Qui tutti - studenti, professori e collaboratori - hanno un cartellino di
riconoscimento elettronico che serve per registrare la presenza, per tenere
aggiornato il percorso di studi, per predisporre la dieta di ognuno in base ai
bisogni e per segnalare eventuali allergie e problemi vari. Qui il percorso di
studi è personalizzato. Qui i ragazzi non formano un'unica classe fissa, ma si
raggruppano in modo differente in base alle materie: questo evita che si fissino
ruoli e dà ad ogni allievo la possibilità di emergere in un campo, sia esso la
matematica, la letteratura, lo sport, la musica, l'informatica.
Così la scuola piace, e gli studenti non l'abbandonano. Ed ecco che scatta la
punizione. Già perché, secondo i criteri adottati dal provveditorato, gli
incentivi vanno solo alle scuole dalle quali gli allievi fuggono. Criteri che il
preside della Petrarca Santo Gagliano contesta ritenendo che sia stato violato
il dettato di legge. Questa dice che vanno individuate le aree a rischio le cui
scuole, se vogliono, possono presentare progetti per contrastare la dispersione
e l'abbandono, progetti che devono essere valutati da un nucleo provinciale e
finanziati dalla direzione regionale. A Catania, invece, il Csa, ha indicato,
anzicchè le aree a rischio, le singole scuole scegliendole tra quante presentano
ripetenze e abbandoni pari o superiori al 4% del totale. Quota che, dopo sentite
proteste, è stata abbassata al 2%. Il nucleo di valutazione, inoltre, è composto
da funzionari del Csa, «inesperti e impreparati a valutare progetti di natura
didattica e pedagogica». Di qui l'esclusione della Petrarca da ogni beneficio,
eppure la scuola è ubicata in una delle zone a maggior rischio di devianza
minorile, come dicono i dati del tribunale per i minorenni. Una scuola dove
l'impegno dei docenti, e gli ottimi esiti che ha dato, viene punito anzicchè
riconosciuto e valorizzato e questo a vantaggio di chi non ha «fatto nulla per
prevenire e recuperare il disagio».
Ed ecco allora che il preside Gagliano prende carta e penna e,
provocatoriamente, scrive ai docenti della propria scuola per invitarli ad un
incontro urgente e riservato per «predisporre un elenco di alunni da bocciare o
da mettere nelle condizioni di non frequentare più». «E' necessario - scrive -
arrivare a circa 40/60 alunni dei quali almeno 30 di seconda e terza secondaria,
dove bocciare risulta più facile. Per la scuola primaria e per la prima
secondaria sarà invece opportuno creare le condizioni per l'abbandono». E
conclude. «Confido nella vostra collaborazione e nella capacità di tradire la
professionalità, i valori e il modo di vivere con cui abbiamo finora operato».