Benchè forse sia stata
una manovra diversiva per allontanare l'attenzione della gente da tutti
gli altri problemi che lo stanno interessando, le parole di Berlusconi
contro i docenti inculcatori di principi difformi da quelle delle loro
famiglie fanno un po' parte del luogo comune italiano e in modo
particolare di chi ha della scuola una idea autoritaria, perchè se così
fosse nessuno dovrebbe più dormire tranquillo in democrazia dal momento
che basterebbe una squadra di “inculcatori” appunto in qualche migliaia
di scuole e il gioco è fatto. Ancora peggio se la scuola fosse un
potere forte in mano alla sinistra, come sostenne sempre Berlusconi,
perchè significherebbe già una nazione tutta di comunisti o comunque
con una sua schiacciante maggioranza, visto che il premier sparò
quest'altra cannonata nel 2001 e siccome ne avrebbe dovuto avere
percezione ancora qualche anno prima, oggi al Governo, stando alle sue
parole, ci dovrebbero essere solo bolscevichi.
Ma come si può vedere non è così, per cui le indignazioni unanimi che
hanno suscitato le sue parole, anche nella contrapposizione fra scuola
pubblica e privata, sono come al solito, a parte le successive smentite
comprese le esiguità salariali dei professori, argomento di
conversazione, nonostante sia opportuno segnalare un sintomo di
insofferenza contro la scuola e i docenti salariati comunque dallo
Stato. E se si osserva bene il vero nocciolo della questione, oltre al
dirottamento da altri intoppi, è dare addosso alla istruzione pubblica
per giustificare non solo i licenziamenti, gli accanimenti contro i
precari, i mancati aumenti contrattuali e gli scatti di anzianità, ma
anche tutti gli altri dispositivi messi in atto per fiaccare la
resistenza degli operatori, a cominciare dalla valutazione del merito,
all'eccessivo peso dato al dirigente, svuotando di contenuto
decisionale il collegio, e finendo con la divisione sindacale. La
scuola pubblica in effetti non fa altro che rispecchiare la società con
tutte le sue contraddizioni e le sue asperità, sia nella composizione
sociale e sia nel sentire comune, essendo appunto aperta
indiscriminatamente a ognuno, sia nel reclutamento dei docenti e sia
della utenza. E se non fosse così sarebbe altro, sarebbe proprio scuola
privata che per la sua stessa natura ideologica deve avere un proprio,
peculiare progetto educativo, un suo intimo obiettivo formativo
da raggiungere, come potrebbe fare una comunità islamica che, scelti i
docenti secondo la propria fede e ottemperato ai vaghi programmi
ministeriali, “inculca” ai giovani il suo credo e la sua visione del
mondo. La libertà educativa, prevista dalla Costituzione, è anche
questa, ma senza oneri per lo Stato, perchè è nel suo ordinamento
statutario la formazione dei giovani, così come volle il Fascismo che
tolse alla chiesa questa specie di monopolio e che ora una certa destra
vorrebbe riconsegnare pur di avere qualche voto in più, dimenticando la
sua natura statalista e unitaria, compresa la gratuità. Parlare dunque
di libertà educativa a spese delle collettività significa pagare
docenti, strutture e organizzazione funzionali a una specifica
ideologia e a uno specifico progetto educativo, qualunque esso sia,
tant'è che i professori vengono reclutati da queste scuole non su
graduatorie oggettive e rigide avallate dallo Stato, ma sulla loro
formazione ideologica o il gradimento del direttore. Che senso avrebbe
infatti per una scuola islamica reclutare un docente leghista? O per
una scuola leghista un docente islamico? Non si svilirebbe quella
libertà educativa di cui parla, senza forse afferrare bene il suo
ruolo, anche la ministra della istruzione? Ma di più: implementando e
allargando la nascita di tante scuole funzionali a questa presunzione
di libertà, non c'è pure il reale rischio che possano sorgere tante
piccole agenzie formative, non solo in lotta fra di loro, ma anche in
conflitto ideologico come le bande violente delle periferie delle
metropoli? L'obiettivo di questa strana destra italiana sembra allora
quello di sganciare la scuola pubblica dai suoi interessi finanziari,
intanto per risparmiare su questa voce che interessa poco a chi si
appoggia ad altre agenzie educative come le Tv (come spiegare sennò che
il 33% degli studenti è disposto a prostituirsi per il lavoro e il
successo) e quindi lasciare che la massa faccia le sue scelte,
qualunque scelta, anche perchè le élite sanno bene dove
prepararsi per continuare a dirigere la società.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org