Cara
collega, caro collega, (dormienti)! prima di augurarti un sereno Natale
e un bellissimo 2016 ti scrivo questa "letteraccia" ricordando quello
che è accaduto grazie alle tue grandi e profonde dormite nei collegi
dei docenti, al tuo menefreghismo, al tuo egoismo e alla sindrome
dell'orticello. Hai sempre dato per scontato che "tanto non sarebbe
cambiato mai nulla anche se avessi fatto sciopero" e invece in questi
20 anni hai contribuito alla distruzione della scuola pubblica laica
statale, ma andiamo con ordine:
In questi ultimi vent'anni il Parlamento ha approvato una serie di
leggi che hanno inciso profondamente sulla condizione degli insegnanti,
considerandoli dei dipendenti pubblici come tutti gli altri impiegati
dello Stato:
1) la legge 29 marzo 1983, n. 93, nota come legge quadro sul pubblico
impiego, inserì i docenti nel 6° e 7° livello impiegatizio e la
funzione docente perse ogni specificità e si recise definitivamente il
legame con la docenza universitaria (che insieme ai militari di
carriera ed ai magistrati continuano ad avere gli scatti biennali);
2) la legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, sul pubblico impiego, che
privatizzò il rapporto di lavoro, distinguendo fra ciò che rimaneva
riserva di legge e ciò che diventava materia di contrattazione.
3) Il rapporto di lavoro della docenza universitaria non veniva invece
privatizzato, come avvenuto per la Scuola con la diretta emanazione di
tale norma: il decreto legislativo n. 29 del 1993.
4) La legge 8 agosto 1995 ("Riforma del sistema pensionistico
obbligatorio e complementare") detta spesso riforma Dini fu accettata e
controfirmata dai sindacati confederali e diede il via alla
trasformazione del sistema pensionistico dal retributivo al
contributivo in pratica alla distruzione del Welfare creando povertà
nell'immediato e progettando la cancellazione della dignità umana
trasformando un giovane in un servo.
5) Dal 1993 (col Dl.vo 29) è stato imposto (tu caro collega dov'eri?)
in modo vergognoso un tetto agli stipendi . Sono vietati per legge
aumenti superiori all'inflazione programmata. Per questo, col passaggio
dalla lira all'euro, avemmo un rinnovo del 2% a fronte del dato Istat
al 6% e di un aumento dei prezzi al consumo pari al 50%. Per questo,
dal 1995 (quando da biennali gli scatti divennero gradoni di 6 e 7
anni) ci siamo 'autofinanziati' tutti i contratti, senza i quali, se
avessimo conservato anche solo gli scatti precedenti, avremmo uno
stipendio ben più alto, ed abbiamo avuto 'aumenti' sempre sotto
l'inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo
della vita) e non potremo MAI neppure avvicinarci alla media
retributiva europea, ove siamo (stando ai costi standard) all'ultimo
posto, persino sotto Grecia e Portogallo.
La Scuola è divenuta la 'Cenerentola' nel calderone indistinto del
pubblico impiego, ove la laurea, quando è titolo d'ingresso, frutta uno
stipendio iniziale di almeno 1.550 euro, non di 1.300. O si esce dal
pubblico impiego e dal campo di vigenza del DL.vo 29/1993, o risulta
persino ridicolo parlare di stipendi (...europei). I sindacati
tradizionali, 'pronta-firma', sono stati complici di tutti i governi in
quest'operazione di distruzione delle retribuzioni. Hanno sottoscritto
per un trentennio contratti ridicoli dopo che gli scatti d'anzianità
sono stati vietati dal Dlvo 29/93, da loro concordato all'epoca con il
Governo Amato nei famosi accordi sul costo del lavoro. Il
'congelamento' degli automatismi d'anzianità, la manfrina della
parziale 'restituzione' con la truffa della 'presa dal mucchio' del
fondo di istituto, oggi così ridotto da impedire la retribuzione degli
straordinari del personale ata e delle ore dei progetti dei docenti,
vengono da lontano ed hanno origini sulle quali tutti tacciono. La
verità che nessuno dice è che nelle leggi finanziarie, da molti anni,
non si possono stanziare fondi per gli scatti.
Tu caro collega dormiente dov'eri?
6) La legge 15 marzo 1997, n. 59, con cui è stata istituita l'autonomia
scolastica e si è attribuita la dirigenza ai capi d'istituto, separando
la loro contrattazione dal restante personale della scuola nega di
fatto la caratteristica di lavoratore non subordinato attribuita ai
docenti dalle norme sulla libertà d'insegnamento.
