Era
sopraggiunta la primavera anche nel paesino dei Nebrodi, dove abitava
‘u zu Carmine con la sua famiglia. Nella stalla, a riposare, vi era il
suo più grande amico, il giovane asino, Ciccineddu, che frugava dalla
mangiatoia il pugno di fave che il suo padrone gli aveva lasciato e
lui, riconoscente, li mangiava con tanto gusto.
La primavera era la stagione che ‘u zu Carmine e Ciccineddu preferivano.
Da poco era finito l’inverno e già incominciavano le giornate piene di
sole, ma non vi era ancora il caldo “affannoso” dell’estate.
‘U zu Carmine sentiva il desiderio di avere delle giornate tutte per
sé, e, naturalmente, in queste “giornate desiderate” vi era incluso
Ciccineddu, il suo giovane e fedele asino.
‘U zu Carmine trovò, in modo elegante, le parole adatte per comunicare
alla sua famiglia che doveva assentarsi per un paio di giorni per
recarsi in campagna nella contrada delle “Ciappe”, nel territorio del
Comune di Cesarò. Egli si rivolse alla moglie dicendo: “Dumani matina,
ccu sceccu vaiu a cuntrullari a terra di’ Ciappi”.
Le “Ciappe” erano una zona di campagna un po’ più lontana dal paese,
dove ‘u zu Carmine aveva un appezzamento di terra in cui vi erano molte
piante di mandorle, pergolati di uva, piante di fico.
La caratteristica per cui la zona si chiamava “Ciappe”, era dovuta ad
una piccola collina dove, dalla parte in cui defluiva il fiume, nella
terra vi era “incastonata” una grossa lastra di pietra, e dove, alla
base del terreno, fuoriusciva una sorgiva d’acqua così fresca e
naturale che era meta di tutti i proprietari della zona ed anche di
quelli che erano di passaggio.
Così l’indomani mattina, partirono dal paesino nebroideo, sia il
padrone che l’asino e si avviarono verso la contrade delle “Ciappe”.
In quell’appezzamento di terra, ‘u zu Carmine aveva una casetta in cima
alla collina che sovrastava il fiume, dove poteva trovare riparo per la
notte, ed accanto alla casa vi era una tettoia con la mangiatoia in cui
anche il suo Ciccineddu poteva trovare rifugio.
Arrivato nel terreno delle “Ciappe”, ‘u zu Carmine tolse le masserizie
che erano in groppa all’asino, le depositò dentro la “casotta”, poi
tolse sia il basto che il serraglio a Ciccineddu, e tutti e due, in
sintonia, si recarono verso la sorgiva d’acqua dove il padrone riempì i
contenitori che si era portato dietro, le “quartare”, bevvero, così,
l’acqua fresca da quella fonte naturale che sgorgava dalla lastra di
pietra, e che fuoriusciva da un tubo depositandosi in una “conca”
naturale, dove, da tempo immemorabile, delle pietre contenevano
l’acqua. Dopo essersi dissetati ritornarono verso la “casotta”, il
padrone posò le “quartare” d’acqua mentre l’asino si allontanò un po’
per brucare l’erba fresca che vi era nell’appezzamento.
‘U zu Carmine si mise a controllare le piante ed il pergolato e
rassettò qualche muretto pericolante, mentre Ciccineddu brucava l’erba,
non molto distante. Tutti e due stavano a vista d’occhio, l’uno
dall’altro.
Ma lo scopo principale della “gita” du zu Carmine era poter avere un
“paio di giorni” tutti per sé, in compagnia del fedele Ciccineddu, per
poter pensare, rimuginare i fatti che gli erano accaduti durante
l’inverno sia in famiglia che nel paese, e le “Ciappe”, per questo uomo
di campagna, erano il posto deputato per poter pensare e riposare, per
scrollarsi un po’ di tensione, lì in compagnia di stesso… e del suo
asino.
Quel luogo lontano dal paese, quell’acqua sorgiva e fresca che
sgorgava dalla lastra di pietra, lo scroscio e il defluire del
fiume circostante, l’orizzonte da poter scrutare dalla “casotta”,
gustare il leggero soffio del vento primaverile, erano le “condizioni
ottimali” di vita per ‘u zu Carmine, e, ne era convinto, anche per
Ciccineddu.
Lui sentiva che quel luogo, quella lastra di pietra e quell’acqua,
fresca e zampillante, avevano su di lui un effetto “balsamico”,
rilassante, riposante e rigenerante.
‘U zu Carmine, in quel luogo, respirava a pieni polmoni l’aria che gli
“sprizzava” fin dentro le viscere: pace e tranquillità, lo aiutavano ad
una “rigenerazione mentale” ed egli si sentiva in armonia con tutto il
suo essere.
‘U zu Carmine, guardando Ciccineddu, osservava compiaciuto che anche
l’asino “gustava” quel luogo.
Passati un po’ di giorni nel terreno delle “Ciappe”, ‘u zu Carmine
decise che poteva far ritorno a casa sua, in famiglia, nel paesino dei
Nebrodi, così mise il basto ed il serraglio all’asino, rassettò e
chiuse la “casotta”, mise dentro le sacche dei bottiglioni dell’acqua
sorgiva e si avviò verso il paese. Si sentiva “rigenerato” e leggero
dentro di sé, lo stesso gli sembrava anche per l’asino e, tutti e due,
complici, si dipartirono dalle “Ciappe” con il proposito di ritornarci
al più presto in quanto, con le belle giornate, le occasioni per
ritirarsi in quei luoghi erano a portata di mano.
Così, arrivati in paese, tutti e due rifocillati dalla quiete delle
“Ciappe”, dall’aria fine del luogo, dall’acqua fresca della sorgiva,
dal mangiare le verdure della zona, si sentirono pronti ad affrontare
il tran tran quotidiano che vi era nel paesino, ripensando, e già
pregustando,… il prossimo ritiro.
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it