Sono più di 100mila i lavoratori che hanno
risposto alla chiamata della Cgil a Roma. Una manifestazione straordinaria, la prima
in attesa dello sciopero generale del 25 giugno, contro la manovra
economica del governo che scarica “Tutto sulle nostre spalle”, ovvero
sulle spalle più deboli.
Le spalle del personale della scuola, dei dipendenti statali, di quei
giovani (e meno giovani) precari che mandano avanti la macchina
pubblica e che di tutta risposta, a breve, si ritroveranno senza un
lavoro. E ancora, i pensionati, le donne, i giovani disoccupati. Tutti
in un unico grande serpentone colorato che, partendo da piazza della
Repubblica, attraversa le vie della Capitale fino al palco di piazza
del Popolo. (Tommaso Vaccaro da Dazebao)
Ma in questo caldo
sabato romano, non si sfila soltanto per la difesa dei salari o dei
tanti posti di lavoro messi a rischio dalla crisi e dalle sciagurate
politiche del governo. La posta in gioco è ben più alta, come ricorda
la segretaria della Funzione pubblica Cgil, Rossana Dettori, durante il
suo intervento. In ballo c’è “quell’universalità dei diritti” contro la
quale il governo Berlusconi ha scatenato una battaglia che dura ormai
da anni. Perché la “Manovra altro non è che un ennesimo attacco al
nostro patto costituente, alla nostra Carta costituzionale, nel solco
delle politiche realizzate in questi anni dal governo”. Un progetto
largo di disarticolazione e spappolamento del lavoro dipendente,
destinato a “scaricare sulle fasce più deboli il prezzo della crisi” e
a piegare i fondamenti della nostra democrazia.
E a Roma, sotto le bandiere della Cgil, della associazioni e dei
partiti che hanno aderito alla manifestazione, ci sono un po’ tutti gli
attori di questa democrazia oggi in pericolo. Ci sono i lavoratori
della Fiat di Pomigliano d’Arco, minacciati e ricattati dai vertici
dell’azienda; ci sono i lavoratori della polizia di Stato del Silp, il
cui impegno nella lotta alla criminalità è messo duramente a rischio
dai bassi salari, dalla carenza di organico e di strutture, e da una
legge sulle intercettazioni che favorisce le mafie e le “cricche”; ci
sono i ricercatori degli enti cosiddetti “inutili”, soppressi dalla
sera alla mattina con estremo danno per il funzionamento e il prestigio
del paese. E ancora sfilano i precari della ricerca scientifica e
tecnologica senza la quale, come recita lo striscione esposto sulla
terrazza del Pincio, si “spegne il futuro”.
Il personale scolastico Ata sfila al fianco dei docenti, anche perché
comuni sono le loro sorti stabilite per decreto dal governo. Gli
ennesimi tagli alla scuola pubblica (dai 29mila a 42mila euro medi per
persona durante tutta la carriera), “regaleranno” 12 mesi di lavoro
gratis al personale scolastico di tutti i livelli. E anche qui, il
progetto di fondo è chiaro e lo indica Domenico Pantaleo, segretario
generale della Flc Cgil, durante il suo intervento alla manifestazione.
«Il fine ultimo del ministro Gelmini è quello di privatizzare il
sistema – afferma, aggiungendo poi – non siamo disponibili a vedere la
scuola, l'università e la ricerca ridotti in questo stato”.
Un tema ripreso anche da Angela Biondi, di Slc/Cgil, che ricorda come:
“Il Governo, questo Governo, sta mettendo in atto provvedimenti per
addormentare il Paese, per limitare l'autonomia delle donne e degli
uomini”. Per farlo, continua la dirigente sindacale dal palco di Piazza
del Popolo, “azzera i finanziamenti alla cultura, imbavaglia la stampa,
impedisce nei fatti il lavoro di indagine della magistratura e delle
forze dell'ordine”.
Ma un paese in crisi, il nostro paese, ha bisogno di ben altro.«Ha
bisogno di un manovra di correzione dei conti pubblici. Ma non di
questa manovra» dice Guglielmo Epifani in chiusura di giornata. Perché
questa manovra, aggiunge il leader della Cgil, «la paghiamo soltanto
noi, non è giusto e questo deve finire». Con questa manovra «vengono
colpiti soprattutto i lavoratori del pubblico impiego, la Scuola,
l'Università, la ricerca» ma anche i lavoratori del settore privato.
«Chi è che non paga ? Non paga - afferma il segretario generale della
Cgil - chi guadagna tra i 100.000 euro e il milione di euro. Chi ha
yacht, panfili, chi specula non paga neanche un centesimo». Se il
problema è salvare il paese, aggiunge Epifani, «perché a pagare è solo
un parte, quella che già tira la caretta, che non arriva a fine mese.
Perchè?». La manovra del Governo non «è una manovra europea». Gli altri
paesi europei, infatti, sottolinea Epifani, «fanno cose diverse». La
manovra del Governo «è una manovra troppo tremendamente provinciale, di
comodo». La Cgil direbbe si ad una manovra nella quale c'è «più rigore,
più serietà, più responsabilità, più unità del paese, più occupazione
per i giovani, più investimenti, più giustizia fiscale, più diritti
uguali per i lavoratori e gli immigrati, più dignità nel pubblico
impiego e nel lavoro privato».
Ma per restituire dignità al lavoro, bisognerebbe innanzitutto
rispettare la Costituzione della Repubblica ed applicarsi affinché il
suo articolato diventi la chiave del rilancio dell’Italia. Una chiave
che il governo Berlusconi è intenzionato a distruggere.