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News: I GRANDI MAESTRI DELLO SPIRITO:DON LEONARDO ZEGA

Comunicati
Per 18 anni, dal 1980 al 1998, milioni di lettori si sono "confessati" con don Leonardo Zega sulle pagine di Famiglia Cristiana, di cui era direttore. Siglava i "Colloqui col padre" semplicemente con d.l. Scelta obbligata, per distinguersi dal suo predecessore don Zilli (d.z.), con cui aveva in comune l’iniziale del cognome. Da don Zilli, morto all’improvviso dopo i postumi di un incidente in auto, ereditò la direzione del giornale e la rubrica più seguita dai lettori.

«Non pensavo mai», scrisse nel primo numero da direttore, «di dover raccogliere, in maniera così improvvisa e drammatica, un’eredità così pesante». Ma don Zega seppe conquistarsi subito la simpatia dei lettori, con i quali ha stabilito un lungo rapporto di amicizia e affetto. Sentimenti ampiamente ricambiati negli anni. Fino alla sua morte, anch’essa imprevista, il 5 gennaio 2010, di ritorno da un viaggio in Medio Oriente. Lo testimoniano i tantissimi messaggi che, tra rimpianti e nostalgie, ne esaltano la figura e le doti di grande comunicatore.

Il giornale e i lettori erano la sua vita. «Se posso dire di aver amato qualcosa», ha confidato don Zega nell’omelia della Messa per i suoi 80 anni (un vero e proprio "testamento spirituale"), «è stato questo contatto diretto, che ho tenuto per molti anni, con i lettori, in cui ho sempre cercato di defilarmi un po’ per far parlare il Vangelo, per far parlare la gente: ascoltarla, sentirla, darle spazio, darle voce. E poi aspettare le reazioni, senza pretendere di insegnare niente a nessuno, perché uno solo è il vostro Maestro, Cristo. Così è scritto nei Vangeli». E aggiungeva: «Ho imparato la vita più dalle "confessioni" dei lettori che dalla mia attrezzatura professionale di prete e giornalista; più dai loro dubbi che dalle mie certezze».

Senza mai salire in cattedra, senza la pretesa di avere la soluzione pronta a ogni quesito, con animo fraterno e tono confidenziale, don Zega aiutava i lettori a riflettere. A trovare una possibile via d’uscita a ogni problema. Anche il più ingarbugliato. Non gli piacevano le "verità preconfezionate". Da qualunque parte provenissero. Semmai, si macerava nel cercare la risposta più consona. Oppure, alzava il telefono per chiedere una consulenza a un amico o a un esperto. Aveva una cura maniacale nello scrivere: voleva che tutto fosse chiaro, senza ambiguità. Segno di grande rispetto per chi si rivolgeva a lui. Prendeva a cuore dubbi, pene e speranze. Scriveva e riscriveva, sempre a mano, con una calligrafia impossibile a decifrare. Soprattutto quando i fogli si riempivano di correzioni, cancellature, rimandi, asterischi e pezzi aggiunti con lo scotch. Il risultato finale era da incanto. Andava dritto al cuore. Toccava le corde più intime dell’animo umano.

Don Zega con don Antonio Mazzi e don Antonio Sciortino, suo successore alla direzione.
Don Zega con don Antonio Mazzi e don Antonio Sciortino, suo successore alla direzione.

Per i problemi di etica, soprattutto sessuale, don Zega sapeva mostrare il volto materno e misericordioso della Chiesa. Non solo il ruolo di maestra. Aiutava a ragionare con la propria testa. Ad avere forti convinzioni umane e religiose. A credere non per consuetudine, ma per convinzione. Sempre liberi mai schiavi di nessuno. Secondo coscienza. «Perché la coscienza», scriveva, «se è onesta e ben illuminata, è più esigente di qualsiasi legge».

Si sentiva «libero e fedele in Cristo». Applicava alla sua persona la felice espressione di padre Haering, per tanti anni teologo di Famiglia Cristiana. Rispettava le gerarchie ecclesiastiche, ma rifuggiva da ogni forma di piaggeria e appiattimento. «Se quando scrivo», ricordava, «penso che ho davanti a me la massa dei cristiani più o meno credenti, più o meno fedeli, più o meno praticanti, mi preoccupo assai meno di trasferire meccanicamente quello che ha detto il Papa o i vescovi o i documenti. Cerco di mediare e usare un linguaggio che, senza tradire i princìpi, tenga presenti le esigenze concrete delle persone».

Così spiegava il suo ruolo: «Il Padre ascolta, chiarisce, consiglia, discute; ma non giudica, non assolve, non condanna. Anche se lo spaccato che ne viene fuori è quasi una "confessione". Il Padre aiuta a capire meglio il mondo in cui viviamo, a leggere "dal di dentro" come gli uomini, le donne, le ragazze e i ragazzi dei nostri giorni giudicano la famiglia, che cosa si attendono da essa, quali sono i suoi punti di forza, le sue fragilità, le sue frustrazioni».

Antonio Sciortino
da www.famigliacristiana.it








Postato il Mercoledì, 24 marzo 2010 ore 00:05:00 CET di Filippo Laganà
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