Devoluzione, devolution
In un intervento della scorsa estate, a favore delle riforme, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha trovato modo di esprimere la sua preferenza per la forma italiana devoluzione, in contrasto con l'assai larga diffusione, specie nel linguaggio giornalistico, dell'equivalente inglese devolution.
La legittimità di questa preferenza è resa evidente dall'etimologia della parola: l'italiano devoluzione è infatti voce dotta che deriva dal latino tardo devolutio -onis, attestato nel Glossarium mediae et infimae latinitatis del Du Cange, nel significato di jus devolutum, a partire dal 1343 ("Et possessiones nostras universas et singulas, quas pro nunc et ex successione seu devolutione possidebimus"). L'uso della forma inglese, che deriva dalla stessa base latina, può forse essere attribuito a un atteggiamento di inerzia dei parlanti italiani nei confronti dei problemi linguistici, come è stato spesso rilevato da molti studiosi e di nuovo, recentemente, da Manlio Cortelazzo ("se pure non è vero che ci troviamo di fronte a un'invasione di forestierismi [...] resta il fatto che l'atteggiamento di piena accettazione di parole di origine straniera, in particolare l'inglese, all'interno dei discorsi italiani, mette la nostra lingua in una situazione diversa rispetto alle altre lingue europee, in primis rispetto a lingue sorelle come francese e spagnolo").
Dal significato principale, giuridico, di devoluzione ("trasmissione o passaggio ad altri di un diritto o del godimento di un bene, per effetto di una legge, di un contratto, di una disposizione testamentaria"), che ha la sua prima attestazione nel trattato Della guerra di Fiandra (1632-1639) di Guido Bentivoglio ed è poi variamente documentato (come, per esempio, nel seguente passo tratto dal Mulino del Po di Riccardo Bacchelli: "Chi non sa che Cesare d'Este, ultimo duca di Ferrara, al tempo della devoluzione della città al papa portò a Modena gli archivi estensi?"), ne deriva un secondo, estensivo e più generico ("assegnazione, destinazione"), utilizzabile in diversi contesti fraseologici (si può, per esempio, in questo senso, parlare di devoluzione di una somma a favore di qualcuno).
È curioso notare, infine, che per la devoluzione si è combattuta anche una guerra (la guerra di devoluzione), nel 1667-1668, tra la Francia e la Spagna, per i Paesi Bassi spagnoli, rivendicati da Luigi XIV quale eredità di sua moglie Maria Teresa, sola superstite dei figli di primo letto di Filippo IV di Spagna, in virtù del diritto (ius devolutionis) per il quale nei Paesi Bassi solo i figli di primo letto erano legittimamente eredi dei beni.
Luigi Romani
In un intervento della scorsa estate, a favore delle riforme, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha trovato modo di esprimere la sua preferenza per la forma italiana devoluzione, in contrasto con l'assai larga diffusione, specie nel linguaggio giornalistico, dell'equivalente inglese devolution.
La legittimità di questa preferenza è resa evidente dall'etimologia della parola: l'italiano devoluzione è infatti voce dotta che deriva dal latino tardo devolutio -onis, attestato nel Glossarium mediae et infimae latinitatis del Du Cange, nel significato di jus devolutum, a partire dal 1343 ("Et possessiones nostras universas et singulas, quas pro nunc et ex successione seu devolutione possidebimus"). L'uso della forma inglese, che deriva dalla stessa base latina, può forse essere attribuito a un atteggiamento di inerzia dei parlanti italiani nei confronti dei problemi linguistici, come è stato spesso rilevato da molti studiosi e di nuovo, recentemente, da Manlio Cortelazzo ("se pure non è vero che ci troviamo di fronte a un'invasione di forestierismi [...] resta il fatto che l'atteggiamento di piena accettazione di parole di origine straniera, in particolare l'inglese, all'interno dei discorsi italiani, mette la nostra lingua in una situazione diversa rispetto alle altre lingue europee, in primis rispetto a lingue sorelle come francese e spagnolo").
Dal significato principale, giuridico, di devoluzione ("trasmissione o passaggio ad altri di un diritto o del godimento di un bene, per effetto di una legge, di un contratto, di una disposizione testamentaria"), che ha la sua prima attestazione nel trattato Della guerra di Fiandra (1632-1639) di Guido Bentivoglio ed è poi variamente documentato (come, per esempio, nel seguente passo tratto dal Mulino del Po di Riccardo Bacchelli: "Chi non sa che Cesare d'Este, ultimo duca di Ferrara, al tempo della devoluzione della città al papa portò a Modena gli archivi estensi?"), ne deriva un secondo, estensivo e più generico ("assegnazione, destinazione"), utilizzabile in diversi contesti fraseologici (si può, per esempio, in questo senso, parlare di devoluzione di una somma a favore di qualcuno).
È curioso notare, infine, che per la devoluzione si è combattuta anche una guerra (la guerra di devoluzione), nel 1667-1668, tra la Francia e la Spagna, per i Paesi Bassi spagnoli, rivendicati da Luigi XIV quale eredità di sua moglie Maria Teresa, sola superstite dei figli di primo letto di Filippo IV di Spagna, in virtù del diritto (ius devolutionis) per il quale nei Paesi Bassi solo i figli di primo letto erano legittimamente eredi dei beni.
Luigi Romani