La
"giornata DiSAL" al Meeting di Rimini
è stato un interessantissimo evento di riflessione professionale
e di amicizia. In attesa di pubblicare il testo integrale, quì sotto
diamo un primo resoconto del seminario del mattino, con alcune immagini
dell'evento.
Al pranzo sociale hanno partecipato oltre 60 dirigenti scolastici,
rappresentanti di associazioni e dell'Amministrazione. Continua e
festosa la presenza di soci ed amici allo stand, dove sono andati a
ruba i manuali in preparazione al concorso ai quali DiSAL ha
collaborato.
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“C’è un futuro per la scuola italiana ?”: da questa provocazione, oggi
al Meeting dell’amicizia dei popoli a Rimini, è scaturito un
dialogo serrato con Norberto Bottani, analista internazionale dei
sistemi di istruzione e tra gli iniziatori del sistema di valutazione
europea OCSE-PISA. Intervistato da Alessandra Ricciardi,
responsabile di “Azienda scuola” – l’inserto settimanale di
ItaliaOggi – Bottani ha preso le mosse dal quadro della scuola italiana
disegnato dal quarto capitolo dell’ultimo Rapporto ISTAT 2010, proprio
dedicato ai dati sul sistema scolastico.
Un quadro fosco, costituito da situazioni di arretratezza, dal quale
Bottani ha preso le mosse, con le cifre già note sui livelli di
conoscenza dell’italiano nei vari ordini di scuola, per poi passare al
grave aumento della dispersione scolastica dopo la licenza media,
aumento che non può non interrogare seriamente rispetto al nostro
futuro: con oltre 1 milione di giovani tra i 15 e i 24 anni che
dichiara di non aver letto neanche un libro o di non aver mai
utilizzato il computer e con il ritorno a percentuali significative di
bocciati e dispersi; con poco più di 2 milioni di giovani tra i 15–29
anni (la “Neet” generazione) che non lavora e non studia.
L’incontro, proposto da DiSAL e ADI (associazioni professionali
rispettivamente di dirigenti scolastici e docenti) ed al quale erano
presenti presidi di scuole statali e non statali, operatori e politici
delle Amministrazioni Scolastiche e Locali, “ha avuto l’utilità – ha
sottolineato alla fine Roberto Pellegatta, presidente di DiSAL - di
mettere a fuoco alcuni “mattoni” sui quali costruire un reale
dialogo oltre gli steccati della politica e dell’ideologia (ancora
pesanti nella scuola italiana), per giungere a scelte dove studenti,
docenti, famiglie e realtà locali non siano strumenti per finalità
diverse, ma protagonisti dei propri percorsi formativi”.
Alessandra Cenerini, presidente di ADI, ha tenuto invece a chiarire che
“non si esce dalla crisi tutta nazionale della scuola con la difesa
dell’esistente, ma con una rivoluzione innanzitutto nella professione
docente, con il coraggio di colpire lo statalismo, insieme ai residui
privilegi (orario, organico, nomine), per piegare il funzionare delle
scuole alle attese degli alunni e delle comunità”.
Ripercorrendo, attraverso esperienze e vicende professionali personali,
Bottani ha risposto in modo originale alle questioni sollevate.
Sui livelli di apprendimento oggetto delle ultime indagini valutative,
ha ricordatop come già nel 1976 Visalberghi, allora direttore del CEDE
di Frascati, presentando all’allora ministro Malfatti i risultati della
prima partecipazione dell’Italia ad un’indagine campione europea sugli
apprendimenti degli alunni, notava tristemente come questi occupassero
la coda dei coetanei europei.
Il dialogo col pubblico, vivace e concreto come solo dei presidi
potevano esigere, ha scartato nettamente il falso dilemma, tipica del
dibattito italiano, se vengano prima le conoscenze o le competenza, per
riconoscere che la scuola dovunque e sempre si deve misurare solo sui
livelli di istruzione ai quali riesce a portare i propri studenti
Bottani ha sostenuto poi come la scuola media unica sia stata fino a
tutt’oggi l’unica riforma dall’epoca fascista, attribuendovi il merito
dell’elevamento dei livelli di istruzione popolari. Ma
contemporaneamente ha sostenuto con forza che questo compito della
scuola unica è terminato, dovendosi affrontare nuove forme di scuola
che tengano conto delle nuove fonti di apprendimento e della necessità
di “saper uscire dalla scuola per imparare”.
A proposito della questione sollevata dai dati ISTAT sulla dispersione
e disoccupazione tra i 15 ed i 29 anni (un quinto di questa non ha
titolo di studio del II ciclo e non ha lavoro: la “Neet generatoion”)
l’analista ha sostenuto che il livello più delicato e critico della
situazione scolastica nazionale rimane l’istruzione e formazione
tecnica e professionale, zoppicante, sempre più scolastica e teorica,
senza un “aspiratore sociale verso l’alto” che favorisca la
valorizzazione di tutto il comporta delle professioni tecniche, per
farlo uscire da stato di minorità che lo riduce (dagli anni ’80 in poi)
ad una scelta fatta da chi “non può andare al liceo”. Portando il
caso svedese, Bottani ha sollevato la mancanza poi di un valido sistema
di apprendistato come fattore che collabora a far crescere l’esclusione.
Sul tema “valutazione” ha ricordato l’altra arretratezza nazionale,
sulla quale attualmente in Italia lavora solo una piccola pattuglia,
purtroppo senza l’autonomia necessaria dall’apparato politico. Dopo la
sbornia dei “sistemi di qualità” che hanno “spennato” le scuole e
un’autovalutazione intesa come un generico “volersi tutti bene” è
giunta l’ora di una valutazione seria e sistematica su docenti,
dirigenti e sistema amministrativo dalla quale ognuno (in modo corretto
e trasparente) possa raccogliere le informazioni indispensabili per
gestire ogni anno la vita della scuola.
Nella prosecuzione del dibattito si è parlato poi di abolizione del
centralismo amministrativo e del servizio statale di istruzione (veri
residui di due secoli fa), di superamento dell’astrattezza della
formazione universitaria dei docenti estranea alle reali necessità
della scuola e della assenza di politiche familiari di sostegno alla
natalità, al compito educativo delle famiglie, al lavoro femminile,
così che le giovani donne non debbano fare salti mortali per conciliare
l’attenzione ai figli con il proprio lavoro.
Nella conclusione Pellegatta di DiSAL ha confessato di sentire come
“umiliazione personale” le difficoltà della scuola ricordate,
umiliazione dalla quale non si esce con tecniche o teorie, ma con
personali e appassionate assunzioni di responsabilità ad ogni livello
per un bene comune, tanto trascurato dalla politica e dalla società,
quanto vitale per la nazione, assumendo come impegno operativo delle
associazioni professionali ddei dirigenti e dei docenti presenti il
compito di delineare la “scuola del futuro