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Riforma: Chi tradisce la scuola, tradisce la Costituzione

Rassegna stampa
Intervista a Bruno Moretto del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione: "Come diceva Calamandrei distruggere la scuola statale negandole i fondi necessari al suo funzionamento ha lo scopo di mantenere e di ampliare la divisione di classe esistente nella società" di Giovanni Belfiori
 (da Pd)
Il titolo di questa intervista non è ad effetto: dialogando con Bruno Moretto, componente del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, segretario del comitato bolognese "Scuola e Costituzione" e membro del direttivo dell'associazione nazionale "Per la Scuola della Repubblica", si ha, forte e duratura, l'impressione che offendere la scuola significhi offendere la Costituzione, che dar vita a un sistema di istruzione classista e retrogrado sia la medesima cosa che infangare i valori della Repubblica, che negare alle giovani generazioni opportunità di successo e di realizzazione sia uguale a negare i principi democratici che reggono la nostra società.

redazione@aetnanet.org


E’ stato detto che quella di Gelmini e Tremonti è solo una politica di tagli, di bassa ragioneria insomma. Non le sembra, invece, che dietro ci sia l’obiettivo di disegnare la scuola italiana su misura per una società classista, antiquata, divisa fra ricchi e poveri, studenti del nord e studenti del sud, italiani e immigrati...
La politica di Tremonti e Gelmini tende a negare il compito costituzionale della scuola statale, che deve operare per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Come diceva Calamandrei distruggere la scuola statale negandole i fondi necessari al suo funzionamento ha lo scopo di mantenere e di ampliare la divisione di classe esistente nella società.

Quali sono, a suo parere, le insidie maggiori della cosiddetta riforma Gelmini?
Provo a metterle in ordine. 1) Una visione aziendalistica che tende a modellare la scuola secondo logiche di mercato per di più fittizie. Poiché l’educazione non è una merce si tende a costruire un finto mercato, drogato dalla presenza di un privato assistito, come la recente vicenda del reintegro in finanziaria di 245 milioni di euro a favore della scuola privata dimostra; 2) Una visione gerarchica della scuola che le nega l’autonomia culturale e organizzativa, che nega la libertà di insegnamento e tende a trasformare l’insegnante in un esecutore di decisioni ministeriali; 3) La riduzione della scuola statale a un servizio minimo adatto a fornire le poche nozioni necessarie ad un mercato del lavoro giovanile di bassa qualità per favorire la creazione di una scuola privata per le classi dirigenti del futuro.

Se si esclude dal diritto all’istruzione qualificata la maggioranza dei giovani del nostro Paese, si tradisce palesemente anche il dettato costituzionale?
Direi che si tratta di un progetto di eversione costituzionale, che deve essere compreso da tutte le forze politiche e combattuto come tale senza indulgenze.


L’ex ministro Moratti richiamò con forza il diritto di scelta delle famiglie tra istruzione pubblica e istruzione privata, e anche nei lavori del gruppo scuola della Conferenza nazionale della Famiglia a Milano è emersa questa posizione, con richiami ai principi di sussidiarietà e al ruolo delle famiglie. Quale equilibrio è possibile tra il diritto di scelta e l’obbligo dello Stato di garantire una istruzione di qualità, accessibile a tutti e realmente capace di offrire opportunità di successo, indipendentemente dalle condizioni sociali di partenza?
La Costituzione impone che la Repubblica istituisca scuole statali per tutti gli ordini e gradi, laiche e pluraliste, onde garantire ai giovani di diventare cittadini consapevoli e sviluppare liberamente la propria personalità. E’ compito della Repubblica garantire a chi la chiede una scuola statale di qualità, basata sulla libertà di insegnamento. Come affermava Piero Calamandrei “La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. Pertanto la libertà di scelta deve essere garantita a chi chiede l’accesso alla scuola statale e oggi, in particolare nel settore dell’infanzia, se lo vede negato. La scuola privata per lo più a carattere confessionale o commerciale non può essere considerata in alcun modo sostitutiva di quella statale.








Postato il Sabato, 27 novembre 2010 ore 12:00:00 CET di Pasquale Almirante
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