Caro Direttore,
puntualmente si riapre, come ogni anno, la polemica sul precariato
nella scuola: da una parte le proteste sui punteggi, sul trasferimento
di aspiranti insegnanti in fuga da graduatorie super affollate del Sud
e dall’altra una sterile polemica basata sulla necessità di aprire in
modo indiscriminato i percorsi di laurea per diventare insegnanti o per
conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Come si sono formate negli anni graduatorie
di insegnanti abilitati ed in attesa di posti che non sono e non
potranno essere mai in un numero sufficiente? Proprio attraverso concorsi che per
migliaia di insegnanti, che non entravano nel numero dei posti
programmati e messi a concorso, valevano comunque l’abilitazione. In questo modo si sono formate graduatorie
di oltre 240.000 precari, alcuni dei quali sono in attesa da anni di
entrare in ruolo
Con il piano di assunzioni varato dal governo abbiamo dato una risposta
importante a queste lunghe attese ed una consistente sforbiciata alle
graduatorie, assumendo oltre 67.000 unità tra insegnanti e personale
amministrativo. Ma il problema ha ancora dimensioni gigantesche: resteranno nelle graduatorie oltre 200.000
insegnanti abilitati. Dopo aver coperto tutti i posti
disponibili fino ad oggi con il piano di assunzioni appena varato, nei prossimi anni gli unici posti
disponibili saranno quindi quelli derivanti dai pensionamenti.
Il sistema informativo del ministero e gli uffici di statistica
calcolano che mediamente, in base all’età e all’anzianità di servizio,
andranno in pensione, a seconda degli
anni, dai 22.000 ai 25.000 insegnanti. Se calcoliamo per i
prossimi anni il rapporto tra i posti che saranno disponibili ed il
numero degli insegnanti già abilitati, il saldo resterà a lungo passivo
per tutti i livelli scolastici. La
domanda quindi è: abbiamo bisogno di creare nuovi abilitati? Evidentemente no, visti i numeri.
Dobbiamo alimentare nei giovani false speranze, creare nuovamente una
fabbrica di illusioni pensando che comunque nella scuola con qualche
sanatoria si riuscirà prima o poi ad entrare?
Anche in questo caso l’unica risposta responsabile è quella che abbiamo
dato con il nuovo percorso di studi per diventare insegnanti che si
fonda appunto su un numero chiuso, programmato proprio sulla base dei
posti disponibili. Posti solo in base alle reali necessità della scuola
italiana. Fine del precariato a vita. Gli
studenti che oggi fanno la scelta dell’insegnamento devono prima di
tutto sapere quale è il fabbisogno di posti al momento in cui
termineranno gli studi e quindi poter valutare in maniera realistica la
speranza di ottenere un’occupazione nella scuola. Lo Stato non può più
creare artificialmente posti di lavoro che non esistono, come ha fatto
irresponsabilmente per decenni.
Non corrisponde a verità l’accusa secondo la quale i provvedimenti del
ministero penalizzerebbero i giovani a favore dei più anziani che
attendono di essere assunti nelle graduatorie. Una gran parte infatti
dei posti disponibili sarà data ai giovani, garantendo loro una
concreta chance per accedere all’insegnamento. Quello che non farò mai però è prendere in
giro i ragazzi. Questo non è un esecutivo irresponsabile e non
vuole alimentare quel meccanismo che ha portato a generare il fenomeno
del precariato nella scuola. Offriremo dunque una concreta possibilità
ad una generazione di giovani aspiranti insegnanti di entrare in ruolo.
Tutto ciò sarà fatto solo all’interno dei posti disponibili e di cui la
scuola ha veramente bisogno. In ogni
caso, la concreta opportunità di entrare in ruolo dipenderà
esclusivamente dalla possibilità di bandire procedure concorsuali
basate sul merito. Questa è appunto la nuova disciplina di
reclutamento a cui sto lavorando. Non è quindi solo con la
determinazione dei numeri del TFA che si dà una seria risposta alle
giovani generazioni. Per rilanciare
la scuola italiana e renderla moderna è necessario un sistema organico
di misure, in parte già attuate, come la riforma degli ordinamenti, il
piano triennale di assunzioni, la nuova disciplina della formazione
iniziale e altre da approvare, come il nuovo reclutamento che sarà
realizzato solo su base meritocratica.
Mariastella
Gelmini ministro all’Istruzione, Università e Ricerca