità. Quelli che restano
dovranno essere calendarizzati in piena calura estiva, come quando quest'anno
sono stati toccati i 40 gradi all'ombra.
C'é da giurare che ci sarà la corsa a scappare dalle scuole con mille sotterfugi
per scongiurare il pericolo di bruciare le agognate vacanze. E si ricorrerà ai
supplenti precari che così potranno raggranellare qualche spicciolo per la
sopravvivenza.
Il tutto nell'indifferenza più assoluta per le sorti degli studenti indebitati e
affidati a sprovveduti supplenti che non potendo relazionarsi con i docenti
titolari non sapranno che pesci pigliare.
Gli obiettivi e il potere di promozione resta infatti in capo ai titolari che
ritornati a settembre dopo aver scongiurato il pericolo di restare a scuola
sapranno come sistemare a dovere i debitori.
Risultano quindi incomprensibili le modalità con le quali affrontare il nuovo
pesante onere organizzativo e burocratico: gestione dei corsi di recupero
obbligatori per tutti gli alunni con debito; gestione dei corsi durante l’estate
in periodo di esami di stato e di ripresa d’anno scolastico; l’attuazione dei
corsi (art. 1), delle prove e degli scrutini per tutti quelli che hanno
insufficienze (art. 6) vanifica ogni possibilità di iniziare le lezioni entro il
10-15 settembre.
Per questo non comprendiamo il totale assenso sindacale ad un notevole aumento
di lavoro a fronte di bassi compensi e di totale incertezza sulle disponibilità
di risorse.
Come è avvenuto quest’anno, più del 60% dei docenti è convocato per gli esami di
maturità.
Un altro 20 % è stato chiamato a sostituire i rinunciatari. Salvo quindi una
diversa soluzione per questi e per la problematica contrattuale citata, con
certezza quasi tutti i corsi estivi (quelli decisivi per la valutazione finale)
sarebbero tenuti da enti esterni. In verità talvolta cambiare rapporti personali
docente-allievo per la ripresa di una disciplina spesso costituisce un elemento
positivo. Ma una generalizzazione di corsi all’esterno potrebbe comportare seri
problemi per la serenità della valutazione. E comunque nessun docente del
triennio potrà farei i corsi in giugno-luglio !