Dopo ben sette anni di
attesa, innumerevoli annunci, appelli, finalmente il 15 luglio il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato
il nuovo bando di concorso a 2386 posti di dirigente scolastico.
Questa procedura concorsuale nasce per essere innovativa,
meritocratica, veloce e gestita in maniera corretta, serena, conforme
alla legge.
La dirigenza scolastica, si è più volte detto, ha bisogno di persone
capaci di dimostrare sul campo attitudini manageriali, organizzative,
didattiche di prim’ordine, che solamente un concorso con le
caratteristiche di cui sopra può fornire.
Sembrerebbe dunque che la risoluzione delle problematiche della
mancanza di governance forte delle istituzioni scolastiche autonome,
della penuria di dirigenti scolastici in Italia e di tutti i
contenziosi generati dai precedenti agoni concorsuali, vedesi l’ultimo,
il cui bando risale al 2004, sia questo salvifico “super concorso”.
E’ davvero così? Il bando del 15 luglio cancella tutti i problemi e le
controversie ad oggi esistenti? E ancora: si può forse pensare che
ignorando tutto il resto non si rischi di porre macigni e impedimenti
insormontabili al regolare e celere svolgimento del nuovo concorso
stesso?
Ai più attenti e lungimiranti attori ed osservatori del sistema
scolastico in generale, e in particolare al suo interno del settore
della dirigenza scolastica, non saranno di certo sfuggiti tre punti sui quali è bene che si ponga in
essere una riflessione seria, precisa, accurata, al fine di consentire
la definitiva creazione di una armoniosa, efficiente “macchina”
dell’istruzione pubblica.
Primo su tutti il dimensionamento della rete delle istituzioni
scolastiche, per come imposto dal comma 4, art. 19 della legge
111/2011(c.d.“Manovra finanziaria”). «Dall'anno scolastico 2011/2012 –
dispone l'articolo – la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la
scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti
comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni
scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e
scuole secondarie di I grado. Gli istituti comprensivi, per acquisire
l'autonomia, devono essere costituiti da almeno 1000 alunni...».
E’ risaputo, stando anche alla recente giurisprudenza della Corte
Costituzionale, che la materia non è di competenza statale, ma spetta
alle regioni la potestà di valutare i parametri di dimensionamento
della rete scolastica. Nella sola regione Sicilia ben 210 scuole sono
al di sotto dei parametri della finanziaria, ed oltre 100 già da
quest’anno andranno a “reggenza coatta”, in virtù del disposto del
comma 5 del suddetto articolo.
La regione in questione si è già affrettata ad impugnare dinanzi alla
Consulta la normativa statale.
Saltano o non saltano queste scuole? Su quante istituzioni scolastiche
autonome sarà possibile assumere i nuovi dirigenti?
Questi dubbi attanagliano l’intero settore, le amministrazioni locali
e, probabilmente, anche il Miur.
Il dimensionamento è imprescindibile. Molte regioni hanno per anni
evitato, eluso la ristrutturazione della rete scolastica. La soluzione,
se può esservene una, è da ricercarsi nella “concertazione”, di cui
tanto si parla nei frangenti di crisi. Stato e Regioni, con il tramite
della Conferenza apposita, potrebbero fissare insieme dei criteri per
stabilire certezza sul punto. Pura illusione? Possibile.
La seconda questione, parzialmente risolta, è quella dell’ormai eterno
contenzioso sul corso concorso ordinario, bandito nel 2004, annullato
in Sicilia. Il nuovo bando ha previsto che – cito - “Le nomine dei
dirigenti scolastici, risultanti vincitori del concorso per la regione
Sicilia, sono effettuate dopo le nomine dei candidati che superano la
procedura concorsuale di cui al D.D.G. 22.11.2004 annullata e poi
rinnovata con Legge n. 202 del 3.12.2010”.
La prima fase prevista dalla legge 202, volta a confermare le posizioni
dei 416 “vincitori”(?) di concorso e degli altri “idonei”(?), sta per
avviarsi a conclusione. Ad essa seguirà l’apertura delle procedure di
“ricorrezione” degli elaborati dei candidati “bocciati”(?), “mai
corretti”(?) o chi ne ha più ne metta. Tuttavia più volte il Consiglio
di Giustizia Amministrativa, organo di ultima istanza della giustizia
amministrativa in Sicilia, ha ribadito, anche in maniera di poco
difforme dal resto della giurisprudenza nazionale, che non è pensabile
procedere in tal senso, stante l’impossibilità di ripristino
dell’anonimato nei compiti.
Ora, non volendo entrare nel merito né dei tecnicismi giuridici né
delle valutazioni di opportunità politica che hanno spinto il
legislatore parlamentare ad adottare tale soluzione, è evidente che il
contenzioso non accennerà a terminare e, pare, potrebbe anche portare
ad una clamorosa dichiarazione di incostituzionalità della normativa di
rinnovazione.
