E vennero gli spot televisivi e radiofonici sulla scuola, a sostegno della riforma Moratti, dal 17 aprile Legge dello Stato: "Abbiamo sentito gli insegnanti, abbiamo sentito le famiglie, abbiamo sentito gli studenti...". Non sappiamo se gli studenti e le famiglie siano stati effettivamente sentiti (non sembra), ma per quanto riguarda gli insegnanti sicuramente nessuno li ha interpellati. Addirittura, quasi tutte le associazioni di categoria, sindacati compresi, sono contrari a questa riforma, mentre si attendono di essere almeno chiamati per stabilire, collegialmente, i decreti attuativi che poi sono gli elementi fondanti la Legge stessa.
I dirigenti nazionali della Fnism, la prima associazione di categoria fondata da Gaetano Salvemini nel 1901, ci hanno espressamente detto che da parte del Miur non è stato richiesto il loro parere, anche se esprimono la loro disponibilità a collaborare per la formulazione dei decreti attuativi al fine di tentare aggiustare qualche evidente abbaglio. Stesso discorso ha fatto Panini, della Cgil-scuola, il Cidi, Proteofaresapere e molti altri. E allora: chi ha sentito il Minstro per varare una riforma veramente, come con termine brutto Moratti stessa ha detto, "bipartisan?" E perché si è evitato il dibattito parlamentare, in considerazione che è una legge che riguarda l'intera Nazione? Qualche dirigente sindacale affermava che, qualora il governo del Paese passasse al centrosinistra, si sentirebbe sinceramente legittimato a impegnarsi per far votare una nuova legge di riforma, cosicché la scuola diventerebbe una sorta di terra di nessuno e di dominio dei vari partiti e delle varie maggioranze. Certamente non è del tutto democratica la determinazione con cui il Governo ha chiesto la delega per una riforma, non solo così importante, ma anche così delicata per il futuro dei giovani, non curandosi di interpellare nessuno, nemmeno le rappresentanze parlamentari di minoranza. E allora appare credibile il sospetto che vuole la scuola fruibile e condizionabile solo per fini politici e non per fini di cultura e di crescita democratica e civile. Che si vuole fare allora di questa istruzione? A chi e per che cosa sarebbe funzionale, considerato che l'intero testo di riforma è composto (fonte Tuttoscuola) di 4.606 parole, mentre gli ordini del giorno votati alla Camera e al Senato, per chiedere la delega, sono in tutto 13.225: tre volte tanto?
Forse per questo gli spot che stanno passando in questi giorni alla Tv e alla radio sono così patinati, cattivanti e soprattutto senza contraddittorio, e forse pure con un po' di bugiarderia, a leggere la lettera di una insegnante dell'Alberghiero di Roma che giura essere stato girato in quella scuola il film, dopo avere riverniciato le mura, e non in una elementare cui si riferisce il testo.
Ma al di là dei luoghi pubblicitari, il mito tutto italiano di Romolo e Remo, quello della lotta fratricida per il potere e che continuò fra guelfi e ghibellini, comuni e signorie, fascisti e partigiani, ancora sopravvive nelle pieghe di una riforma, da decenni attesa e richiesta, ma che già al suo primo vagito suscita controversie e presumibili infanticidi, come quello commesso nei confronti della Berlinguer-De Mauro.
PASQUALE ALMIRANTE