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Lavoro: I venti di protesta chiudono l’anno scolastico 2010-2011

Eventi
Quello che si sta volgendo alla fine è uno degli anni scolastici più turbolenti della storia recente della scuola. Inaugurato con le occupazioni e le proteste dello scorso autunno, adesso si concluderà il suo iter con altrettante proteste.
A mobilitarsi sono nuovamente gli istituti di tutti i livelli di istruzione, dalle elementari agli studi superiori, ognuno a suo modo, contro la riforma generale del ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. Il timore comune è quello di ritrovarsi l’anno prossimo in situazioni ancora peggiori delle attuali. 
I primi a tremare sono i precari, da anni ormai abituati ad essere assunti a settembre e poi licenziati a giugno, che però a causa dei progressivi tagli ai fondi della scuola, rischiano di non venir richiamati per l’anno scolastico 2011-2012. Per tale motivo nei prossimi giorni organizzeranno mobilitazioni continue di fronte al ministero di Viale Trastevere.
Agli insegnanti si aggiungono sia i genitori che gli alunni, preoccupati per le sorti del sistema d’istruzione pubblica stritolato nella morsa del risparmio che già ha tagliato il numero delle ore d’insegnamento nonché il numero degli insegnanti.  
Soltanto a Roma e provincia, per il ciclo delle elementari del prossimo anno è in previsione un’ecatombe, che si va ad aggiungere ai tagli già effettuati negli anni precedenti: 111 classi a tempo pieno già attive tagliate, 52 nuove classi a tempo pieno non avviate, 450 insegnanti di inglese cancellati, l’incremento degli alunni per classe o aule accorpate, insegnanti di sostegno dimezzati e per concludere riduzioni del personale non docente. Contro tali disposizioni genitori, nonni e insegnanti si sono riuniti di fronte al ministero e hanno occupato alcuni istituti. Le forme di protesta sono le più varie, che non solo coinvolgono gli stessi bambini, che esibiscono i loro piccoli panni intimi ad indicare quello che rimane della scuola, ma è stata persino coinvolta una povera asina, simbolo di quello che diventeranno gli studenti a forza di tagli.  Le richieste, comunque, sono per tutti le stesse: reintroduzione del tempo pieno per agevolare le famiglie con ambedue i genitori lavoratori, il reintegro degli insegnanti, in particolar modo quelli d’inglese e il limite massimo di alunni fino a 28 per classe.  Un’altra forma di protesta, sempre promossa dai genitori, sarà quella di sommergere di fax i dirigenti ministeriali per chiedere il rientro dei docenti tagliati.
Poi sarà la volta dei Cobas della scuola, che aspettano il vaglio degli scrutini di metà giugno per far sentire la loro voce. La minaccia infatti è quella di far slittare oltre 20 mila scrutini finali, ovviamente tralasciando quelli propedeutici agli esami.
“Sarà uno sciopero contro la scuola-miseria, per la cancellazione dei tagli degli organici, l'assunzione dei precari su tutti i posti vacanti e disponibili, l'apertura immediata della trattativa per il contratto con adeguati aumenti salariali, l'inserimento nella Finanziaria delle somme per la restituzione degli scatti di anzianità scippati, contro lo strapotere dei presidi-padroni, per la restituzione a tutti del diritto di assemblea”: riassume Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas.
Ed in ultimo vi sono gli studenti delle superiori che a causa delle nuove norme gelminiane che regolano la frequentazione minima della scuola e le diverse occupazioni di protesta che si sono succedute questo inverno, rischiano la bocciatura. Secondo i calcoli della rete degli studenti, a rischio vi sarebbero in Italia circa 20 mila studenti che avrebbero superato i 50 giorni di assenza senza una valida giustificazione. La legge ideata dalla Gelmini infatti era soprattutto mirata a controllare l’assenteismo scolastico, ma rischia di diventare uno strumento di vendetta di quei presidi che lo scorso autunno hanno “subito” le occupazioni. Purtroppo la Gelmini, nella sua riforma, ha previsto una notevole autonomia di comportamento per gli istituti, in modo da poter conteggiare le assenze a seconda del piano scolastico che hanno adottato.  Infatti vi sono presidi che considerano le occupazioni come assenze, anche se in realtà i ragazzi erano presenti nell’istituto autogestendosi, e vi sono altri che invece sono più tolleranti, visto che comunque gli studenti erano presenti. Ma se le autogestioni, che in molti casi hanno bloccato il regolare svolgimento delle lezioni anche per 25 giorni di fila, vengono considerate assenze, salvarsi dalla mannaia della bocciatura resta veramente difficile, anche se poi si crea una tremenda ingiustizia rispetto agli istituti che applicheranno leggi meno rigide.  Per molti direttori scolastici infatti “Sarebbe sbagliato e diseducativo bocciare chi ha tutte le sufficienze solo perché ha superato il tetto delle assenze”, anche se altri ancora sottolineano che, con un ammontare così consistente di assenze, è particolarmente difficile riuscire ad ottenere voti sufficienti per la promozione.(da http://www.rinascita.eu)

redazione@aetnanet.org








Postato il Sabato, 04 giugno 2011 ore 21:17:05 CEST di Pasquale Almirante
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