E’ possibile trovare una soluzione? E’ chiedere troppo che sul nuovo
concorso non penda la tagliola del vecchio e che i futuri vincitori non
siano costretti ad aspettare tempi immemorabili in attesa della
risoluzione della controversia?
Partendo dall’assunto, incontestabile, che le esigenze da contemperare
siano da una parte quelle della continuità dei diritti acquisiti,
dell’efficienza dimostrata sul campo, da presidi “vincitori”(?) ed
“idonei”(?), dall’altra quelle dei “ricorrenti irriducibili”,
combattivi, preparati, ingiustamente ignorati, a cui la magistratura
locale con molta probabilità continuerebbe a dar ragione, perché non
consentire a questi ultimi, sulla base del modello e nel solco
tracciato non molto tempo fa dal Tar Puglia, di accedere al corso di
formazione direttamente, con adeguato tirocinio, presentazione di
relazione, colloquio finale e quant’altro, in rispetto delle sentenze e
dei diritti ad essi riconosciuti, pur certamente salvando la tanto
rigettata ricorrezione per gli altri concorrenti, che evidentemente non
hanno ritenuto di contestare l’assunto normativo, accettandolo
pienamente? Per il relativo impegno di spesa basterebbe ridurre a 3
mesi il corso di formazione previsto dall’art. 6 della legge 202, in
modo da far risparmiare addirittura qualche soldo all’ufficio
scolastico regionale.(In un momento di incertezza economica quale
stiamo vivendo sarebbe un atto dovuto!)
E’ il momento di chiudere in modo definitivo una faccenda che ha
lasciato l’amaro in bocca a tutti e che ha messo contro l’un l’altro
docenti, amministrazione pubblica e famiglie che dovrebbero cooperare
insieme fattivamente, per la salvaguardia del bene fondamentale
dell’istruzione.
Le strade non sono molte, ma la soluzione giuridica, tecnica non è
nemmeno così lontana. Non si possono lasciare alla deriva,
all’incertezza 416 dirigenti, 27 idonei, un centinaio di
ricorrenti, gli altri concorrenti e, mi si permetta, i partecipanti al
nuovo concorso, bandito il 15 luglio, nella regione Sicilia.
Altra pia illusione? Dal “possibile” qui è meglio passare al più
consono, ahimè, “estremamente probabile”.
Ultima questione irrisolta, che merita le dovute analisi, è quella dei
112 “incaricati di presidenza”, non dirigenti scolastici, non docenti,
ma semplicemente “precari della dirigenza”.
Salvati, seppur in via residuale, dall’art. 1 sexies della legge
n.43/2005, dichiarati inidonei ai concorsi ordinario e riservato, dopo
esser anche tornati all’insegnamento, sono stati richiamati, ormai da
qualche anno, alla guida di altrettante istituzioni scolastiche
autonome.
Sebbene nel settore pubblico la reiterazione indiscriminata di
contratti a termine, in particolare nel settore dirigenziale, non porti
in alcun modo, normativa alla mano, alla conversione del contratto a
tempo indeterminato, è noto come la magistratura italiana abbia
stimolato, nel settore scuola, con forza, decisione estrema,
l’assunzione dei docenti precari, in rispetto della normativa
comunitaria.
E’ un problema che ha il suo peso. Può la Pubblica Amministrazione
sostenere il rischio di nuovi, sicuri, risarcimenti milionari, dopo
aver praticamente usato, dismesso, ripreso, bocciato, e ancora una
volta riutilizzato tali soggetti?
Il contenzioso che a breve si aprirà rischia non solo di mettere in
ginocchio finanziariamente gli uffici scolastici regionali, il Miur, ma
anche di bloccare le successive procedure concorsuali. Lo han capito,
con estrema saggezza, l’Ugl scuola, la Dirpresidi, la Disal e tanti
altri soggetti accreditati e competenti.
Bisogna porre fine all’istituto, ma non con una lettera di
ringraziamento e una dichiarazione di immediato ritorno
all’insegnamento, ma con una procedura che magari possa ricalcare
l’esperienza normativa utilizzata per i 416 dirigenti siciliani, in
modo da evitare una valanga di ricorsi e tutelare diritti che, in
particolare per alcuni, sono acquisiti addirittura da dieci anni!
Sono scelte impopolari, ma purtroppo necessarie e, in quest’ultimo
caso, ahinoi, addirittura ingiustamente utopiche!
La dirigenza scolastica ha bisogno di stabilità; ha la impellente
necessità di chiudere con saggezza, pragmatismo e accortezza tali
vicende, nel rispetto dei diritti e delle aspettative di tutti ed al
fine di dare finalmente avvio alla stagione del merito,
dell’efficienza, delle competenze, a cominciare proprio dal nuovo
concorso.
In un momento di crisi come questa, nel quale la coesione nazionale in
ogni settore è necessaria per ripartire, adottare tali semplici
soluzioni costa poco e fa anche bene al futuro dello Stato e delle sue
Istituzioni democratiche.
Salvatore M.
redazione@aetnanet.org