1) Le ragioni del
problema
I temi della disuguaglianza e dell'equità sono scomparsi da
molto tempo dal dibattito politico e dalle scelte istituzionali e
inevitabilmente non compaiono più nei ricorrenti tentativi di
innovazione del sistema di istruzione e formazione. Come se
fossero stati affrontati e risolti o meglio ancora come se
non avessero più alcuna rilevanza. A scuola si è dato e si
dà priorità ai problemi dell'organizzazione, dell'efficienza nella
gestione delle risorse e del personale, dell'autonomia dei singoli
istituti e della qualità delle sue prestazioni. La realtà
purtroppo continua a raccontarci una storia che presenta ancora
esclusioni e privilegi e che la parte del mondo scolastico sensibile a
questo genere di problemi ha il dovere di non trascurare e di ascoltare.
Passano gli anni e ancora si deve constatare che non tutti i
gradi di istruzione sono accessibili alla generalità dei giovani e che
non si è riusciti a ridurre la percentuale dei giovani, che escono dal
sistema scolastico e formativo privi delle necessarie competenze per
esercitare i diritti di cittadinanza e per entrare nel mondo del
lavoro. Più di cinquant'anni dopo la riforma della media unificata
('62) e dopo decenni di scolarizzazione di massa non si è riusciti a
parificare presso l'opinione pubblica l'istruzione tecnica e
professionale con quella liceale e a disarticolare la confluenza,
socialmente condizionata, degli alunni verso i vari indirizzi di
istruzione secondaria superiore.
Non solo. Più gravi sono diventate le conseguenze sociali
dell'insuccesso scolastico.
L'attuale organizzazione del lavoro non è in grado di offrire
opportunità ai drop-outs del sistema scolastico e di assorbirli come
avveniva non molto tempo fa. Proprio per questo dovrebbe essere sempre
meno tollerabile la disparità nella qualità dell'insegnamento dato e
ricevuto.
La preoccupazione attuale, non molto diffusa a dir la verità tra quanti
trattano problemi scolastici, verso i temi della giustizia non
può essere considerata un ritorno nostalgico ai dogmi
egualitaristici della fine degli anni '60. Esprime, invece,
un'attenzione realistica per quelle disuguaglianze che possono
diventare intollerabili e incompatibili con la coesione sociale e
negative per la competitività del capitale umano nel sistema
delle relazioni economiche tra le nazioni, (Benadusi, Bottani, Meuret).
L'equità del sistema scolastico pubblico è oggi la sua vera,
profonda e unica giustificazione e la più ragionevole via d'uscita
dalla sua crisi. Rappresenta la sfida per il suo futuro. La scuola
pubblica deve formare cittadini uguali, con uguali chances di
partecipare alla vita pubblica, economica e sociale.
Al centro del problema dell'equità a scuola si deve porre il
bene, primario e necessario nel terzo millennio, della conoscenza e del
sapere. Il problema dell'equità a scuola è quello dell'accesso
libero e paritario al sapere e alla conoscenza da parte di tutti
i giovani.
Bisogna chiedersi: a chi appartiene il sapere? Il patrimonio collettivo
di esperienze e conoscenze consegnatoci dalle generazioni precedenti è
al servizio di tutti o di pochi privilegiati?
Se la conoscenza come è evidente è un bene pubblico, per definizione
non può essere posseduto da pochi (Bottani). E questo postulato non si
deve dimostrare, altrimenti non si capisce perché si debba mantenere un
sistema pubblico di istruzione.
2) Giustizia - equità ed uguaglianza
Se è ancora viva l'esigenza di rendere giusto un sistema
formativo, per poterla rendere operante è necessario che si trovi
un accordo sui principi di giustizia che si intendono seguire.
