Sono 8.000 gli ex Lsu
ATA della Scuola che stanno per essere messi alla porta, nell’assoluta
indifferenza delle istituzioni, dopo quindici anni di lavoro e con
un’età media che supera abbondantemente la cinquantina. Il prossimo 30
giugno, a scadenza degli appalti, verranno infatti licenziati per
volontà del Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che ha
operato ingenti tagli alle risorse per il servizio di pulizia nelle
scuole. Sfruttati dal 1995 al 2000 dallo stesso Ministero
dell’Istruzione come Lavoratori socialmente utili, ricoprendo il ruolo
dei collaboratori scolastici a tutti gli effetti ma retribuiti con un
misero sussidio dell’Inps, con contributi figurativi e senza
riconoscimento del rapporto di lavoro, gli ex Lsu ATA sono stati
costretti nel 2001 ad una pseudo stabilizzazione nelle
cooperative.
Grazie ad un accordo quadro fra MIUR e sindacati concertativi,
che di fatto ha consentito l’esternalizzazione senza gara del servizio
di pulizia in oltre 4.000 scuole, i lavoratori hanno dovuto vivere
nella precarietà e con uno stipendio di 800 Euro. Oggi li si ripaga con
licenziamenti o il concreto rischio di dimezzamento degli stipendi. Per
questo i lavoratori proseguono la protesta, attuando domani mattina un
ennesimo presidio a Napoli davanti al Duomo, e si appelleranno al
Cardinale Crescenzio Sepe, persona sensibile ad ogni ingiustizia
sociale. L’Unione Sindacale di Base, da sempre a fianco dei ex Lsu ATA,
denuncia che il taglio dei posti di lavoro e dei salari viene in realtà
operato solo per salvaguardare le esigenze di bilancio del MIUR e gli
interessi lobbistici delle aziende appaltatrici e dei sindacati
concertativi. USB evidenzia che un’altra soluzione è a portata di mano:
reinternalizzando il servizio di pulizia attraverso l’assunzione
diretta degli ex LSU sui posti accantonati ATA (11.800), con un
risparmio di 74 milioni di euro l’anno e una migliore funzionalità del
servizio grazie all’eliminazione dell’intermediazione di manodopera, e
favorendo il prepensionamento dei lavoratori in appalto a cui mancano 3
anni alla pensione, operazione che interesserebbe circa 6000
lavoratori. (AGENPARL)
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