dal sito " La Repubblica "
di FRANCESCA CAFERRI
CHE non avesse paura di dire quello che pensa lo si sapeva da tempo. Che non si
facesse fermare dalle minacce anche. Che fosse pronta a rischiare un secondo
esilio irritando ancora una volta i settori più conservatori della comunità
musulmana un po' meno.
A dodici anni dalla fatwa che la colpì per il suo primo romanzo Lajja (in
italiano Vergogna) e la costrinse a lasciare il suo paese, il Bangladesh, la
scrittrice Taslima Nasreen rischia un nuovo esilio: a volersi liberare di questa
intellettuale irriverente, sempre pronta a denunciare violazioni dei diritti e
oppressioni, soprattutto quelle compiute in nome della religione sulle donne,
sono questa volta i musulmani dell'India, paese dove la Nasreen vive sotto la
protezione di una ventina di guarda spalle da quando ha lasciato la sua patria.
Le ire del All India Muslim Personal Law Board (Aimplb, massima istituzione
giuridica della comunità musulmana) contro l'autrice si sono scatenate dopo un
articolo pubblicato nei giorni da Outlook, uno dei settimanali più diffusi del
paese. Polemicamente intitolato "Bruciamo il burqa" - ma quando è esplosa la
polemica il giornale ha sostituito il titolo sul sito internet con un più cauto
"Ripensiamo il burqa" - il testo spiega che l'uso di costringere le donne a
coprirsi è il frutto di un problema tutto maschile (quello dell'eccitamento che
li coglie alla vista delle donne) e che è uno strumento per mantenerle in stato
di sottomissione e oppressione. Risultato: le donne dovrebbero smettere di
conformarsi a questa abitudine, imposta loro centinaia di anni fa.
Argomentazioni più che sufficienti per scatenare le ire dei musulmani più
conservatori: a nome del Aimplb, Kamal Farooqi, uno dei membri del consiglio
direttivo dell'associazione, ha dichiarato il pezzo "offensivo e denigratorio" e
chiesto al governo indiano di "cacciare fuori dal paese la scrittrice", il cui
visto per risiedere in India scade il 17 febbraio. Farooqi ha anche promesso che
il suo gruppo invierà presto una formale richiesta in materia al ministero degli
Esteri indiano.
Poche ore dopo, due gruppi di donne appartenenti ad associazioni femminili
islamiche hanno inscenato una manifestazione presso due sedi locali di Outlook
per esigerne le scuse. Il settimanale ha fatto sapere che la scrittrice gode del
supporto della redazione, ma nel giro di poche ore ha modificato il titolo
dell'articolo sul suo sito internet.
Da parte sua il governo indiano ha preferito fino a questo momento ignorare la
questione: l'episodio della Nasreen arriva infatti in un momento particolarmente
delicato nelle relazioni fra la comunità hindù e quella musulmana. Le
manifestazioni di rabbia esplose nel paese all'indomani della condanna a morte
di Saddam Hussein sono degenerate nel fine settimana, provocando un morto e
diversi feriti a Bangalore, capitale tecnologica dell'India e vetrina di tutto
il potenziale dell'India del futuro secondo il partito del Congresso al potere.
Ieri la polizia è dovuta intervenire per bloccare gruppi di nazionalisti hindù
che volevano scagliarsi contro i musulmani: le scuole sono rimaste chiuse per
l'intera giornata e il lavoro di alcuni call center è stato bloccato. Segnale
preoccupante per un paese che sempre più cerca di accreditarsi all'estero come
potenza economica e democratica nello stesso tempo ma che, negli ultimi anni ha
visto aumentare sempre più la tensione fra la maggioranza hindù e la minoranza
musulmana (circa il 10% del miliardo di abitanti).
In questo quadro si inserisce la vicenda della Nasreen: episodio secondario
all'apparenza, ma le cui ripercussioni rischiano di far crescere ulteriormente
la tensione inter-religiosa in India.
(23 gennaio 2007)
L'INTERVISTA. Parla la scrittrice:
"I fondamentalisti non rappresentano la comunità" "Non fuggirò in Europa
questo non è il vero Islam"
La scrittrice Taslima Nasreen
TASLIMA Nasreen non è tipo da farsi spaventare. Se lo fosse, dopo essere stata
costretta a lasciare il Bangladesh negli anni '90, di fronte alle minacce e agli
insulti che periodicamente le arrivano in India avrebbe già accolto gli inviti a
trasferirsi che le sono arrivati da numerosi governi europei. Ma lei vuole
restare nel paese d'adozione, "dove mi sento come a casa, visto che a casa mia
non posso starci" e dove vive protetta da un fitto sistema di sicurezza.
Signora Nasreen, ci risiamo: un gruppo di fondamentalisti islamici chiede di
nuovo la sua espulsione. Immagino se lo aspettasse quando ha scritto quell'articolo
per Outlook: non è la prima volta che accade.
"A dire il vero quando scrivo non lo faccio pensando alle reazioni che
susciterò: ma certo non sono sorpresa. Ciò detto, io scrivo quello che penso e
penso che in alcuni casi la situazione delle donne nell'Islam sia di
oppressione. L'obbligo di indossare un burqa è per me uno di questi casi".
Lei è ospite dell'India da quando ha lasciato il Bangladesh per le minacce degli
integralisti. Ma anche nel suo nuovo paese ha avuto molti problemi e vive sotto
sorveglianza: non si sentirebbe più libera trasferendosi in Europa?
"Dipende da cosa intende. Io voglio vivere in una parte di mondo che risponde
alla mia cultura e con la gente di cui scrivo. Credo che la mia azione sia molto
più efficace da qui di quanto non lo sarebbe in Europa".
Il governo indiano le ha espresso solidarietà dopo questo attacco?
"No, non c'è stata nessuna reazione ufficiale. Gli intellettuali sono con me, il
governo non so: lo scoprirò presto, visto che il 17 febbraio scade il mio
permesso di soggiorno in India e potrebbero decidere di non rinnovarmelo".
Delusa del mancato supporto?
"No, me lo aspettavo. Hanno bisogno del voto dei musulmani e cercano di
compiacerli: ma ascoltando solo le frange estremiste fanno un grave errore".
Parla di frange estremiste, ma in India la comunità islamica è molto più aperta
e tollerante che altrove...
"Non voglio generalizzare, ma il fondamentalismo è in crescita in ogni parte del
mondo e non si può più dire che in una zona è pericoloso e nell'altra no. È un
virus che viaggia da un paese all'altro e che si combatte solo con l'educazione,
l'uguaglianza e dividendo lo stato dalla religione. Un concetto che pochi
governi, compresi quelli europei, hanno afferrato: gli estremisti sono una
minoranza fra i musulmani, ma molti stati e governi li considerano
rappresentanti di intere comunità, solo per cercare di tenerli buoni. Questa è
una politica che non paga, bisognerebbe affrettarsi a capirlo".
(fr. caf.)
(23 gennaio 2007) Torna su