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Didattica: PERCHE' GLI ALUNNI SBAGLIANO? VIAGGIO ALLE RADICI DEGLI ERRORI

Associazioni
Alla ricerca delle radici degli errori
Walter Maraschini*



L'apprendimento contiene sempre in sé un'approssimazione, una distorsione: ogni parola e ogni segno attivano infatti nel soggetto che apprende un sistema complesso di relazioni di diverso tipo – puramente linguistiche, logiche o anche emotive – che un concetto 'puro' non ha. Chiunque, in determinate circostanze, può per esempio commettere errori legati alla relazione fonologica di alcune parole, che così appaiono significativi lapsus o scherzosi giochi di enigmistica: vicinanza in ordine alfabetico, scarti, assonanze, rime, anagrammi. Ho udito laureati parlare di 'branchie' del sapere e ho avuto perfino qualche alunno che non è mai riuscito a collocare in parti diverse della testa l'algoritmo e il logaritmo, continuando a confondersi tra le due cose (d'altra parte qui compaiono insieme assonanza, rima e anagramma, e son pure due cose di matematica!).

La paura e l'ingordigia
Ancora, per esempio, la vicinanza semantica nel linguaggio quotidiano di termini quali 'niente', 'nulla', 'vuoto', 'zero' rende effettivamente difficile districarsi, per chi apprende, tra i diversi significati che essi assumono in matematica. È probabile che agisca in alcuni anche una sorta di horror vacui,che si trasferisce sul piano del calcolo, aumentando le difficoltà legate alle proprietà specifiche dello zero. Non sono pochi i ragazzi che, nello scrivere una equazione come la seguente:
x2 + 3x – 2 = 0
 nella quale il termine a destra dell'uguale è uguale a zero, omettono lo zero, che tanto per loro 'non è niente', e scrivono soltanto:
x2 + 3x – 2 =
 Poiché, scritta così, questa non è più un'equazione, essi hanno così commesso un clamoroso errore sintattico, di cui tuttavia – in una dimensione piattamente operativa – non è facile far avvertire la rilevanza perché comunque, anche scrivendola così, si può arrivare a trovare correttamente le soluzioni dell'equazione originaria.
 Analogamente, alcune difficoltà di apprendimento che si manifestano con i numeri negativi sono probabilmente dovute non soltanto al loro minor uso nella vita quotidiana, ma anche al senso di perdita associato alla sottrazione e quindi alla minore 'soddisfazione' che si prova nel sottrarre piuttosto che nell'addizionare. Non ho prove statistiche al riguardo, ma il luogo comune che vuole che il negoziante, se sbaglia il resto, sbaglia sempre a suo favore testimonia di un errore che – anche se non consciamente disonesto – proviene comunque da un desiderio cumulativo che si insinua nel calcolo.

Una brutta esperienza
Naturalmente, le relazioni emotive, di affetto o di paura che si avvolgono attorno ai concetti matematici possono anche essere meno sottili, più dirette: qualche precedente episodio della vita scolastica, qualche insuccesso mal digerito, periodi di disgusto nello studiare, insegnanti incapaci. E come in Proust, in un celebre passo, il gusto di un pezzetto di madeleine inzuppata nel tè scatena una reazione emotiva intensa, "un delizioso piacere" che a sua volta fa emergere improvvisamente i suoi ricordi, così non è da escludere che in un ragazzo cui tocchi calcolare una espressione con i radicali riaffiorino la gentilezza o l'acidità della maestra che per la prima volta abbia tracciato di fronte a lui il segno della radice quadrata.
 Ogni persona è un sistema integrato e soltanto una superficiale approssimazione può dividere con nettezza il razionale dall'irrazionale. L'organizzazione e il reperimento in memoria dei concetti sono sempre impiantati su esperienze e relazioni precedenti, di vario genere, che talvolta a fatica possono essere cancellate o sostituite, anche perché spesso è funzionale all'ottimizzazione di alcuni comportamenti.
Tuttavia, se si apre un contesto nuovo, il precedente schema mentale, il precedente copione, può essere da ostacolo per il nuovo compito, per la nuova strutturazione. Può nascere un conflitto, che deriva da organizzazioni diverse.
 Possono perciò nascere interferenze, cioè disturbi tra diverse sistemazioni concettuali, che determinano in molte situazioni difficoltà ed errori.

Ipocentri nascosti
Se paragoniamo la cattiva comprensione di un concetto a un terremoto conoscitivo, occorre individuare non soltanto l'epicentro di tale terremoto, ma anche il suo ipocentro, cioè illuogo non visibile dove un equilibrio si è spezzato. Sono tali ipocentri della cattiva comprensione che producono comportamenti operativi o traslazioni di significato che inducono in errore o non permettono di capire.
 È verso tali radici degli errori che occorre quindi prestare attenzione.
 Ne cito qui alcuni, senza pretesa di sistematizzazione, ma al solo scopo di segnalare la direzione di un intervento didattico:
 - la tendenza alla linearizzazione e alla semplificazione. Gli errori di linearizzazione (cioè di far diventare lineari leggi, come l'elevazione a potenza e l'estrazione di radice, che lineari non sono) sono molto frequenti e si connettono alla tendenza a scrivere i risultati in forma più breve, semplificata, come suggerisce l'esperienza scolastica stessa, che propone esercizi costruiti appositamente affinché le espressioni si semplifichino;
 - la confusione tra significati di un termine, matematico o scientifico, con quelli del linguaggio ordinario. Tale confusione non riguarda, ovviamente, termini tecnici, propri soltanto delle scienze o della matematica (quale per esempio 'omotetia' in matematica o 'impedenza' in fisica), ma termini che si utilizzano anche nella vita quotidiana, quali 'angolo', 'cifra' oppure 'forza' ed 'energia' in fisica;
 - la confusione tra generale e particolare, che può presentarsi in ambito geometrico tra figura generale e la particolare figura disegnata: mentre infatti in algebra i segni per generalizzare (le lettere) sono diversi dai segni che rappresentano gli oggetti da generalizzare (le cifre), in geometria le figure-simbolo sono esse stesse figure e quindi tale confusione è in perenne agguato;
 - la difficoltà a considerare contemporaneamente due variabili, che si manifesta in molte parti: nelle difficoltà di lettura di grafici o istogrammi come nell'incomprensione del concetto di rapporto e quindi anche delle percentuali;
 - difficoltà di tipo linguistico, che sono pre-matematiche ma influenzano fortemente la comprensione se risulta per esempio complessa la decifrazione di frasi con più subordinate.
 *Docente di Matematica e fisica presso l'Istituto Machiavelli di Roma. Autore di libri di testo per la scuola superiore (www.maraschini.it)









Postato il Sabato, 23 dicembre 2006 ore 00:05:00 CET di Silvana La Porta
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