Ogni idea di giustizia generalmente si appoggia su
argomentazioni etiche, che cercano di sostenerla e
presentarla come principio normativo ideale; è anche vero, tuttavia,
che qualsiasi argomentazione, anche la più stringente, da sé non
ha la forza di fare diventare l'idea di giustizia un'opzione
individuale o collettiva. C'è un problema di scelta che va affrontato
solo nella coscienza di ogni persona e affidato alla sua buona volontà.
Il concetto di giustizia nasce nel diritto come conformità a regole
scritte e accettate e si trasferisce col tempo nel campo etico e
sociale. Lo stesso avviene con il concetto di equità, ad essa
molto vicino, che tende a realizzarsi come spirito della legge,
indipendentemente dalla sua lettera e anche contro di essa. Giustizia,
equità e uguaglianza sono concetti di natura distributiva:
riguardano il modo più giusto di ripartire un bene. Entrano in funzione
quando occorre valutare l'assegnazione di beni che riguardano tutti, la
generalità di una comunità, o quando occorre stabilire le modalità
delle relazioni reciproche tra i suoi componenti.
Sono stati messi insieme giustizia, equità ed uguaglianza ma non sono
la stessa cosa; anche se sono principi in molte situazioni contigui
l'uno all'altro, non sono sovrapponibili, non sono tutti e tre
sinonimi. Giustizia, equità e uguaglianza sono "costrutti"
sociali, variamente definiti nel tempo, che si trovano ad emergere
all'incrocio tra teorie colte e opinioni ed esigenze popolari.
Col concetto di equità si è problematizzato un concetto corrente e
dogmatico di uguaglianza. L'equità è un concetto più pluralistico.
L'uguaglianza, alla fine è un valore se è "Giusta", "se è Equa", -
ragione per cui sia l'equità sia la giustizia sono la "misura"
dell'uguaglianza e non i suoi sinonimi. La giustizia, d'altra parte,
non può escludere certe forme di uguaglianza, anche se non può
identificarsi con l'uguaglianza tout-court.
Per trovare un accordo sui principi di giustizia bisogna da più parti
convergere verso una teoria, che sia in grado di dare ad essi il
carattere dell'universalità e della ragionevolezza, e che non pretenda
di fondarli metafisicamente, deducendoli da un'unica antropologia.
A questo fine può essere utile confrontarsi con le formulazioni
teoriche dei principi della giustizia di J.Rawls e di A.K.Sen; sono
diverse ma integrabili; hanno i tratti di ragionevolezza e di
antidogmaticità e non derivano da una definizione a priori di bene e di
persona.
Sono principi che spiegano, difendono e promuovono a sufficienza lo
stato sociale e i suoi necessari sviluppi.
A) Principi di J.Rawls
1) Ogni persona ha un eguale diritto a un sistema pienamente adeguato
di libertà di base uguale per tutti, che sia compatibile con uno stesso
sistema di libertà per tutti (principio di uguale libertà);
2) Le disuguaglianze sociali ed economiche devono sottostare a due
condizioni:
a) devono essere legate a funzioni e posizioni aperte a tutti, in
condizioni di giusta uguaglianza di opportunità (principio di equa
uguaglianza delle opportunità);
b) esse devono procurare il massimo del beneficio ai membri
svantaggiati della società (principio della differenza).
B) Principi di A. K. Sen
1) Gli individui devono disporre di eguali capacità di realizzare i
modi di essere, cui danno valore;
2) Nella società della complessità tutti, quali che siano la capacità e
la volontà di riuscita, devono avere le competenze per adattarvisi.
- Sono formulazioni lontane dalle posizioni egualitaristiche, perché
accettano e apprezzano la differenza tra gli individui e pongono nello
stesso tempo dei limiti alla differenziazione per impedire che si
tramuti in "disuguaglianza" ingiusta, iniqua.
- Si può dire che le due teorie, restando fermo il principio di una
base insopprimibile di uguali libertà, convergano pur con diverse
accentuazioni e sfumature nel definire la giustizia come
amministrazione e tutela della pari opportunità.