Sulla scuola gravano i dettami del decreto legislativo n. 29 del 1993,
recepiti con il contratto del 1995 che impongono l'eliminazione degli
automatismi di anzianità (con la trasformazione residuale e in via di
sparizione degli scatti biennali in «gradoni» sessennali e settennali,
in attesa della definitiva eliminazione degli stessi prevista ai sensi
del medesimo decreto legislativo).
Il citato decreto legislativo impose la riconversione professionale
d'ufficio, così che un docente di laboratorio di ceramica di istituto
tecnico professionale lo si è potuto «riciclare» su una cattedra di
scienze della terra; un insegnante di educazione tecnica delle scuole
medie, con la sparizione di quell'insegnamento e con la minaccia della
mobilità provinciale e interprovinciale, è stato «adattato» per il
sostegno, con buona pace dei precari specializzati lasciati a casa e
dell'integrazione dei disabili (per non parlare delle certificazioni in
Romania che in 15 giorni pagando 10 mila ero si diventa specialista sul
sostegno e tutto legalmente grazie alle direttive europee)
In un'epoca nella quale, sull'altare della riduzione della spesa, si
gioca a dadi con le carriere dei docenti - tramite tagli, riconversioni
e accorpamenti di classi di concorso, attraverso un sostanziale spreco
delle professionalità acquisite e una mobilità di cattedra che non
tiene conto né della formazione culturale, né delle competenze maturate
- è, peraltro, la dignità della scuola nel suo complesso a venire
pesantemente colpita.
È stata poi introdotta la cassa integrazione e la licenziabilità per
esubero; col placet delle organizzazioni sindacali tradizionali e in
senso aziendalista, il preside è stato trasformato in dirigente
scolastico e al tempo stesso in «datore di lavoro», aprendo la strada
allo smantellamento dei concorsi pubblici e alla chiamata diretta per
le assunzioni prima prevista dalla proposta di legge di iniziativa
dell'onorevole Aprea (Forza Italia) e poi approvata nella Legge
107/2015 dal Governo di Renzi (PD).
È stato eliminato persino il ruolo, assegnando al personale assunto
stabilmente «incarichi a tempo indeterminato», una dizione utilizzata
in passato tipicamente con riferimento al personale precario, a sua
volta ancor più instabile perché incaricato a tempo determinato.
Cara collega, sai chi è stato a firmare l'accordo sulla trasformazione
dal sistema pensionistico retributivo al sistema contributivo? Il "tuo"
sindacato confederale! Vedi cara collega, quando generalizzi e alzi il
dito verso la luna indicando il colpevole mi fai paura! Si mi fa paura
la tua normalità, ti guardo, ti incontro nei corridoi, ti incrocio
davanti alla macchinetta del caffè, ti osservo seduta nel collegio dei
docenti, ti immagino come un agnello pronto ad essere sacrificato
sull'altare della "buona scuola " di Matteo Renzi e Stefania Giannini
perchè sei stata tu a permettere tutto questo.
Caro collega, vogliono darti 6 euro in più al mese di aumento (tra
tre-sei-nove anni o forse mai...) come elemosina del tuo sapere. Lo so,
sei demotivato, hai paura che dal prossimo anno potresti essere
valutato tramite i risultati ottenuti nelle prove Invalsi. Hai paura di
essere demansionato, meglio non protestare vero? Meglio assecondare il
dirigente perchè ti darà il permesso (che è un tuo diritto ma lo fa
passare come un favore...).
La rassegnazione è un virus che ti prende e ti trasforma in un essere
che usa l'autocommiserazione come cibo della propria esistenza.
Critichi chi sciopera e lo consideri un povero cretino, indichi con
l'indice della mano sinistra (non è un caso...) il sindacato
generalizzando poi con tutte le sigle. Ma esiste dentro di te ancora
l'orgoglio del maestro italiano? Di insegnare?
Se dopo tanti anni hai perso il concetto di amore, di passione, verso
te stessa, verso chi ti ama, verso la tua professione, non puoi
trasmettere la passione, il desiderio di conoscenza agli alunni. Cara
collega come fai ad accettare questo stipendio da fame? Elimina il
filtro che hai davanti agli occhi e ricomincia a guardare il mondo a
colori. Torna a sorridere ed arrabbiarti per le cose sbagliate. Grida
il tuo dissenso verso chi vuole il tuo silenzio perchè gli dai
fastidio.
