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Umanistiche: LE CRITICHE DI KUHN AL FALSIFICAZIONISMO DI POPPER

Rassegna stampa

Le critiche di Thomas Kuhn al falsificazionismo di Karl Popper

di Stefano Gattei*

Popper afferma che gli scienziati propongono le loro teorie e poi le sottopongono a controllo: da qui l’idea della crescita della conoscenza come continuo rovesciamento di idee. Secondo Kuhn, invece, gli scienziati premettono una 'costellazione' di teorie condivise e accettate dalla comunità scientifica (il ‘paradigma’), e poi sottopongono a controllo non tale costellazione, ma la loro personale abilità e ingegnosità nel risolvere i rompicapo che la ricerca incontra. Un eventuale fallimento si riflette dunque su di loro, non sulla teoria. Soltanto raramente un ripetuto insuccesso nel tentativo di inquadrare i problemi nella teoria porta a muovere qualche sospetto sulla validità della teoria stessa.

Scienza normale e scienza rivoluzionaria

Le rivoluzioni nel senso di Kuhn sono episodi molto rari nella storia della scienza. Ecco perché, a suo parere, Popper ha caratterizzato l’intera attività scientifica in termini che si riferiscono soltanto alle sue occasionali componenti rivoluzionarie, trascurando totalmente i più ampi periodi di ‘scienza normale’ in cui, di fatto, il tipo di controlli cari a Popper non ha luogo.

Per Popper la scienza è un caso particolare del processo attraverso il quale impariamo dai nostri errori. Vero, risponde Kuhn: ma l’apprendimento dai propri errori ha senso soltanto sullo sfondo di un insieme di regole e di procedure accettate, le quali possono essere usate per isolare e per identificare un singolo fallimento nell’applicarle. Dunque, per Kuhn, l’apprendimento dai propri errori trova posto soltanto durante i periodi di scienza normale.

Quanto alla ‘falsificazione’, Kuhn osserva che non c’è alcun criterio esclusivamente logico che possa completamente dettare le conclusioni che gli scienziati devono trarre quando si trovano di fronte a quella che chiama ‘anomalia’, ovvero a un mancato accordo tra paradigma e dati sperimentali. Dobbiamo, in altre parole, volgere la nostra attenzione a un’indagine di tipo psicologico, o sociologico, della comunità scientifica, descrivendo il sistema di valori e le istituzioni attraverso cui tale sistema è trasmesso e rinforzato. Anziché parlare di ‘confutazione’, Kuhn parla di un paradigma che non è in grado di sostenere una tradizione di soluzione di rompicapo. Quando un numero sufficientemente grande di scienziati si convince di questa incapacità, essi decidono di trasferire il loro commitment nei confronti di un nuovo paradigma (se è disponibile), in grado di mantenere le promesse che il primo non era riuscito a mantenere.

Il progresso scientifico non coincide con la 'verità'

Ma la differenza fondamentale tra gli approcci filosofici di Kuhn e di Popper risiede forse nel ruolo diverso da loro attribuito al concetto di verità. Agli occhi di Popper, che difende la definizione tarskiana di verità come corrispondenza, essa deve costituire l’idea regolativa di ogni ricerca scientifica, il termine ultimo cui ogni scienziato deve mirare, senza poter mai avere la sicurezza di averlo raggiunto. Per Kuhn, al contrario, occorre abbandonare tale concezione (tradizionale): non soltanto non è possibile stabilire un accordo tra le proposizioni teoriche e i fatti, dovendo accontentarsi di un accordo tra le proposizioni che descrivono tali fatti e quelle che costituiscono il sistema teorico di riferimento; ma è del tutto fuorviante intendere la crescita della conoscenza scientifica in termini di un progressivo avvicinamento alla 'verità': la nostra conoscenza cresce in rapporto a quanto sapevamo prima di una nuova scoperta, non in relazione a un ipotetico e difficilmente quantificabile termine ultimo cui continuamente tendiamo.

La comunità scientifica 'chiusa' dentro gli schemi del paradigma

Se per Popper il processo di controllo di una teoria costituisce un caso particolare di quella continua discussione critica dei fondamenti la cui presenza è l’unica in grado di garantire alla scienza il suo carattere razionale, senza farla cadere nel dogmatismo, per Kuhn la storia suggerisce che è proprio l’abbandono del discorso critico che segna la transizione a una scienza. Lo scontro riguarda dunque gli assunti di fondo del falsificazionismo. Popper insiste sulla natura razionale della scienza, caratterizzata dall’apertura mentale che le permette di autocorreggersi e di progredire. Estrema flessibilità di pensiero e audacia creativa vengono bilanciate da un’inesorabile richiesta di confutabilità delle nostre ipotesi. Gli scienziati, secondo Popper, dovrebbero sforzarsi di confutare le loro teorie anziché andare alla ricerca di conferme in loro favore. Il marchio dell’onestà intellettuale risiede nell’essere in grado di dire in anticipo a quali condizioni si sarebbe pronti a rinunciare alla propria teoria. Senza badare a irrilevanti considerazioni sul significato, Popper è fermamente convinto che le teorie scientifiche avanzino verso una sempre migliore corrispondenza con la realtà.

Kuhn sembra invece dipingere, per contrasto, l’immagine di una comunità scientifica come una ‘società chiusa’ (à la Popper), di persone con una mentalità chiusa, vincolati a certi modelli procedurali, i paradigmi, che guidano la loro attività teorica e sperimentale. I professionisti di una data disciplina scientifica tentano di inquadrare la natura negli schemi forniti dal paradigma; le rivoluzioni sono eventi abbastanza rari, prodotti di solito dal fatto di non essere riusciti ad assimilare e ad analizzare i fatti nei modi suggeriti dal paradigma. Le rivoluzioni, inoltre, sono processi simili a conversioni religiose, e portano i membri di una comunità scientifica all’impegno vincolante nei confronti di un nuovo insieme di teorie, di pratiche e di metodi. Radicali, ma più spesso sottili cambiamenti nel significato dei termini teorici chiave fanno sì che gli scienziati legati al nuovo paradigma riescano a stabilire una comunicazione soltanto parziale con gli scienziati legati a un precedente paradigma. Sebbene alcuni di questi cambiamenti possano portare a effettivi miglioramenti nel livello di comprensione della natura, Kuhn non parla di un progresso verso la verità. Così facendo, egli allora minaccia seriamente l’immagine razionale della scienza che Popper e i suoi allievi avevano cercato di costruire.

*Ha insegnato Storia e Filosofia della scienza presso le università di Padova, Pisa, Vercelli, Milano e Lucca. Attualmente è Research Associate Scholar presso il Dipartimento di Filosofia della Columbia University, New York.









Postato il Mercoledì, 15 aprile 2009 ore 00:05:00 CEST di Salvina Torrisi
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