A.K.Sen sottolinea con più forza la doverosità della compensazione
delle varie forme di
handicap sociali.
3) Scelte di giustizia
Dai principi prima esposti possono dedursi le seguenti scelte di
"giustizia scolastica":
1) Ogni giovane, qualunque sia la sua origine sociale, deve riuscire ad
affrontare gli altri su un piano di parità;
2) La scuola deve offrire ad ognuno la possibilità di realizzare il suo
potenziale umano per vivere secondo il principio di dignità;
3) Nessuno deve restare indietro. Nessuno deve uscire dal sistema
scolastico, senza il bagaglio necessario di competenze per non essere
emarginato e vivere una vita dignitosa;
4) La scuola non deve contribuire ad aumentare le differenze di
riuscita tra individuo e individuo.
5) Quelli che sono allo stesso livello di talento, di capacità e hanno
lo stesso desiderio di utilizzarli devono avere le stesse prospettive
di successo senza tener conto della loro posizione sociale.
Queste scelte di giustizia esigono una strategia complessa di
compensazione, che dovrebbe essere attuata ai vari livelli di
responsabilità nell'amministrazione del sistema di istruzione e
formazione. Per trattare le persone in modo uguale, per offrire una
vera uguaglianza di opportunità, la società e la scuola devono
consacrare più attenzione agli svantaggiati, quanto ai doni naturali, e
ai più sfavoriti socialmente per nascita."Un'eredità ineguale di
ricchezza non è intrinsecamente più ingiusta di un'eredità ineguale di
intelligenza" (J.Rawls).
Il ragionamento fin qui svolto porta a concludere che per essere giusto
un sistema scolastico dovrebbe garantire un'equa uguaglianza delle
opportunità e contrastare le disuguaglianze che conducono alla
marginalità sociale.
4) Quali opportunità?
Di seguito attingendo agli studi di T. Husen, viene delineato un
prospetto delle opportunità che condizionano il rendimento scolastico;
solo alcune però possono essere tutelate e garantite dalla
singola scuola o dal solo sistema scolastico:
a) Opportunità fisiche: risorse economiche-costo dell'istruzione -
distanza geografica della scuola - trasporti a disposizione;
b) Opportunità tecnologiche: attrezzature della scuola - qualità della
costruzione, dei laboratori, delle biblioteche, dei testi scolastici,
del software etc;
c) Opportunità valoriali: aspirazioni dei genitori - atteggiamento nei
confronti dell'apprendimento - patrimonio linguistico - comprensione
delle procedure scolastiche etc;
d) Opportunità didattico - pedagogiche: qualità dell'ambiente
scolastico - competenza degli insegnanti - atteggiamenti degli
insegnanti rispetto alla diversità degli alunni - disponibilità
all'innovazione e all'aggiornamento - strategie contro la Dispersione -
tenuta della disciplina - sostegno contro le difficoltà - tutoring
individuale etc.
E' comprensibile da questo nutrito e non esaustivo elenco delle
opportunità, che facilitano il successo scolastico, come sia ardua e
difficile l'impresa di garantirne un pari godimento alla generalità
degli alunni e come non tutte le variabili in giuoco
possano essere controllate e modificate dal sistema scolastico o
tantomeno dalla singola scuola. Per essere efficace la lotta contro le
disuguaglianze si dovrebbe procedere all'abolizione di tutte
quelle circostanze di natura socio-economica che impediscono a molti
giovani a scuola di competere in condizioni di parità.
