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Umanistiche: Carlo Antoni e la lotta contro lo storicismo hegeliano. L’interpretazione giusnaturalistica del marxismo

Redazione
Carlo Antoni (Senosecchia, Trieste, 15 agosto 1896-Roma 3 agosto 1959) è sommo filosofo, grande storico della filosofia e insigne germanista; ordinario di filosofia della storia nell'Università di Roma, purtroppo è oggi poco conosciuto persino negli ambienti intellettuali del nostro Paese. Io tenterò qui una breve ricognizione per dimostrarne l'importanza come interprete di Croce e di Marx e come critico intelligente dello storicismo hegeliano. Seriamente impegnato nella revisione critica del pensiero crociano ed hegelo-marxiano, scrive una molteplicità di saggi che hanno un notevole valore storiografico e teoretico (tra cui segnalo: Dallo storicismo alla sociologia, Sansoni, Firenze 1940; La lotta contro la ragione, Sansoni, Firenze 1942; Ciò che è vivo e ciò che è ciò che è morto della dottrina di Carlo Marx, Quaderni del movimento liberale italiano, Roma 1943; Commento a Croce, Neri Pozza Editore, Venezia 1955; La restaurazione del diritto di natura, Neri Pozza Editore, Venezia 1959; Della storia d'Italia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2012)e che conservano ancora tutta la loro freschezza concettuale e stilistica.

La teoresi di Antoni si può inscrivere tutta all'interno dei rapporti tra storicismo e giusnaturalismo, in relazione sia alle indagini sulla cultura tedesca che a quelle sull'idealismo italiano, ed in particolare ai vari saggi su Benedetto Croce, attraverso il quale egli può risalire con maggiore efficacia alla migliore tradizione etico-politica dell'Italia e dell'Europa e trasformare così la sua storiografia in altissima e profondissima filosofia. E non deve far meraviglia che un vivo, attento e puntuale interesse storiografico diventi riflessione speculativa, poiché la storiografia trapassa qui immediatamente in filosofia ed è essa stessa filosofia sia come sapere storico che come metodologia e filosofia della storia.

Non può essere taciuto, in premessa, un piccolo saggio crociano sulla Differenza dello storicismo hegeliano dallo storicismo nuovo, pubblicato su La Critica del 1942 e poi inserito nei Discorsi di varia filosofia, 2 voll. , Laterza, Bari 1945, nel quale Croce attacca lo storicismo hegeliano in quanto esso sopravvaluta l'idea di una provvidenzialità della storia che fa di ogni soggetto umano un semplice strumento della Razionalità Universale e attua la propria intrinseca finalità servendosi appunto dell'uomo. Nè possono essere ignorate altre dure contestazioni condotte dallo stesso Croce, che allarga il suo attacco a tutto lo storicismo tedesco giustificazionista, machiavellico e relativista, e che rivendica alla sua filosofia un senso ampio della comprensione storica, assieme ad una rivalutazione di Kant e dell'illuminismo largamente rinnegati invece dal vecchio storicismo, di cui l'amico Meinecke è uno dei massimi esponenti.

Questo saggio diventa prezioso per la costruzione della visione antoniana, che in effetti si spinge più in là di Croce nella critica all'idea del progresso lineare tipica dello storicismo tedesco incapace di vedere i possibili "ricorsi" storici ed i vari "ritorni" barbarici. Nella rivalutazione dello stesso illuminismo la visione di Antoni va al di là di Croce ed è in più forte contrasto con l'immagine che ne hanno i romantici negatori e affossatori della razionalità in nome del sentimento e dell'individualità. Le sue salde radici crociane e la perfetta conoscenza della cultura filosofica e letteraria della Germania lo pongono nella condizione di contestare quell'idea della marcia trionfale dell'umanità che non è sempre così gloriosa e che in ogni caso l'umanità ha bisogno di riferirsi costantemente a quella stella polare che lo storicismo tedesco ha voluto abbandonare, ovvero al giusnaturalismo di estrazione razionalistica.

Già nel libro del 1942 La lotta contro la ragione, che Gennaro Sasso considera "il suo libro più riuscito", Antoni fa rivivere il dramma della Raison illuministica corrosa prima dall'irrazionalismo e poi dalla categoria della "storicità" che tutto prende e comprende, e tutto supera, anche la Ragione teleologica di Kant. Ma Antoni non lo può accettare e fa risorgere proprio il tratto più nobile e sublime della ragione, "quello per cui l'uomo rivela di non appartenere al mondo dei sensi, ma ad una realtà superiore, assoluta, verso cui è irresistibilmente attratto"(Carlo Antoni, La lotta contro la ragione, nuova edizione a cura di Michele Biscione, Sansoni, Firenze 1973, p. 248). Kant trova la vera grandezza dell'uomo nella sua anima, che si proietta al di là, nell'assoluto e nella trascendenza, "verso l'oceano della libertà e dell'infinito" (ivi, p. 249), e Antoni condivide ed esalta la visione kantiana della dignità umana ricollocata nell'anima individuale e trasformata in persona, in soggettività morale e intellettuale "che in luogo dell'oscura particolarità dell'individuo ha in sé la trasparente universalità e razionalità della legge morale" (ivi, p. 258).

