L’art. 5.2
del Dpr 81 cita testualmente: “Le classi iniziali delle scuole ed
istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola
dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di
norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la
necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze
formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di
integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie
adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da
altro personale operante nella scuola”.
Come è noto – grazie al combinato tra tagli di posti di lavoro e
aumento del rapporto alunni/docente – molte scuole hanno ampiamente
sforato il numero di 20 studenti nelle classi con alunni diversamente
abili. Si tratta di un positivo dietrofront della maggioranza, di un
barlume di ritorno alla civiltà nel panorama desolato della scuola
italiana oggi e – diciamolo pure – finalmente di un contributo concreto
e positivo dell’opposizione sul tema dell’istruzione. Progress towards
the Lisbon objectives in education and training, il bilancio annuale
che la Commissione Europea redige per monitorare i progressi che i
paesi membri hanno fatto nel raggiungimento degli obiettivi della
strategia di Lisbona, prorogata al 2020, alla voce (e alle
rappresentazioni grafiche) relativa all’integrazione dei disabili nella
scuola non annovera l’Italia: a differenza di tutti gli altri paesi UE,
il nostro non emargina gli studenti diversamente abili in classi o
scuole speciali. Un dato che dovrebbe essere valorizzato e renderci
orgogliosi di una cultura democratica che in passato – in un ipotetico
sistema di priorità – ha spinto a porre l’attenzione proprio sul senso
di un’uguaglianza reale tra individui quanto a diritti; sulla funzione
che rispetto a questo senso la scuola poteva esprimere; ed ha
consentito questa bella, civile, democratica anomalia. Con il DPR
616/77 e la legge 104/92 l’Italia ha perfezionato una pratica
democratica ed una delle concretizzazioni più significative dell’art. 3
e dell’art. 34 della Costituzione.
Il taglio degli insegnanti di sostegno operato dal ministero – che
contravviene ad una sentenza della Corte Costituzionale dello scorso
febbraio – ha minato gravemente il principio inclusivo ed egalitario
che ne è la base.
Il ritorno al tetto massimo di 20 alunni in classi con alunni disabili
riconsegna un tassello di civiltà al nostro Paese e di funzione
inclusiva ed emancipante alla nostra scuola pubblica. (da Il Fatto di
Marina Boscaino)
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