L'associazione per il rispetto di tutte le religioni
ritiene, fra le altre cose, che il testo di Dante "contiene la prima
teorizzazione dell’antisemitismo fascista, offende la religione
cristiana, è omofoba, svilisce l’importanza di talune città, ecc
Il testo
della petizione inviata alla ministra Gelmini:
Ill.mo Signor Ministro,
un numero crescente di cittadini italiani di religione islamica,
insieme all’Associazione tosco-emiliana per la difesa delle tradizioni
cittadine e alla Federazione GGR (Gruppi Gay Riuniti) chiede di
espungere la ‘Divina Commedia
Redazione
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L’ARRE – Associazione per il rispetto di tutte le religioni e la
convivenza pacifica delle etnie culturali – presieduta dal Prof. Franco
Romano – Presidente onorario Sergio Cardini – dopo attenta e meditata
valutazione e, in seguito alle sollecitazioni pervenute da ogni parte
d’Italia, ha deciso di inoltrare al Ministro della P.I, Maria Stella
Gelmini, la seguente petizione.
Ill.mo Signor Ministro,
un numero crescente di cittadini italiani di religione islamica,
insieme all’Associazione tosco-emiliana per la difesa delle tradizioni
cittadine e alla Federazione GGR (Gruppi Gay Riuniti) chiede di
espungere la ‘Divina Commedia’ – un poema, oltretutto, scritto in una
lingua non più comprensibile dalle nuove generazioni – dai programmi
d’insegnamento di ogni ordine di scuole. Quello che si ritiene, a
torto, il capolavoro della letteratura italiana, infatti, contiene
centinaia, se non migliaia, di versi che violano ogni political
correctness, offendono gravemente non poche minoranze di cittadini,
legittimano pesanti discriminazioni nei confronti dei diversi,
rappresentano una intollerabile violazione dei ‘diritti soggettivi’
vanificati dal mancato rispetto della dignità delle persone. La ‘Divina
Commedia’
- offende le religioni non cristiane. V. il Canto XXVIII dell’Inferno:
«Mentre che tutto in lui veder m’attacco,/guardommi, e con le man
s’aperse il petto,/dicendo: ‘Or vedi com’io mi dilacco!/vedi come
storpiato è Maometto!/Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel
volto dal mento al ciuffetto» dove all’empio dileggio nei confronti del
Profeta dell’Islam si unisce lo scherno;
- contiene la prima teorizzazione di quel becero antisemitismo che
ispirò, nel 1938, le famigerate leggi razziali di Mussolini. V. il
Canto V del Paradiso, non a caso abbondantemente citato dalla fascista
‘Difesa della Razza’: «Se mala cupidigia altro vi grida,/uomini siate,
e non pecore matte,/sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!»;
- offende la stessa religione cristiana con espressioni violente che
farebbero arrossire gli stessi atei razionalisti, da Piergiorgio
Odifreddi a Margherita Hack. V. il Canto XIX dell’Inferno: «la vostra
avarizia il mondo attrista,/calcando i buoni e sollevando i pravi/Di
voi pastor s’accorse il Vangelista,/quando colei che siede sopra
l’acque/ puttaneggiar coi regi a lui fu vista/ quella che con le sette
teste nacque,/e da le diece corna ebbe argomento,/fin che virtute al
suo marito piacque»;
- legittima le concezioni più retrive, avanzate nei secoli dalla
medicina ufficiale nonché dalla filosofia e dalle teologia morale,
sull’anormalità di determinate pratiche sessuali. E, quel ch’è peggio,
sembra attribuire tali pratiche soprattutto alla ‘repubblica dei
dotti’, rafforzando, in tal modo, un antico pregiudizio
antintellettualistico e plebeo. V.,a riprova, il Canto XV dell’Inferno:
«In somma sappi che tutti fur cherci/e litterati grandi e di gran fama,
/d'un peccato medesmo al mondo lerci»;
- getta ogni sorta di discredito morale su antiche e nobili città.