Garantire "parità di partenza" significa evocare l'intervento pubblico
nella distribuzione delle risorse e delle opportunità sociali,
allargare le competenze dello Stato in un momento in cui nessuno ne
vuole sentire parlare. D'altra parte non sarebbe operazione facile e di
immediata attuazione, perché se davvero si volesse agire in questa
direzione bisognerebbe mettere in atto correttivi sociali molto
profondi e interventi di vasta portata. Non può sfuggire il fatto che
le disparità delle condizioni degli alunni nascono prevalentemente
dalla disparità delle condizioni delle loro famiglie. La strategia di
compensazione che si potrebbe mettere in atto a scuola, pertanto,
sarebbe per forza di cose limitata ad alcune situazioni e
alla disponibilità delle risorse di volta in volta disponibili.
5) Uguaglianza di che? e tra chi?
Per completare la riflessione sulla giustizia è necessario soffermarsi
ancora sulle questioni aperte dall'idea di uguaglianza. Oltre
all'uguaglianza delle opportunità, che si è indicato come la più
ragionevole e la più convincente, ci sono altre forme di uguaglianza
come l'uguaglianza di trattamento e l'uguaglianza di risultati.
L'uguaglianza di trattamento (stesse misure per tutti) non ha risolto
il problema della giustizia nel sistema scolastico. E' il tipo di
uguaglianza che ha formalmente curato la scuola; nei fatti ci si
ritrova con i problemi della bassa qualità delle prestazioni degli
studenti e con un'alta percentuale di dispersione scolastica, perché
non c'è stata nessuna strategia di compensazione delle disparità tra
gli alunni. Don Milani ammoniva che non si fa giustizia facendo parti
uguali tra diseguali.
L'uguaglianza di risultati è praticamente irrealizzabile e per certi
versi ingiusta, perché premierebbe allo stesso modo chi ha dato tutto
in termini di impegno e di responsabilità, chi ha dato poco e chi ha
dato niente. C'è, però, una versione minimalista che per la sua
ragionevolezza è riuscita ad imporsi ed è quella che prescrive per
tutti l'uguale possesso dei requisiti minimi per l'esercizio dei
diritti di cittadinanza (Benadusi).
E' una formula, quella della soglia minima uguale per tutti, che anche
in altri campi intercetta un'idea diffusa di giustizia (p.e. reddito
minimo garantito). E' il tipo di uguaglianza che garantisce contro
l'esclusione e contro la marginalità. In questo senso si può accettare,
ma non è sufficiente.
L'uguaglianza delle opportunità è più ampia e integra diversi principi
di giustizia.
Il problema dell'equità va situato non solo nella risoluzione delle
disuguaglianze tra individui, ma anche nella risoluzione delle
disuguaglianze fra gruppi e categorie. E' un punto di vista che aiuta a
coglierne la complessità, essendo noto che molte disuguaglianze
individuali sono da ascrivere alla semplice appartenenza a gruppi e
categorie (genere, classi sociali o di reddito, origine etnica,
provenienza territoriale, disabilità etc.).
Le disuguaglianze dei gruppi, peraltro, sono quelle a cui gli individui
non possono sottrarsi e di cui non sono responsabili. Le distanze tra
"forti" e "deboli" devono essere accorciate e in modo particolare va
ridotta la percentuale di persone situate sotto la soglia minima di
competenze, ai fini della tutela dei loro diritti e della
partecipazione democratica.
Se non ci si impegna in questa direzione si corre il rischio di
trasformare le differenze di oggi nelle disuguaglianze ereditarie di
domani.
6) Stratificazione sociale e
rendimento scolastico
Per verificare il grado di giustizia di un sistema scolastico si
dispone oggi dei risultati e degli indicatori delle grandi indagini
internazionali (I.E.A. - P.I.S.A. - GERESE) e per quanto riguarda
l'Italia anche delle indagini INVALSI e di studi e ricerche di grande
rilievo (Gasperoni, Cavalli, Gambetta). Hanno documentato con un alto
grado di correlazione il rapporto tra rendimento scolastico e
stratificazione sociale.Hanno misurato le disuguaglianze a monte del
sistema di istruzione, che hanno incidenza sull'insegnamento (status
socio-economico della famiglia - livello d'istruzione dei familiari -
atteggiamenti verso l'istruzione - sub-cultura della comunità locale -
provenienza etnico-religiosa - atteggiamenti dei pari).
