Un giorno, ritornando
da scuola, sarà stato alla fine degli anni
'50, sui muri della facciata del vecchio Municipio del mio
paese, trovai scritta a grandi lettere cubitali, ripetuta più
volte la parola: " Sdisonesti!". Mi parve, allora, una
sgrammaticatura, e, commiserando con supponenza l'ignoranza dello
sprovveduto scrivente, a me ignoto, dall'alto del mio sapere
grammaticalginnasiale ( d'allora!) ci risi sopra. Che mi ero sbagliato,
lo capii molto tempo dopo; quella non era una sgrammaticatura, ma
la forma corretta di una arrabbiatura viscerale e
liberatoria perché, proprio con quel
digrignato sibilìo verbale, con la protesi di quella "s",
qualcuno aveva creduto di sfogare al meglio e
al massimo della correttezza tutta la sua rabbia e il suo schifo
profondo contro i locali politici corrotti:
Sdi-so-ne-sti! Scandito a grandi lettere!
E oggi capisco bene la "spuzza" di Papa
Francesco, gridata scandita e ripetuta più volte con
mimetica smorfia facciale davanti al popolo di Scampia pochi giorni or
sono, a rimarcare il dis-gusto che provoca ogni forma di
corruzione. "La società corrotta spuzza, e un cristiano che
fa entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano,
spuzza». Oggi, questo
"spuzza" di Bergoglio a me richiama, per analogia
fonemica, quel "sdisonesti", d'allora. Di più:
nello "spuzza" del Papa trovo, se possibile,
più rabbia, più disgusto fisico per la corruzione, di quanto non ci sia
in "sdisonesti", una icasticità verbale che solo il
dialetto, quello vero del popolo, sa trovare. Quel fonema
in più , quella "s" strisciante, ripetuta più volte, quasi a
diventare rovente, è una escrescenza dolorosa che
disocculta senza molti giri di parole il fango del
malaffare, apre abissi di disgusto, e incute, solo a gridarla,
paura ai corrotti. A tutti i corrotti: quelli di ieri, come
quelli di oggi.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com