Il Centro per l’Impiego di Milano, in Viale Jenner, apre alle 9.00. Ma
il primo luglio, alle 7.45, ci sono quasi centocinquanta persone
davanti alle porte.
Il solito disoccupato organizzato, evidentemente esperto, tira fuori
carta e penna e invita i presenti a scrivere il proprio nome secondo
l’ordine di arrivo. Per evitare ressa e colpi di mano quando gli uffici
apriranno.
Al momento di inserirsi nell’elenco, due disoccupati nervosetti vengono
alle mani. I presenti devono separarli.
Arrivo alle 9.00 in punto e, dopo una piccola coda all’ingresso,
raggiungo l’atrio, dove un impiegato urla “Insegnante?” , mi consegna
un modulo da compilare e un bigliettino verde.
Sono l’utente numero 302.
Il primo luglio è il giorno della transustanziazione, proprio così:
migliaia di insegnanti passano dallo stato di precari a quello di
disoccupati. Un evento-miracolo che si ripete ogni anno, dopo la
scadenza di gran parte dei contratti a tempo determinato il 30 giugno.
Siamo tutti lì a richiedere la “ Dichiarazione di disponibilità al
lavoro”, al fine di poter inoltrare all’INPS la domanda di
disoccupazione ordinaria che, se accettata, consentirà ai precari di
sopravvivere l’estate senza stipendio.
Gli uscieri ci stivano (o giù di lì) in due sale e comincia l’attesa di
almeno un’ora. Intanto compiliamo il modulo che ci hanno consegnato
all’ingresso: l’agognata “Dichiarazione”.
Mi guardo intorno. Siamo insegnanti, tutti laureati, la maggioranza ha
quasi 40 anni. Mi chiedo come tutto ciò sia possibile in un paese
civile. Capisco che è meglio non pensare troppo alla risposta.
Ci chiamano a blocchi di 40-50 per immetterci (deportarci? La
percezione è, per un attimo, un po’quella) in un grande cortile sotto
il sole. La voce dell’usciere che chiama “dal numero x al numero y” non
riesce a sovrastare il nostro brusio.
Per paura di non sentire la chiamata ci affacciamo sulla porta e
facciamo muro. Questo innervosisce i nostri Caronte perché invadiamo
l’atrio e blocchiamo l’ingresso alle altre centinaia di persone che
stanno arrivando.
Possibile che abbiano tanta diffidenza verso di noi? Dopotutto siamo
gli insegnanti dei loro figli, siamo quelli che se ne prendono cura per
buona parte della giornata. Perché ci guardano insofferenti? Siamo
gente che si è costruita una professionalità il più delle volte a sue
spese; viviamo, in genere, con passione questo nostro delicato
mestiere. L’unico forse a non volerlo sapere è il signor Brunetta, per
sua esclusiva fortuna, ministro di questa nostra Repubblica. L’attesa
in cortile dura quasi un’altra ora, poi a blocchi di 45 ci chiamano per
la meta finale. Qui tutto scorre in modo veloce. La dichiarazione ce la
siamo compilata da soli, gli impiegati l’hanno solo fotocopiata e hanno
messo due timbri. Visto che da quest’anno la richiesta di
disoccupazione all’ INPS dovremo farla tramite web, non era proprio
possibile ottenere la Dichiarazione on-line? Mah! L’impiegato che si
occupa di me è sulla quarantina e molto gentile. Quando sta per mettere
i timbri, un suo collega si avvicina e gli sussurra: “Ce ne sono ancora
altri 200”. Lui ha un moto di stizza, non riesce a trattenersi e mi
dice che a loro tocca fare gli straordinari mentre l’amministrazione ha
lasciato a casa i suoi colleghi a tempo determinato. Hanno fatto una
dura lotta senza risultato. Gli chiedo se anche lui è precario. Lo è.
Me ne vado pensando “ Di che reggimento siete, fratelli”?