A conclusione de La lotta contro la ragione l'autore esprime il forte dubbio che la ragione storica possa superare davvero la ragione teleologica, la sola forza capace di accogliere le istanze autentiche dell'umano senza annullarne l'individualità ed anzi lasciando sussistere nell'immanenza e nella contingenza della storia l'universalità della coscienza, che fa sopravvivere civilmente l'umanità, altrimenti destinata a perdersi ed a decadere. Di qui l'istanza imperiosa del recupero del diritto naturale, che è il tentativo perseguito appassionatamente da Antoni lungo tutto l'arco della sua intensa attività e che si esprime più compiutamente nell'opera del 1959 titolata per l'appunto La restaurazione del diritto di natura.

L'adesione allo storicismo da parte di Antoni si chiarisce così nella fedeltà ad una concezione che a differenza di quella manifestata dallo storicismo tedesco, da Hegel a Meinecke, deve rivelarsi pure capace di comprendere il trascendente e di conciliarlo con l'immanente: "Nella prefazione alla sua opera sulle origini dello storicismo Meinecke ha proclamato che la fede giusnaturalistica, cioè la fede nella natura razionale dell'uomo, una, universale ed eterna, è stata per quasi due millenni la stella polare dell'Occidente. Il grande storico ha però evitato di porsi il problema se e fino a qual punto il giusnaturalismo contenesse un fondo di verità e quindi il germe di un'eterna esigenza umana [. . . ] In realtà, a ben guardare, si osserva che il Meinecke, nel definire lo storicismo il grande responsabile del tramonto di quella stella, ha cercato di sottrarlo a quella grave responsabilità, limitando l'azione critica di esso" (C. Antoni, Giusnaturalismo e storicismo, in La restaurazione del diritto di natura, cit. , p. 30).

Il Meinecke non si pone inoltre il problema delle gravi conseguenze cui va incontro lo storicismo quando si trasforma in religione della storia che tutto giustifica e tutto sacrifica; perciò Antoni insiste: "Lo storicismo è la moderna religione della storia, della sanguinaria dea che tutto giustifica e tutto travolge, che ha avuto in Hegel il suo massimo profeta e teologo, e che, sviluppandosi nelle sue estreme conseguenze, è giunta a quella tragica crisi che per primo ha denunciato il Troeltsch e di cui noi oggi tutti soffriamo" (ivi, p. 31).

L'accusa che Antoni rivolge allo storicismo tedesco è davvero pesante ed è in sostanza quella di essere scivolato nel "crudo realismo", nella "relativizzazione dei princìpi" e nell'anarchia dei valori, "dove cinismo e scetticismo si incontrano". Perciò l'esigenza individualizzante del "nuovo storicismo" e quella universalizzante del giusnaturalismo devono convergere, e l'incontro non può che avvenire nella vicenda storica, cioè nella contingenza, che è il luogo in cui la verità universale si fa determinata senza perdere il suo profumo di eternità e di assoluto. In questo senso l'illuminismo kantiano rimane il momento di affermazione e di esaltazione della ragione universale che emerge dalla stessa vicenda storica e che non si identifica con la situazione, ma la trascende e la comprende senza farsene condizionare.

In questa visione l'individuo, illuminato dalla sua coscienza universale, diventa un vero soggetto-protagonista, una "persona", e riacquista la sua libertà e moralità, che lo spingono oltre la sua adesione alla esteriore legalità. Questa è in verità la posizione antoniana maturata sulla linea di un'interpretazione giusnaturalistica e libertaria del pensiero di Benedetto Croce inteso nel modo più completo e rivisitato in tutta la sua ricchezza(v. per esempio il bellissimo ed elegantissimo Commento a Croce, nuova ed. Neri Pozza Editore, Venezia 1964). E qui vengono rimossi gli equivoci, i sospetti e gli scandali insorti contro Croce, di cui a volte non si conoscono neppure i testi essenziali e si rimane inchiodati alla vulgata della sua avversione al diritto di natura, all'illuminismo ed a Kant, senza conoscere il resto non meno importante della sua produzione bibliografica.

