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Umanistiche: MICHELA MARZANO: INTERVISTA ALLA FILOSOFA ITALIANA CONSIDERATA UNA TRA I MIGLIORI INTELLETTUALI DELLA FRANCIA

Rassegna stampa

Nasce a Roma nel 1970. Nel 1989 Entra alla Scuola Normale Superiore di Pisa per studiare filosofia.

Nel 1998 discute il dottorato di ricerca, sempre alla Scuola Normale, con uno dei più importanti filosofi italiani,Remo Bodei.

In cerca di opportunità, si trasferisce subito in Francia. Nel 1999 diventa ricercatrice al Centro nazionale della ricerca scientifica francese. Da lì,a soli 36 anni, otterrà l’abilitazione come professoressa universitaria. Nel 2008 Il prestigioso settimanale “Nouvel Observateur” la inserisce nella lista dei 50 pensatori (economisti,filosofi, sociologi,antropologi) più influenti della Francia.È una delle sole sette donne e l'italiana scelta tra i mogliori di Francia

MICHELA MARZANO

a 38 anni è stata nominata dal “Nouvel Observateur” una dei 50 maggiori

pensatori di Francia. Per l’Italia invece è solo un “cervello in fuga”.

Perché lei è tra i 50 più influenti pensatori

di Francia e non tra quelli d’Italia?

Perché sono dovuta venire a lavorare qui.

Sono stata indicata dal settimanale come

una degli otto trentenni della ‘nuova

guardia’ francese, che pensano in modo

nuovo i problemi della società di oggi.Ma,

in Italia, quei trentenni

non avrebbero mai trovato

spazio per esprimersi.

Come mai?

Per fare carriera in Italia

devi entrare in una logica

di potere, pensare: chi sarà

in commissione al concorso?

A chi posso far piacere

per avere una borsa

di studio? La selezione è

sempre più basata sui legami

personali. Così, di fatto, non hai più

la possibilità di pensare in maniera libera.

Né di fare davvero qualcosa di nuovo.

Lei di che cosa si occupa?

Di filosofia del corpo. Cioè di tutti quei

problemi, dalla sessualità alla medicina,

che sono legati a come lo percepiamo e

viviamo: bioetica, eutanasia, fecondazione artificiale,

rapporto tra i sessi.

Detto così sembra un po’ astratto...

Non lo è. Riguarda domande che tutti si

pongono nella vita quotidiana. Per esempio quella

della libertà sessuale:ogg iviene

intesa come obbligo a essere sessualmente

disinibiti, in particolare per le donne.

Un obbligo a essere emancipate?

Sì. Soprattutto i media dicono alle donne:

“devi essere libera dai tabù della morale

cristiana”. Ma anche: “devi essere magra,

disinibita, provocante, perché questo è

emancipazione”. Invece essere liberi è poter decidere come vivere

la propria sessualità,

senza dover seguire dei modelli già

pronti. Oggi si parla tanto di libertà, ma

spesso è una libertà vuota, falsa.

E questo vale solo per le donne?

Vale per tutti. Prenda la fecondazione artificiale:

la tecnica ci permette di

diventare genitori in modi

finora impensabili.

 Ma cosa significa allora essere

padri e madri? Generare dal proprio sperma e

dai propri ovuli,o desiderare un figlio?

Di solito dicendo “filosofia”, uno pensa a

Platone,non a queste cose...

Perché in Italia si fa solo storia della filosofia.

Platone e gli altri servono a prestarti

dei concetti, strumenti per capire meglio

quello che succede. In Italia, invece, della

società parlano solo i giornalisti:

 gli accademici rimangono nella torre d’avorio.

Lei crede che la gente comune possa capire

questioni così complesse?

Penso non solo che chiunque le possa capire,

ma che chiunque sia interessato a

farlo.Basta parlarne in maniera comprensibile.

La gente vuole avere chiavi di lettura

per potersi fare le proprie opinioni.

Per quelli come lei, in Italia, c’è un’etichetta:

“cervello in fuga”.Come ci si sente?

Contrastati. Da una parte sono fiera. Ci

tengo ad essere definita una filosofa italiana

e non francoitaliana: mi sembra di tenere alto

 il nome del mio Paese all’estero.

E invece il lato negativo qual è?

C’è la frustrazione, la rabbia quasi:è ingiusto

che per fare tutto quello che ho fatto

debba restare qui.

È sicura che in Italia non

avrebbe potuto ottenere gli stessi risultati?

Quando dieci anni fa ho

finito il dottorato in filosofia

alla Scuola Normale di Pisa, le opportunità

che avevo erano o lasciar

perdere la ricerca,o rimanere

precaria per anni e

mettermi in coda a fare la portaborse,

Anche con un dottorato alla Normale?

Cosa ancora più grave: significa che una

persona su cui lo Stato ha investito soldi e

risorse e che ha studiato e fatto ricerca ad

alti livelli, non può restituire alla società

quello che ha ricevuto.

E in Francia non è così?

Non è che qui sia tutto più facile o sia

pieno di posti di lavoro nella ricerca. Ma

c’è la possibilità, anche se minima, che

venga riconosciuto il merito indipendentemente

dai rapporti accademici. Ti dà

speranza. In Italia manca anche quella.

Cosa pensa del progetto di riforma dell’università

della ministra Mariastella Gelmini: migliorerà le cose?

Temo proprio di no: taglia i fondi alla ricerca.

E prevede, ogni 5 ricercatori o 5

professori che vanno in pensione, di sostituirne

solo uno. Altro che nuova guardia!

Così le università invecchiano di più...

 Già oggi l’età media dei professori, in Italia,

è quasi 60 anni.Tutti i governi parlano

di voler rinnovare l’istruzione e la ricerca,

di voler investire nel sapere,ma poi nessuno lo fa.

Quando si dice innovazione si pensa sempre a

ingegneria, chimica, medicina. Le scienze sociali, invece, possono servire?

Credere che la sola ricerca valida sia quella scientifica

è un grande errore. Nel momento in cui non si pensa e non si discute

più insieme del mondo che ci circonda, la

società diventa sempre più conflittuale e

impaurita.Muore lentamente.

Perchè a 18 anni ha deciso che da grande

voleva fare la filosofa?

Mi sono accorta che con i ragionamentii

conquistavo una libertà enorme: potevo

ribattere a delle verità che cadevano dall’alto.

Dimostrare a mio padre e agli adulti

Che non avevano sempre ragione loro.

Elena Tebanoelena.tebano@rcs.it

 

 

 

 

 

 

 

 









Postato il Lunedì, 29 dicembre 2008 ore 15:44:25 CET di Salvina Torrisi
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