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Umanistiche: Perché dissanguate la scuola e non gli evasori fiscali?

Rassegna stampa
Il ministro dell’Istruzione Gelmini annuncia nuovi tagli: ormai non si parla di contenuti, di progetti educativi o di formazione, si parla soltanto di soldi
«Pensare che culturalmente da parte del governo ci sia un attacco alla scuola pubblica», ha detto il ministro Gelmini, «fa comodo all’opposizione per poter andare in piazza. Lo faccia, ma da parte di questo governo non c’è e non c’è mai stato alcun attacco alla scuola pubblica. Io ritengo che la scuola sia sempre pubblica sia quando si tratta di scuola statale, sia di paritaria».
E così il ministro adesso ha detto che è pubblica anche la scuola privata, chiudendo di fatto il dibattito: è come se in una discussione sulla pena di morte il governatore del Texas dicesse che in realtà i giustiziati restano vivi.                          
La strategia è quella usata anche sulla prescrizione breve: il centrodestra non ha avuto imbarazzo a spiegare che la misura serve esattamente a evitare che un imputato – Silvio Berlusconi – venga processato. Atteggiamento piuttosto rivoluzionario rispetto a quello che ritenevamo finora fosse il ruolo della magistratura.
La ridiscussione delle regole più solide del funzionamento di una società («siamo la Casa della libertà», come diceva Corrado Guzzanti) sia che si parli di Costituzione, di scuola pubblica, o di giustizia, è vincente e trova terreno fertile nel pensiero ormai diffuso che ogni imposizione sia sospetta e miri a fregarci. Nel caso della scuola, attecchisce l’idea della «libertà» dei genitori di dare ai propri figli l’insegnamento che preferiscono e di non dover pagare di più per questa libertà. Ma questa è una totale sciocchezza: se l’educazione e l’istruzione fossero una scelta individuale e autonoma delle famiglie, allora non dovrebbero esistere la scuola dell’obbligo né un ministero dell’Istruzione che ne decide temi, contenuti e funzionamenti. Se pensassimo che ciò che viene insegnato debba essere deciso dalle famiglie, faremmo dei referendum di quartiere per far scegliere programmi e insegnanti. Rinunceremmo all’idea che gli esperti abbiano titoli maggiori per capire come si formano la cultura e la preparazione. Che poi forse è quello che stiamo facendo, direte voi, a giudicare dalle competenze di gran parte delle attuali classi dirigenti.
E quindi l’insegnamento privato, per il ministro, deve essere ritenuto uguale a quello pubblico: diventa allora complicato ragionare sui mille problemi della scuola, trattata in Italia non come se fosse la più importante risorsa culturale del Paese, il nostro più importante investimento sul futuro, ma come un’impresa qualsiasi. Eppure ancora una volta sarà la scuola a sacrificarsi per sanare il deficit: lo prevede il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri. In programma per i prossimi tre anni ci sono tagli di spesa per 35 miliardi di euro e di questi 13 verranno dall’istruzione. Come? «Non è ancora chiaro», spiega la Cgil. Ma come non è chiaro? Forse arriveranno dai già minimi stipendi degli insegnanti? Dai tagli all’organico ormai ridotto ai minimi termini? Dal personale non docente? Il tempo pieno assicurato, l’inglese insegnato da insegnanti qualificati, la compresenza dei docenti sono già ricordi del passato. Ormai ci si deve accontentare che la scuola pubblica esista, e non che funzioni: come in America (dove l’istruzione qualificata è tutta privata, e questo suggerisce a quale «uguaglianza» tenda il modello di questo governo). Non si parla più di contenuti, di progetti educativi, di formazione, ma solo di soldi: e per toglierli. E mentre si taglia alla scuola, non arriva nessun esempio rassicurante che mostri che si interviene anche sull’evasione fiscale, sugli sprechi e le pensioni dei parlamentari, sui contributi clientelari diffusi.
Mi rendo conto di ripetere stancamente cose banali: un’altra grande arma di questo governo è renderci noiosi a noi stessi, stufi per primi del nostro vittimismo. Ma ci sono vittimismi legittimati dal trovarsi a essere vittime. Che è quello che è successo, non per suo desiderio, alla scuola pubblica italiana.(da http://barbablog.vanityfair.it/ di Daria Bignardi)

redazione@aetnanet.org








Postato il Mercoledì, 27 aprile 2011 ore 03:00:00 CEST di Pasquale Almirante
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