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Umanistiche: 12 dicembre 1969. Piazza Fontana: 42 anni e nessun colpevole

Eventi
Dodici dicembre 1969, ore 16 e 37, quarantadue anni fa. Un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti. Una seconda bomba viene poi rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala.                                      
  Una terza bomba esplose a Roma alle 16 e 55 dello stesso giorno nel passaggio sotterraneo tra via Veneto e via di San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, ferendo tredici persone. Altre due bombe esplodono a Roma tra le 17 e 20 e le 17 e 30 facendo quattro feriti. Cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, in un lasso di tempo di soli 53 minuti. La strategia della tensione inizia quel giorno, con quella carneficina, una strage ancora oggi impunita.

La lunghissima vicenda giudiziaria sulla strage di Piazza Fontana, infatti, non poterà ad alcuna conclusione. Nei giorni successivi all'attentato, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra. Il primo ad essere convocato è però il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli. Dopo tre giorni di interrogatorio condotti dal commissario Luigi Calabresi non gli viene contestata nessuna imputazione, ma Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura. La versione ufficiale parla di suicidio, eppure i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo.

Il giorno dopo, viene arrestato anche Pietro Valpreda appartenente al gruppo 22 Marzo. Viene accusato di essere l’esecutore materiale della strage. La conferma delle accuse è data da un tassista che racconta di averlo portato sul luogo della strage e da Mario Merlino anch’egli militante nel gruppo, che però si scoprirà poi essere un neofascista infiltrato dai servizi segreti.

I primi neofascisti ad essere individuati come coinvolti nell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura. Adesso la pista che si segue è quella nera, e l’indagine coinvolge nuovi personaggi come Guido Giannettini appartenente al Sid esperto e studioso di tecniche militari.

Nel 1972 inizia a Roma il primo processo, che vede come principali imputati Valpreda e Merlino. Il processo verrà poi trasferito a Milano per incompetenza territoriale ed infine a Catanzaro per motivi di ordine pubblico. Dalle indagini emerge sempre più chiaramente un collegamento fra Servizi segreti e movimenti di estrema destra, ma il 29 dicembre 1972 Pietro Valpreda torna libero, grazie a una legge che prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura. Il processo riprende a Catanzaro ma dopo trenta giorni ci sarà una nuova interruzione per il coinvolgimento di due nuovi imputati: Freda e Ventura.

 
Al terzo processo sono imputati sia gli anarchici che i neofascisti. Anche questo procedimento viene interrotto, dopo un anno, per l’incriminazione di Giannettini. A Catanzaro, il 13 dicembre 1984 inizia il quinto processo che vede come imputati sempre Valpreda, Merlino, Freda e Ventura. Tutti assolti. La sentenza è confermata dalla Cassazione.

Nel 1987, al sesto processo gli imputati sono i neofascisti Fachini e Delle Chiaie, ma entrambi vengono assolti per non aver commesso il fatto. Eppure non finisce qui. Perché nel 1990 le indagini vengono riaperte dal Pm Salvini e subiscono una svolta decisiva. Delfo Zorzi, capo operativo della cellula veneta di ordine Nuovo, per sua stessa ammissione, è l'esecutore materiale della strage. Zorzi dopo l’attentato ripara in Giappone dove tuttora vive protetto dal governo nipponico che ha sempre rifiutato di concedere l’estradizione.

E' poi del luglio del 1991 la sentenza di assoluzione per Fachini e Delle Chiaie, che viene confermata dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro. L'11 aprile 1995, il giudice istruttore rinvia a giudizio Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Paolo Signorelli, Sergio Calore, Carlo Digilio e Ettore Malcangi e trasmette a Roma gli atti riguardanti Licio Gelli per il reato di cospirazione politica per il quale, comunque, non si potrà procedere perché il gran maestro della Loggia P2 non ha avuto l'estradizione dalla Svizzera per questo reato. Il 17 maggio 1995 viene arrestato anche l'ex agente della Cia Sergio Minetto.

Il 21 maggio 1998, la Procura di Milano chiude l'inchiesta sulla strage e deposita la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone. Il 16 febbraio 2000 comincia in seconda sezione della Corte d'Assise di Milano il nuovo processo alla fine del quale la Corte condanna all'ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni.

Nell'ottobre 2003, a Milano comincia il processo presso la Corte d'assise d'appello. Al termine della requisitoria, il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale chiede la conferma della sentenza di primo grado. Il 12 marzo 2004, arriva però l'assoluzione per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, i tre imputati principali della strage, per non aver commesso il fatto. Il 21 aprile 2005 c'è un uovo processo. La causa approda in Cassazione la vicenda giudiziaria che chiude definitivamente la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni.

Oggi, in occasione del 42esimo anniversario, il presidente dell’associazione delle vittime della strage di piazza Fontana ha consegnato al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, i documenti digitalizzati del processo. “In questo modo abbiamo salvato gli atti dal degrado e al tempo stesso li abbiamo resi disponibili a tutti, dai ricercatori agli studenti” spiegano dall’associazione-portale “La rete degli archivi per non dimenticare”, che mette a disposizione informazioni, documenti, materiali relativi alla memoria della mafia e degli anni del terrorismo italiano. La digitalizzazione è stata realizzata grazie al lavoro, regolarmente retribuito, della cooperativa Labor, composta dai detenuti del carcere di Cremona, che hanno seguito una speciale formazione proprio per la dematerializzazione dei documenti.

Tutti gli atti del processo sono disponibil all'indirizzo: http://www.memoria.san.beniculturali.it/web/memoria/home   (da  http://www.rassegna.it)

redazione@aetnanet.org









Postato il Lunedì, 12 dicembre 2011 ore 15:00:48 CET di Pasquale Almirante
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