Non abbiamo
testimoni, ma la notizia dell’accensione quotidiana di due ceri alla
Madonna (e certe volte, quando c’è tempo, tre) nella vicina chiesetta
da parte di Michela Brambilla e Maria Stella Gelmini, ministra del
Turismo la prima, e della Pubblica istruzione, la seconda, ha una sua
credibilità intrinseca. La si accetta per vera a prescindere. E le
ragioni sono semplici ed a portata di tutti. Non c’è mai stato un
momento di dubbio, una sola osservazione, un distinguo, una parola
superflua, una critica seppur lieve, e tantomeno una protesta o un
momento di cedimento, nella loro azione politica in difesa del governo
e del suo premier. Tutto ciò che arriva da Palazzo Chigi viene
condiviso, incensato, osannato, valorizzato e ricomposto in unità, e
diventa oggetto di pubblica adesione con dichiarazioni multimediali che
giungono tempestive e inequivocabili alle
agenzie.
L’intera squadra femminile al governo, in verità, non fa
mistero della sua condivisione di principio alle decisioni di Palazzo
Chigi, ma Maria Stella Gelmini e Michela Brambilla, danno un tocco
tutto personale alle loro esternazioni gaudenti. Non erano trascorsi
che pochi minuti dall’incontro del ministro Tremonti con i
rappresentanti degli enti locali, e si stava gustando il sapore
amarognolo della scure calata sui soliti noti e i comuni, province e
regioni, che Maria Stella Gelmini senza se e senza ma, decretava che la
manovra correttiva del governo costituiva la migliore delle risposte
possibili alla crisi: equa, rigorosa e capace di innestare strumenti di
sviluppo. Più realista del re, insomma.
A pochi metri da lei, quasi contemporaneamente, a Milano il presidente
della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, esprimeva un giudizio
opposto: il peggio che potesse accadere. Poche ore dopo la
dichiarazione di Stella, e’ arrivata quella di Michela Brambilla: “La
manovra riduce la spesa pubblica e realizza un modello di apparato più
snello e meno costoso”.
Mara Carfagna, la collega delle Pari opportunità, non si è spinta in
avanti. Stefania Prestigiacomo ha protestato per la cancellazione del
Sistri, il sistema di controllo dei rifiuti speciali, che godono di
attenzioni da parte del crimine organizzato.
Stefania Prestigiacomo condivide con Maria Stella Gelmini una
Fondazione, Liberamente, che nel codice Pdl significa fare parte della
stessa corrente, ma prende le distanze da Palazzo Chigi ogni qualvolta
la mettono dietro la lavagna per le questioni ambientali. Talvolta
protesta, ammonisce o minaccia dimissioni; più spesso piange, litiga
(in Consiglio dei ministri), si arrabbia, ma dura lo spazio di un
mattino. Passata la tempesta, torna il sereno. Fino a poco tempo fa,
sfogava la sua rabbia e le sue frustrazioni conversando amabilmente con
Gigi Bisignani, che l’ascoltava con interesse, e tutto finiva lì, dopo
avere ottenuto la comprensione dell’intraprendente uomo d’affari. Ora
le è rimasto Gianfranco Miccichè(ma non troppo). Tanto è vero che sulla
questione Sistri, rifiuti speciali, la solidarietà le e’ arrivata dal
deputato di Forza del Sud, Pippo Fallica, braccio destro di Gianfranco
Miccichè.
Delle quattro ministre (l’ultima arrivata, la Bernini, non ha avuto
occasione di farsi notare), Stefania appare la più combattiva, al di là
dei risultati (vicini allo zero). Viene da dire, almeno salva la faccia
della squadra femminile. Mara Carfagna, infatti, colleziona dispiaceri
con una nonchalance invidiabile, batte i pugni sul tavolo soltanto
quando c’è di mezzo la sua Campania, dove sgomita con i plenipotenziari
del luogo. Per il resto, quando qualcosa non va, si astiene in Aula,
assistendo imperturbabile alla bocciature delle sue proposte o delle
sue “idee”.
Nella ipotetica classifica del bon ton (verso palazzo Chigi), Mara
occupa il terzo posto, dopo l’ineffabile Maria Stella e la focosa,
disciplinatissima Michela. Il ministro della Pubblica istruzione è
irraggiungibile. Lei recita il rosario di ringraziamenti a Silvio
Berlusconi prima che il “suo” presidente abbia compiuto il miracolo.
Non è fedeltà, è fede.
(da http://www.siciliainformazioni.com)
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