In Italia le disparità educative se si tiene conto dell'appartenenza
sociale, del luogo di nascita e del genere sono tra le più marcate nei
paesi europei (M.Demeuse) e quindi più difficile è il compito di
assicurare pari opportunità di istruzione e di riequilibrare le
differenze culturali e valoriali dei giovani.
Questo compito non spetta solo alla scuola. Una parte importante spetta
allo Stato e agli enti locali, che hanno la responsabilità di contenere
le differenze economico-sociali, di predisporre efficienti sistemi di
servizi di supporto al sistema scolastico, di assegnare cospicue
risorse finanziarie per il funzionamento della scuola, di arricchire e
qualificare il capitale sociale disponibile nelle comunità
locali, di costruire reti scolastiche con istituti di qualità e
accessibili a tutti, di fare investimenti nella cultura e per la
qualità della vita, di intervenire massicciamente nella creazione di
servizi per i bambini in età pre-scolare.
7) Compiti e responsabilità della
scuola
Le disuguaglianze esterne si riversano dentro la scuola e agiscono
attraverso i meccanismi di funzionamento della scuola. Se non si è
avvertiti di questo fatto la scuola inconsapevolmente conserva e
accresce le disuguaglianze tra gli alunni; agisce in modo iniquo.
I fattori interni al sistema scolastico che possono generare
iniquità sono legati alle seguenti variabili (non tutte nella
disponibilità delle singole scuole): curriculum - allocazione docenti -
reclutamento docenti - organici - risorse finanziarie - unitarietà e
differenziazione degli indirizzi - formazione delle classi -
metodologie.
Avendo chiaro che molti giuochi, ma non tutti, si fanno fuori dalla
scuola e che alcune soluzioni al problema dell'equità sono di sistema
scolastico e non di singola scuola, di seguito vengono elencate alcune
risposte possibili al problema dell'equità. Scaturiscono dalle
molteplici indagini sul funzionamento dei sistemi scolastici; hanno
avuto quindi una qualche forma di verifica.
1) Risposte di sistema
a) estendere la scolarità e ritardare il momento della differenziazione
degli indirizzi di studio;
b) dare spazio nel curriculum unitario ad attività laboratoriali e
pratiche, per dare cittadinanza alle diverse forme di intelligenza;
c) garantire la continuità didattica;
d) rivedere durata e organizzazione degli orari settimanali di lezioni;
e) rivedere procedure di assegnazione dei docenti alle scuole difficili;
f) rivedere dimensionamento delle scuole e delle classi nelle zone a
rischio;
g) valorizzare il mondo esterno (alternanza scuola-lavoro);
h) eliminare ogni limite d'accesso ai vari gradi di istruzione;
i) combattere l'esclusione precoce di alunni;
l) assegnare in modo perequativo le risorse strutturali.
2) Risposte di istituto
Queste risposte sono possibili e interne ad ogni singola scuola e hanno
una notevole incidenza sui risultati scolastici:
a) impedire la formazione di classi omogenee e segreganti;
b) modificare le procedure didattiche tradizionali per dare spazio al
tutoring individuale, a corsi per piccoli gruppi, al lavoro di
ricerche, al sostegno tecnico di fronte alle difficoltà etc.;
c) impegnarsi nella sperimentazione di metodologie compatibili
con le nuove tecnologie;
d) migliorare la qualità del rapporto docente-alunni (fiducia,
sollecitazione, motivazione, disponibilità all'ascolto, rispetto,
valorizzazione, diritto all'autostimaetc.);
e) testimoniare costantemente un atteggiamento positivo nei confronti
della scuola;
f) richiedere incessantemente più impegno agli alunni,
g) assicurare la regolarità della frequenza alle lezioni e la
disciplina nell'istituto;
h) valorizzare la collegialità nell'organizzazione didattica;
i) intervenire sui genitori e lavorare con loro;
l) dare ai giovani responsabilità di compiti significativi (ricerche,
dibattiti, giornalino, volontariato, gruppi sportivi, gruppi di teatro,
di danza, di musica etc.);
m) assegnare tempo educativo supplementare agli alunni in difficoltà.
