Filologia
Il Vangelo nello stile di Omero
SILVANA LA PORTA
Si può raccontare la storia di Gesù affidandosi alle gesta di mitici eroi? Può Omero, poeta sovrano, prestare la sua maestosa e solenne arte per narrare la vita del primo grande rivoluzionario di tutti i tempi? Se rileggiamo gli Homerocentones, ossia quel componimento letterario, databile intorno alla metà del V sec. d.C., verosimilmente opera di Eudocia, la moglie dell'imperatore Tedosio II, che con versi o semiversi omerici, in poco o nulla modificati, narra gli avvenimenti salienti della storia neotestamentaria, ci accorgiamo dell'esistenza di questa meravigliosa sintesi culturale. E a riproporcela giunge oggi nelle librerie il faticoso e puntuale lavoro del professore Rocco Schembra (La prima redazione dei centoni omerici. Traduzione e commento Edizioni dell'Orso, 2006 € 70,00), ordinario di latino e greco al Gulli e Pennisi di Acireale nonché dottore di ricerca in Filologia greca e latina presso l'Università di Catania.
Il volume, inserito nella Collana Hellenica, diretta da Enrico V. Maltese, professore ordinario di Filologia bizantina presso l'Università degli studi di Torino, presenta la traduzione italiana e il commento alla prima redazione dei centoni omerici, condotto sulla base dell'edizione critica dallo stesso autore precedentemente curata e che sarà pubblicata nella Series Graeca del Corpus Christianorum.
In realtà, grazie alla sua paziente opera, Rocco Schembra ci mette a contatto con una delle più astute operazioni culturali compiute dal Cristianesimo. Se Omero era infatti il poeta più letto, più amato, più ammirato ed imitato dell'antichità, l'autore vate per eccellenza, la Bibbia dei pagani prima dell'avvento di Cristo, il depositario altissimo della classicità, agli stessi padri della Chiesa, primo tra tutti san Basilio, non bastò che recuperare la forma dei poemi omerici, trasformandone il contenuto. E così, come ben sottolinea l'autore nella sua introduzione all'opera, Omero fornisce il significante, ossia le parole, i versi da un punto di vista fonico, mentre il significato è dato dal Vangelo e dai nuovi rivoluzionari contenuti che esso portava con sé. E non solo: è fatto precipuo che il centone non attinge solo dai vangeli canonici, ma anche da quelli apocrifi, la cui diffusione nel V sec.d.C. era notevole e suggestiva per l'immaginario collettivo.
Ed ecco come, con parole vibranti di pathos omerico, viene narrata l'Annunciazione: Innanzi tutto raggiunse la Signora nella sala, /le si fermò davanti, le rivolse parola e la chiamò per nome/ l'araldo persuasivo, che saggi pensieri conosce,/parlando sottovoce, un brivido le prese le membra:/«Abbi coraggio, donna piena di grazia, e non temere,/ma intendimi subito: per te io sono l'angelo di Dio./
In tal modo il celeberrimo Omero offriva i suoi incantati versi a un pubblico di pagani adulti, di cui si auspicava la conversione, perché suonassero familiari le parole e più facile l'avvicinamento alla nuova religione. E dunque, fossero un modo per favorire la ricezione dei contenuti del Nuovo Testamento o un semplice divertissement, materiato però di finalità pedagogiche, questi centoni, ricostruiti con acribia dallo studioso, incantano e stupiscono il lettore moderno. E naturalmente lo dilettano.
Diletto dei versi pagani e profondità degli insegnamenti cristiani coniugati in una perfetta sintesi. Perché, come ci insegna il buon Lucrezio, il fanciullo beve l'odiosa medicina dal bicchiere, ma con l'orlo cosparso di miele: ed è di colpo, tutto l'amaro, infinitamente più dolce.
Il Vangelo nello stile di Omero
SILVANA LA PORTA
Si può raccontare la storia di Gesù affidandosi alle gesta di mitici eroi? Può Omero, poeta sovrano, prestare la sua maestosa e solenne arte per narrare la vita del primo grande rivoluzionario di tutti i tempi? Se rileggiamo gli Homerocentones, ossia quel componimento letterario, databile intorno alla metà del V sec. d.C., verosimilmente opera di Eudocia, la moglie dell'imperatore Tedosio II, che con versi o semiversi omerici, in poco o nulla modificati, narra gli avvenimenti salienti della storia neotestamentaria, ci accorgiamo dell'esistenza di questa meravigliosa sintesi culturale. E a riproporcela giunge oggi nelle librerie il faticoso e puntuale lavoro del professore Rocco Schembra (La prima redazione dei centoni omerici. Traduzione e commento Edizioni dell'Orso, 2006 € 70,00), ordinario di latino e greco al Gulli e Pennisi di Acireale nonché dottore di ricerca in Filologia greca e latina presso l'Università di Catania.
Il volume, inserito nella Collana Hellenica, diretta da Enrico V. Maltese, professore ordinario di Filologia bizantina presso l'Università degli studi di Torino, presenta la traduzione italiana e il commento alla prima redazione dei centoni omerici, condotto sulla base dell'edizione critica dallo stesso autore precedentemente curata e che sarà pubblicata nella Series Graeca del Corpus Christianorum.
In realtà, grazie alla sua paziente opera, Rocco Schembra ci mette a contatto con una delle più astute operazioni culturali compiute dal Cristianesimo. Se Omero era infatti il poeta più letto, più amato, più ammirato ed imitato dell'antichità, l'autore vate per eccellenza, la Bibbia dei pagani prima dell'avvento di Cristo, il depositario altissimo della classicità, agli stessi padri della Chiesa, primo tra tutti san Basilio, non bastò che recuperare la forma dei poemi omerici, trasformandone il contenuto. E così, come ben sottolinea l'autore nella sua introduzione all'opera, Omero fornisce il significante, ossia le parole, i versi da un punto di vista fonico, mentre il significato è dato dal Vangelo e dai nuovi rivoluzionari contenuti che esso portava con sé. E non solo: è fatto precipuo che il centone non attinge solo dai vangeli canonici, ma anche da quelli apocrifi, la cui diffusione nel V sec.d.C. era notevole e suggestiva per l'immaginario collettivo.
Ed ecco come, con parole vibranti di pathos omerico, viene narrata l'Annunciazione: Innanzi tutto raggiunse la Signora nella sala, /le si fermò davanti, le rivolse parola e la chiamò per nome/ l'araldo persuasivo, che saggi pensieri conosce,/parlando sottovoce, un brivido le prese le membra:/«Abbi coraggio, donna piena di grazia, e non temere,/ma intendimi subito: per te io sono l'angelo di Dio./
In tal modo il celeberrimo Omero offriva i suoi incantati versi a un pubblico di pagani adulti, di cui si auspicava la conversione, perché suonassero familiari le parole e più facile l'avvicinamento alla nuova religione. E dunque, fossero un modo per favorire la ricezione dei contenuti del Nuovo Testamento o un semplice divertissement, materiato però di finalità pedagogiche, questi centoni, ricostruiti con acribia dallo studioso, incantano e stupiscono il lettore moderno. E naturalmente lo dilettano.
Diletto dei versi pagani e profondità degli insegnamenti cristiani coniugati in una perfetta sintesi. Perché, come ci insegna il buon Lucrezio, il fanciullo beve l'odiosa medicina dal bicchiere, ma con l'orlo cosparso di miele: ed è di colpo, tutto l'amaro, infinitamente più dolce.