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Riforma: Il riordino della secondaria superiore:non resta altro che rimboccarsi le maniche

Redazione
Non pare ci siano più altre alternative, tranne l’unica e cioè quella di prendere in carico  il riordino della secondaria superiore così com’è e implementarlo nella scuola, nonostante il suo abito sia stato confezionato sul risparmio e sui tagli generalizzati. Questa è la riforma voluta dal ministro Gelmini, su istanza di Tremonti, e su questa i docenti devono lavorare nel corso del nuovo anno scolastico e di quelli avvenire. A passare indenne per certi versi è la sola istruzione liceale, il classico e lo scientifico in modo particolare, mentre tutte le altre subiscono variazioni significative, ma per varare le quali però bisogna ora rimboccarsi le maniche, a prescindere dal fatto che si starebbe pure preparando una buriana autunnale di proteste che non promette nulla di buono.
I più colpiti, come abbiamo detto altre volte, sono gli istituti tecnici e i professionali, benché anche l’istituto artistico si senta ferito perché è stato quasi costretto a passare nella categoria dei licei, per non perdere ore e per confermare per lo più una impostazione didattica apprezzabile, compresa la sua dipendenza amministrativa non con la Regione ma con lo Stato come invece è previsto per tutti i professionali. Mettersi al lavoro dunque e cercare, come è stato sempre nel costume dei docenti, di prendere il meglio della proposta di riforma e rilanciare la nostra scuola, comunemente ormai declassata dalle statistiche internazionali che ci danno nelle periferie dei saperi. Sicuramente tanti schemi dovranno essere rivisti e sicuramente passeranno anni prima che qualche risultato significativo possa venire alla luce, soprattutto se si riesce a puntare su una didattica che tenga conto delle richieste, non solo del mercato, ma anche delle aspettative internazionali e dei bisogni urgenti della nostra nazione.
 E’ chiaro che il Miur dovrebbe pure smetterla di sottolineare le bocciature come vittorie delle serietà e del rigore e pensare invece ad aggiornare i professori alla luce proprio, sia della riforma, e sia pure dei nuovi saperi che la società pretende. Non basta predicare e inveire, accusare e arroccarsi, occorre pure sborsare denari, fare convenzioni con l’Università e dare ai docenti gli strumenti necessari per non trovarsi impreparati con le scolaresche. Finora si è invece verificato l’opposto per cui i meriti, quando ci sono, vengono accreditati al ministro e gli insuccessi e le carenze ai professori. E anche col nuovo anno succederà così se si dovessero verificare le immancabili smagliature, senza tenere conto né della penuria dei finanziamenti né dell’assenza di aggiornamenti. Ma si è mai vista una fabbrica con circa un milione di addetti che non informi i suoi quadri sui cambiamenti per migliorare la produzione? A scuola questo non si è mai verificato, tranne rare volte e su richiesta esplicita dei collegi dei docenti, come è accaduto con le recenti prove Invalsi che sono piovute dall’alto senza un minimo di preparazione complessiva prima di somministrare le prove ai ragazzi della ex terza media.
Nella riforma della secondaria superiore, per esempio, è previsto un monte ore, dal 20% al 40%, di cui le scuole possono disporre, ma senza variazioni di orario, per implementare altre materie e insegnamenti di interesse locale o regionale o di altra natura. Potrebbe essere un’ottima possibilità per consentire studi, nei vari Istituti tecnici e professionali, che, non previsti dalle indicazioni nazionali, possono però portare nuova linfa creativa al territorio.  Ma ci sono un po’ di problemi da superere: come formulare l’orario; come si concilia la cattedra o le cattedre che dovranno cedere ore col nuovo insegnamento; come verrebbe sfruttato l’insegnate esautorato di quella quota parte di lezione; chi verrebbe nominato, con quale titolo e da quale graduatoria per quella nuova materia. Queste solo le questioni più evidenti, ma se teniamo conto anche dell’utenza, di quali alunni cioè dovrebbero usufruire di questo ritaglio di ore il problema si ingolfa ancora di più. Ecco perché il ministero dovrebbe quantomeno dare certezze e mettere i professori davanti alle scelte che devono compiere, altrimenti quando Gelmini parla di riforma epocale fa solo propaganda, logorando un termine importante per farsi accreditare dalla opinione pubblica come ministro eccelso che non è. Se fra l’altro si guarda oltre i confini nazionali, tutti gli stati, compresi gli Usa, investono molto in formazione e in istruzione, esattamente all’inverso del nostro governo che taglia e taglia. E’ vero che molti sono gli sprechi, ma questo dipende dalla amministrazione centrale che non ha capito, né vuole e né intende capire, dove intervenire per cui, per non sbagliare, ma sbaglia di più, va alla cieca come Giufà quando bendato voleva ammazzare le mosche con la sedia.
PASQUALE ALMIRANTE


Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org








Postato il Venerdì, 13 agosto 2010 ore 11:52:38 CEST di Pasquale Almirante
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