Ricordiamo solo quel che vien detto di Firenze («ingrato popolo
maligno/che discese di Fiesole ab antico»), nel Canto XV dell’Inferno;
di Pisa («Ahi Pisa, vituperio de le genti/del bel paese là dove 'l sì
suona,/poi che i vicini a te punir son lenti,/muovasi la Capraia e la
Gorgona,/e faccian siepe ad Arno in su la foce,/sì ch'elli annieghi in
te ogni persona!») nel Canto XXXIII, oggi in mano alla Procura di
Milano per accertare se la declamazione di tali versi in pubblico –
scuole o piazze – possa configurare il reato di istigazione a
delinquere, aggravato dallo stragismo; di Bologna («Del nostro ponte
disse: «O Malebranche,/ecco un de li anzïan di Santa Zita!/ Mettetel
sotto, ch'i' torno per anche/a quella terra, che n'è ben fornita:/ogn'
uom v'è barattier, fuor che Bonturo;/del no, per li denar, vi si fa
ita») nel Canto XXI, in cui si getta fango a piene mani su
una delle città più prestigiose della penisola, una città sede della
più antica Università italiana e che ha dato alla patria
giuristi, letterati, scienziati di altissima cifra intellettuale.
Alcune associazioni hanno denunciato all’ARRE altri aspetti della
‘Divina Commedia’ che, tuttavia, non si possono prendere in
considerazione, ispirandosi la nostra Associazione alla più ampia e
rispettosa tolleranza di tutte le opinioni, di tutte le filosofie, di
tutte le fedi. Citiamo solo due ‘capi di accusa’ che si è
ritenuto di dover respingere:
- l’antiscientismo di Dante, consegnato ai versi del Canto III del
Purgatorio: «State contenti, umana gente, al quia;/ché, se potuto
aveste veder tutto,/mestier non era parturir Maria;/e disïar vedeste
sanza frutto/tai che sarebbe lor disio quetato,/ch'etternalmente è dato
lor per lutto:/io dico d'Aristotile e di Plato/e di molt' altri»; e qui
chinò la fronte,/e più non disse, e rimase turbato». Sembra evidente al
Comitato scientifico dell’ARRE che non può essere imposto
nell’insegnamento pubblico il culto dei ‘lumi’, della scienza e il
correlato rifiuto di qualsiasi dogma religioso;
- l’antimodernismo, espresso in più luoghi ma, in particolare, nel
Canto XV del Paradiso, dove il poeta sfoga il suo passatismo di
‘laudator temporis acti’ dando la parola all’antenato
Cacciaguida:< Fiorenza dentro da la cerchia antica,/ond' ella
toglie ancora e terza e nona,/si stava in pace, sobria e pudica./Non
avea catenella, non corona,/non gonne contigiate, non cintura/che fosse
a veder più che la persona./Non faceva, nascendo, ancor paura/la figlia
al padre, ché 'l tempo e la dote/non fuggien quinci e quindi la
misura./Non avea case di famiglia vòte;/non v'era giunto ancor
Sardanapalo/a mostrar ciò che 'n camera si puote>. E’ vero che in
questo Canto trapelano i soliti pregiudizi sessisti e
antifemministi di Dante (le donne a casa, a far la calza!),
nonché le sue ossessioni relative alle ‘sregolatezze sessuali’, ma va
anche considerato che la critica del lusso, dei consumi superflui,
dell’eccessiva libertà data a mogli e figlie non può venire messa fuori
legge..
Abbiamo voluto ricordare queste ultime due riserve – trasmesse
all’Associazione ‘Giordano Bruno’, all’Istituto Bruno Leoni, al Gruppo
Amici di Margherita Hack, che ci avevano inoltrato analoga richiesta di
depennare l’opera dantesca dai programmi scolastici – a riprova della
nostra imparzialità e dell’assenza di qualsiasi pregiudizio nei
confronti del presunto ‘divin poeta’.
I punti discutibili e pericolosi della ‘Divina Commedia’ da noi
messi in evidenza, invece, sono talmente gravi da indurci non solo a
far pervenire alla S.V. la nostra istanza di cancellarla
dall’insegnamento, medio, liceale e universitario, ma a fondare il
Movimento antidantesco, con sezioni in ogni provincia della penisola,
allo scopo di sensibilizzare il paese a un problema che ormai si
protrae da troppo tempo.
Certi dell’attenzione per le nostre buone ragioni, inviamo i
nostri più deferenti saluti
Per il Presidente dell’ARRE
Il Segretario organizzativo
Dino Cofrancesco