Non cenare alle 19,00 ma fallo quando hai fame sveglia la tua anima,
accendi la luce del tuo sapere critico, l'Italia ha bisogno di
insegnanti che combattono, propongono nei collegi per il bene degli
studenti. I collegi dei docenti sembrano ormai stadi vuoti.. tanto la
partita della "buona scuola" la puoi leggere sull'Ipad su Facebook ma
solo prima delle 19,00 di sera... dopo devi accendere la tv e guardare
"il segreto"... domani è un altro giorno ma sarà sempre colpa degli
altri mai la tua... e poi domani avrai dimenticato ancora la chiavetta
e il caffè te lo offrirò io... ma mi domandi (pur essendo iscritta ad
un altro sindacato) se hanno sbloccato gli scatti e se potrai andare in
pensione... appena suona la campanella ritorni in classe e gridi con
gli studenti che non ti seguono... in fondo che senso ha mantenere la
libertà e l'autonomia di insegnamento... la libertà l'hai persa da
quando hai smesso di protestare per i tuoi diritti... che non hai più.
Non tutto è perduto, la strada da seguire è quella che porta al
riconoscimento della professione: conoscenza verificata e in continuo
aggiornamento della materia insegnata, stipendio parificato alle fasce
superiori europee, riconquistata dignità di funzione agli occhi di
famiglie e studenti. Sorge la necessità di un profondo ripensamento in
termini culturali e organizzativi di tutto il comparto scuola e, in
particolare, del modo di intendere l'esercizio della funzione docente.
La società del terzo millennio ha necessità di «professionisti della
conoscenza» (knowledge workers) che facciano riferimento ai loro enti
di rappresentanza e non alla burocrazia ministeriale. La professione
docente è segnata da tre elementi: alta specificità del ruolo
istruttivo ed educativo, autonomia e autoreferenzialità rispetto a
valutazione e selezione dei professionisti che non vengono giudicati da
altri enti, etica e deontologia elaborate fra gli operatori del
settore. Il mondo della scuola possiede una particolarità rispetto al
resto del mondo del lavoro. In esso si insegna e si apprende e non si
tratta neanche di mera trasmissione del sapere, bensì si sviluppa e
ricrea il sapere stesso, almeno per quanto attiene alle strategie
dell'istruzione, dell'educazione e della formazione. Nella scuola non
si costruiscono manufatti industriali, né si svolgono mansioni di tipo
burocratico.
Lo specifico prevalente è quello della funzione docente, che non è
funzione d'impresa, né di tipo impiegatizio: proprio per questo
l'assetto normativo e contrattuale attuale è assolutamente inadeguato.
La Costituzione della Repubblica definisce scuola e università quali
«istituzioni» (e la cosa non ha solo un rilievo terminologico, perché
stabilisce una linea di demarcazione rispetto ai «servizi»), ma esse
hanno due assetti contrattuali differenti: dell'università è stato
creato un ibrido, dove i docenti hanno un contratto di natura pubblica
e le altre figure lavorative un contratto privatizzato; nella scuola,
invece, esiste solo la privatizzazione del rapporto di lavoro: la
scuola, quindi, è stata trasformata in un «servizio» e i docenti in
impiegati. Ma il momento dell'interazione metodologico-didattica non è
affatto l'erogazione di un servizio; gli insegnanti non sono pompe di
benzina e gli alunni non sono automobili di passaggio da riempire di
nozioni. La figura del docente non è quella di chi attende ad un
servizio, bensì quella di un ricercatore di percorsi formativi e
culturali, e il titolo di studio non è un «atto dovuto», come la
certificazione di un'analisi del sangue, bensì il risultato di
un'interazione personale e didattica, di un percorso di vita e di
ricerca. Proprio da questa innegabile constatazione sorge la necessità
di un profondo ripensamento in termini culturali e organizzativi di
tutto il comparto scuola e, in particolare, del modo di intendere
l'esercizio della funzione docente.
Nella nostra idea (Unicobas) di scuola, anche per il personale
Ata, collaboratori scolastici, aiutanti tecnici e personale di
segreteria, vorremmo che fosse riconosciuto, con il primo contratto
utile successivo alla data di entrata in vigore, il ruolo di coadiutore
educativo con riferimento alle attività esercitate dal medesimo
personale relativamente alla sorveglianza degli alunni nonché alla
gestione della sicurezza, della strumentazione informatica e dei
laboratori.
Perciò collega svegliati!
Ricomincia a correre... non essere normale! Si orgogliosa della tua
professione, dai il massimo ai tuoi studenti, non ti risparmiare... ma
pretendi che ti venga riconosciuto uno stipendio adeguato perchè
ricorda... tu sei una delle eccellenze di questo Paese: insegni nella
scuola pubblica laica statale italiana!
Ah... dimenticavo buon Natale e felice anno nuovo!
Paolo Latella - Insegnante e Giornalista
Membro dell'Esecutivo Nazionale Unicobas Scuola
fonte normativa a cura del prof. Stefano d'Errico
Segretario nazionale Unicobas Scuola