Su molte di queste indicazioni le scuole hanno accumulato esperienze
importanti e significative: non rappresentano una novità. Talvolta
manca, forse, la consapevolezza della loro importanza ai fini
dell'equità interna ad ogni singolo istituto. Alcune sono proposte che
nascono dal buon senso, della cui forza e del cui valore facilmente ci
si dimentica a scuola.
Nella maggior parte dei casi sono accorgimenti didattici e pedagogici
alla portata di tutti, la cui efficacia non è accertabile in modo
rigoroso; ma che molto spesso funzionano.
Per quanto riguarda le innovazioni di sistema non è necessario
ricordare come sia difficile attuarle, che non sono dotate di efficacia
universale, né rapide nei loro effetti (Gasperoni).
Nell'insieme occorre consacrare più risorse finanziare, umane e
professionali, più opportunità pedagogiche agli svantaggiati,
compensare le differenze a loro favore. La disparità dei risultati
scolastici non è solo un fatto meritocratico, ma anche la
conseguenza della disparità delle opportunità in godimento
ad ogni singolo alunno.
8) Conclusioni
Nella lotta contro le disuguaglianze c'è una parte che viene affidata
agli stessi alunni. Per quanto condizionata c'è una responsabilità
individuale che bisogna suscitare e valorizzare, senza farsi molte
illusioni.
Per le nuove generazioni la soglia di accesso al principio di
responsabilità si è alzata di molto, per circostanze che sono di comune
conoscenza. Per comodità d'impostazione si può dire che fino al 15°
anno di età degli alunni la responsabilità più grande del rendimento
scolastico è della scuola e della famiglia, nei limiti in cui questa è
capace di intervenire. Successivamente, dal 3° anno delle
superiori, per intendersi, il giovane deve essere chiamato a rispondere
in prima persona, se si vogliono conseguire soddisfacenti risultati.
Non può mancare un accenno al tema dell'eccellenza che viene sempre più
spesso sollevato e talvolta presentato in alternativa alle misure di
equità, come se fosse la vittima di un'ingiustizia di sistema.Le grandi
indagini P.I.S.A. sono concordi nel documentare come i sistemi
scolastici caratterizzati dalla cultura della differenziazione (filiere
precoci - omogeneità sociale degli indirizzi di istruzione e delle
classi, ripetenze etc.) ottengano risultati peggiori rispetto ai
sistemi scolastici, caratterizzati dalla cultura dell'integrazione.
I sistemi scolastici "differenziati" producono meno risultati
d'eccellenza, meno èlite e più disuguaglianze sociali. L'impegno a non
lasciare nessun indietro non toglie nulla agli alunni ben dotati, anzi
dà a loro l'opportunità di misurarsi con l'ampiezza dei problemi che
affrontano gran parte dei loro coetanei; e di crescere meglio.
prof. Raimondo Giunta
Bibliografia
T. Husen "Provenienza Sociale e Carriera Scolastica" Torino -1972
U. Trivellato "Scuola e Stratificazione Sociale" - Padova 1975
D. Gambetta "Per amore o per forza" - Bologna 1990
G. Gasperoni "Il rendimento Scolastico" - Bologna 1990
A. Cavalli-G.Facchini "Scelte cruciali" - Bologna 2001
D. Meuret "La Giustizia del Sistema Educativo" N.3 del 2000 di "Scuola
democratica"
N. Bottani-L.Benadusi "Uguaglianza e Equità nella Scuola" - Trento 2006