Ora, l’inno di
Mameli nelle scuole si canterà per disegno di legge; un tempo, noi lo
cantammo solo per amore. Nei primi anni Cinquanta frequentavo le
scuole elementari, con il grembiulino nero e il fiocchetto azzurro. Il
mio maestro, patriottico, (non massone), portava il gilè, sopra
la camicia, vestiva di nero, e sempre con la cravatta. Prima di
iniziare la lezione - alzati in piedi, sull’attenti - ci faceva
fare il segno della croce e, a seguire, la preghiera del Padre
nostro. Alla fine della giornata, prima che suonasse la campanella ci
faceva cantare, guidandoci con la bacchetta come un vero direttore
d’orchestra, Fratelli d’Italia! Serviva - ci diceva il maestro - come
allenamento per arrivare preparati e bene intonati al
saggio ginnico di fine anno scolastico: tutti in fila allo
stadio: maglietta bianca e pantaloncini bleu per una coreografica e
geometrica festa, sobria, fatta di ordine e disciplina, e di canti! Che
tempi, gli anni cinquanta! Si cantava a scuola, pure - ricordo - “Il
Piave mormorava calmo e placido al passaggio… “ Altri tempi! Era
festa, allora, il 4 Novembre; e nel giorno dei morti, ogni paese
d’Italia portava una corona d’alloro al monumento del suo milite
ignoto! Che anni, quegli anni! Si era contenti di poco! Non so se
per virtù, o per necessità! E’ dei vecchi, ahimè,
rinvangare e mitizzare il passato; ma - lo giuro - anche se così
fosse, il mito sentimentale - credetemi - non è menzogna. E’ la
versione, semmai, verginale e poetica - direi quasi
metafisica - di una esperienza storica che si modella nel racconto di
una cosa che, accaduta una sola volta per tutte, non potrà più mai
ripetersi una seconda volta come prima, se non come ricordo -
almeno per me - di struggente nostalgia!
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com