Sperare non fa
male e non costa nulla, ma meglio non illudersi. È di questi giorni la
notizia che il ministero dell’Istruzione avrebbe comunicato ai
sindacati la proiezione delle cattedre vacanti in vista del prossimo
anno scolastico: il numero è consistente, perché si tratta di 30.000
posti, e deriva principalmente dall’alta richiesta di pensionamenti
(oltre 27.000) da parte dei docenti a fine carriera. I restanti 3.000
posti liberi deriveranno dalla sottrazione dagli attuali 23.000 posti
vacanti dei 19.700 tagli previsti dalla terza ed ultima tranche della
Legge di risparmio 133/08. Su quest’ultimo punto, quello del
‘restringimento’ d’organico, il Miur ha già scoperto le carte:
procederà all’innalzamento di un decimo di punto del rapporto
alunni-classi, all’adozione del tempo scuola di 27 ore fino alle terze
classi della primaria, dove spariranno 4.700 docenti specialisti di
lingua inglese, che sommati all’eliminazione della compresenza durante
l’ora di religione riuscirà a risparmiare oltre 9.000 posti. Alle medie
si volatizzeranno, invece, 1.300 unità, a seguito della soppressione di
un’altra bella porzione di classi a tempo
prolungato.
Il risultato di queste complesse e tutt’altro che indolori
operazioni sono appunto i 30.000 posti cui fa riferimento viale
Trastevere. I sindacati hanno detto esplicitamente che si tratta di
posti potenzialmente “disponibili per le operazioni di nomina in
ruolo”. In base a quel che accaduto nell’ultimo biennio, però, appare
un’affermazione a dir poco ottimistica. Prima di tutto perché non si
tiene conto delle migliaia di docenti sovrannumerari che deriveranno
dall’entrata in vigore della riforma della secondaria superiore al
secondo anno, a cui si aggiunge la riduzione di altre due ore nelle
classi terze dei professionali e nelle quinte classi dell’istruzione
tecnica (passeranno anche loro a 32). La manovra – che lo scorso anno
lo Snals impugnò portando a casa una vittoria di principi ma senza
alcune esito pratico – produrrà migliaia di docenti privi di
titolarità, anche di ruolo, costretti a cambiare istituto, anche dopo
con decine di anni di anzianità.
Si tratta di una situazione che, soprattutto nel caso delle materie
tecniche e professionalizzanti, continuerà a lasciare a bocca asciutta
non pochi precari. Ai quali interesserà davvero poco sapere che in
altre classi di concorso siano tornate le disponibilità.
Considerando che nell’ultimo biennio i tagli reali sono stati inferiori
alle attese programmate, c’è già chi scommette che stavolta il
dicastero di Mariastella Gelmini non potrà permettersi di continuare a
“sfigurare” cadendo nello stesso errore. Anzi: il probabile boom di
sovrannumerari potrebbe anche arrivare ad erodere parte dei posti
vacanti sulla carta destinati ai precari.
Ed in ogni caso, anche qualora i posti liberi rimanessero i 30.000
annunciati, è il caso di ricordare che negli ultimi anni (all’insegna
del risparmio forzato) il Mef non ha di certo tenuto conto della loro
entità (del massimale di posti ‘papabili’) per decidere il numero di
assunzione a tempo determinato: anche la scorsa estate, ad esempio, a
fronte dei 33.000 vacanti ne furono decretati per il ruolo appena
10.000. Essere realisti, quindi, potrebbe essere la soluzione migliore
per non creare aspettative inutili nei tantissimi precari della scuola.
Nell’ultimo biennio molti di loro sono rimasti aggrappati alle
supplenze brevio al salva-precari. Ora, esporli ad un’altra delusione
sarebbe veramente troppo. Se poi i ruoli dovessero arrivare, allora
saremmo tutti contenti. (da La Tecnica della Scuola)
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