In questi giorni
si consuma una dura polemica tra le forze politiche
governative e non, dopo la decisione del gip di Taranto sul caso
Ilva. La magistratura ha stabilito che l'azienda dovrà risanare
gli impianti dell'area a caldo sequestrati per disastro ambientale, ma
"senza prevedere alcuna facoltà d'uso" degli stessi "a fini
produttivi". E, mentre i politici, come al solito, si dividono nei loro
posizionamenti, spesso preconcetti, pro e contro le decisioni dei
magistrati, si consuma intanto nella più generale indifferenza della
società civile il dramma umano e sociale di migliaia e migliaia
di lavoratori confusi e incerti sul loro destino, e su quello delle
loro famiglie.
La questione è complessa, senza dubbio. Gli interessi
politico-economici in gioco sono molteplici; alcuni chiari e
condivisibili, altri di meno. Ma su un principio io credo
che tutti fermamente dovremmo essere d’accordo, e uniti nel
perseguirlo: quello che garantisca assolutamente il diritto alla
salvaguardia della salute come bene primario, inalienabile, inviolabile
e irrinunziabile, del lavoratore nel suo posto di lavoro.
Scrive Rosmini nella sua Filosofia del diritto: ”La giustizia è un
principio, l’utilità è una conseguenza. Fino che questa conseguenza
della utilità si considera nel suo nesso col principio della giustizia,
il pensare non è pervertito; quando l’utilità rimane sola dinanzi
all’attenzione dello spirito, allora è venuto il regno del sofisma
nelle menti, che è l’anarchia della società”.
Come dire: il giusto e l’onesto vanno distinti dall’utile.
L’utile è ciò che torna a conto. Ma se una cosa può esserci utile o
sembrarci tale, non ne segue che essa sia o che a noi sembri sempre
giusta; così una cosa può sembrare giusta senza che ci procuri alcun
vantaggio. Nella fattispecie, una cosa è certa: la salute non ha
prezzo! E va tutelata prima d’ogni altra cosa, come la cosa più giusta
e vantaggiosa!
Dunque: Pereat mundus et fiat iustitia, poiché senza di questa nessuno
Stato può sussistere.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com