Per questo motivo non deve stupire l'interpretazione giusnaturalistica che Antoni fornisce persino della posizione di Marx, che sembra esaltare la forza e rifiutare le idee di giustizia e umanità, ma che in effetti, secondo il filosofo triestino, costruisce un socialismo a misura degli ideali francesi dell'89: "La posizione di Marx, suo[di Hegel] discepolo, è paradossale.
Ha accolto la dialettica della storia con tutto quanto questa comportava di esaltazione della forza e di disdegno verso i moralismi e gli umanitarismi liberali e democratici, pronto a smascherare i feroci egoismi che dietro a questi si nascondevano, ma ha introdotto questa dottrina nel campo avverso, nel campo del più radicale, più puro giusnaturalismo. Infatti il socialismo, schietto prodotto dello spirito francese e della sua tradizione razionalistica, altro non è che una estensione ed un approfondimento degli ideali dell'89 [. . . ]

Le sue richieste furono o sembrarono di carattere economico, relativo alle condizioni della classe che le sosteneva, ma la sua autentica, irresistibile forza è sempre la sua fede nella giustizia e nell'umanità. Il diritto, cui si è appellato, è sempre quel diritto di natura, per cui Seneca ed i giuristi romani condannarono la servitù. Ed è in questo campo che è entrato con le sue armi romantiche Marx, sicché il marxismo è una delle più singolari contaminazioni che la storia delle idee ci offra" (Carlo Antoni, Ciò che è vivo e ciò che è morto della dottrina di Carlo Marx, in Quaderno n. 2 del Movimento Liberale Italiano, Roma gennaio 1944, p. 5). Insomma, il marxismo presenta sia l'aspetto materialistico della struttura economica che muove la storia, sia l'immensa energia giusnaturalistica che spinge gli uomini e le classi alla lotta per la giustizia e l'uguaglianza. A prima vista l'uomo di Marx è l'homo oeconomicus, ma a guardar bene vediamo che "la scena cambia, e là dove prima si sfrenava il tumulto degli appetiti compare la dea Giustizia", quella che mantiene l'essenza universale ed eterna e che si rivolge a tutti gli esseri umani, senza distinzione di classe, di religione, di ideologia, di geografia e di razza.

Dallo storicismo crociano, interpretato con intelligente forza critica, Antoni perviene così all'idea di una Ratio universale, che non soltanto rende uguali gli uomini, ma riconosce a ciascun individuo una particolare dignità di "persona", da cui è tratta poi l'idea del diritto di natura con la centralità di "quel concetto della scintilla divina che è insita nell'anima di ciascun essere umano secondo la tradizione cristiana e che ne fa la bellezza e la dignità"(Carlo Antoni, Lo storicismo, ERI, Roma 1957, p. 190). Questo è un concetto più volte ripetuto che caratterizza tutto il percorso intellettuale antoniano culminante storicamente nella sua visione della grande impresa giusnaturalistica della Dichiarazione d'indipendenza americana del 1776 e della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. A queste proposizioni il filosofo aggiunge la rappresentazione di una figura tragica come Antigone che si scaglia contro il potere politico e la mera legalità in nome del diritto naturale, della moralità e di quella Giustizia che scende dall'Alto e che s'innesta in modo irresistibile nel cuore dell'uomo: "La Giustizia, la grande virtù dei prìncipi, il fondamento dei regni, è questa corrispondenza della legislazione positiva alle istanze dell'etica. Essa non è la falsa dea, dalle cui alcinesche seduzioni si dichiarava liberato il giovane Benedetto Croce esprimendo, per questa liberazione, la sua gratitudine a Marx, bensì è un'esigenza insopprimibile dell'animo umano, senza la quale non si spiega la storia della civiltà" (Carlo Antoni, Giusnaturalismo e storicismo, in La restaurazione del diritto di natura, cit. , pp. 36-37).

La civiltà si mantiene, dunque, e progredisce grazie alle istanze ontologiche traducibili in diritti di natura che alimentano(e devono alimentare)le istituzioni e le comunità degli umani. Questo mi pare il senso della posizione teoretica del filosofo triestino, al quale Gennaro Sasso esprime tutta la sua gratitudine dedicandogli forse il suo saggio più ponderoso, L'illusione della dialettica. Profilo di Carlo Antoni, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1982, e ricordandolo sempre come il suo Maestro più caro. Da parte mia, posso aggiungere che bisogna ritornare a Carlo Antoni non solo con il cuore, ma anche con il pensiero per la comprensione profonda dei suoi studi e delle sue riflessioni più impegnative sullo storicismo e per il necessario recupero di un momento essenziale - ed ancora attuale - della storia della filosofia.

prof. Salvatore Ragonesi








Postato il Domenica, 08 maggio 2016 ore 07:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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