Nel corso
degli ultimi anni si sono verificate profonde trasformazioni nella
nostra economia, nel nostro tessuto sociale nonché nel nostro stesso
assetto istituzionale. Gli ultimi due anni, poi, sono stati
pesantissimi! Le industrie che chiudono, la disoccupazione che tocca
livelli altissimi, una sempre più diffusa e massiccia inoccupazione
giovanile. Si tratta di fenomeni che non lasciano indifferenti le
problematiche educative in generale e scolastiche in particolare. Quali
certezze sono in grado di dare le famiglie oggi ai loro figli e gli
insegnanti ai loro alunni?
Non c’è crisi socioeconomica, di carattere strutturale, che non
si riverberi, e anche pesantemente, sulle sovrastrutture della società,
sulla cultura in genere, sull’educazione e sugli stessi processi di
istruzione.
Tutti sappiamo quanto sia determinante l’istruzione per il progresso di
un Paese. Per tale ragione agli inizi del Terzo millennio abbiamo
assunto un impegno importante, quando abbiamo deciso che non era più il
caso di parlare di scuola, un termine in sé riduttivo, che rinvia
sempre a un edificio dove bambini e adolescenti vanno a studiare! E
abbiamo avuto il coraggio di introdurre il concetto di “Sistema
educativo di istruzione e formazione” (legge 53/03, art. 2), il cui
fine è quello di garantire a ciascuno il suo personale “successo
formativo” (dpr 275/99, art. 1): per passare in tal modo, con la leva
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, da una scuola che boccia
o promuove a un Sistema che forma e orienta, nessuno escluso.
In tale scenario l’istruzione riguarda ciascuno di noi e per tutta la
vita! I cambiamenti che giorno dopo giorno le tecnologie impongono nel
mondo della ricerca, della produzione, del lavoro, dell’economia, per
di più in assetti che si vanno globalizzando sempre più, impongono
anche sollecitazioni continue nelle conoscenze collettive e
individuali. Anche e soprattutto perché è solo una conoscenza diffusa
di alto livello che può consentire di comprendere e affrontare
situazioni socioeconomiche che si fanno sempre più complesse e
difficili. In altri termini, nella misura in cui la società propone e
impone più situazioni problematiche, sono solo la ricerca, la cultura e
l’istruzione che consentono di comprenderle e di affrontarle.
Queste le speranze e gli impegni! Invece, con il corso degli anni, si è
verificato il contrario. Al progressivo aumento delle difficoltà
socioeconomiche è corrisposto una progressiva diminuzione delle
capacità di comprenderle! In un contesto socioeconomico precario era
necessario rafforzare il Sistema di istruzione in modo che fosse in
grado di dotare i soggetti in formazione degli strumenti necessari per
comprendere e fronteggiare un incerto avvenire professionale. Invece, è
avvenuto il contrario e il Sistema è stato investito da una spending
review assolutamente ingiustificata! Come il medico che, invece di
aiutare il malato con gli opportuni farmaci a superare il suo stato di
sofferenza, gli toglie anche l’aspirina. L’irresponsabilità degli
ultimi governi in materia di istruzione è assolutamente imperdonabile.
Se i tagli erano necessari, non si doveva tagliare la “conoscenza”!
E un corpo malato solo con grandi difficoltà può affrontare sia quel
riordino – alludo alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida che
hanno investito e dovrebbero innovare tutti i cicli scolastici – che
quella valutazione di sistema – alludo alle iniziative dell’Invalsi –
operazioni che solo un corpo in piena salute può affrontare con
successo! Insomma, per tutto questo insieme di ragioni, non possiamo
dire che il nostro Sistema educativo stia attraversando un periodo
facile.
L’anello più debole del Sistema è il “corpo professionale degli
insegnanti”. Questi, che dovrebbero essere gli attori convinti
dell’innovazione, sono invece i primi destinatari della politica dei
tagli. Il solo fatto che l’ultimo governo abbia potuto solo pensare di
aumentare il loro orario di lavoro di un terzo la dice lunga sulle
capacità del decisore politico di comprendere quale sia la reale
condizione dell’insegnante oggi in una scuola in grande difficoltà.
Speriamo in tempi migliori e in decisori che in fatto di scuola – anzi
di Sistema – e di insegnanti capiscano qualcosa. Se l’insegnante è
l’anello debole – e umiliato e offeso – dell’intero Sistema, è proprio
dall’insegnante che occorre ripartire. Esiste la formazione continua in
servizio, un tempo obbligatoria, oggi facoltativa. Sarebbe miope e
improduttivo pensare a un ritorno puro e semplice all’obbligatorietà: è
un falso problema. Non c’è insegnante che non avverta e non soffra del
disagio in cui opera e in quale misura venga considerata la sua
professionalità. Purtroppo gran parte della pubblica opinione e molti
genitori considerano la scuola e gli insegnanti come un viatico da
sopportare più che una risorsa necessaria per i loro figli.
Pertanto, il nuovo governo deve dichiarare con i fatti che il Sistema
educativo è una variabile indipendente di un contesto socioeconomico e
che in una società in profondo cambiamento deve svolgere un ruolo
primario di inculturazione (e di acculturazione, considerando le alte
percentuali di studenti stranieri) delle nuove generazioni e degli
adulti. E che motore di tale ruolo è il corpo professionale degli
insegnanti. In tale direzione una politica che ponga al centro il
Sistema educativo e la formazione continua di coloro che lo sostanziano
restituirebbe agli insegnanti la prima cosa che è stata loro sottratta
in questi ultimi anni, la dignità del loro ruolo!
I temi da porre sul tappeto potrebbero essere i seguenti:
- come e perché curvare le finalità e gli obiettivi di cui alle
Indicazioni nazionali e alle Linee guida, utilizzando concretamente gli
spazi concessi dall’autonomia e dalla flessibilità;
- sostenere tutte le iniziative finalizzate alla generalizzazione di
una didattica attiva in funzione della realizzazione di curricoli
verticali che investano almeno l’intero ciclo dell’obbligo decennale;
- riavviare una “cultura della valutazione” interrotta dall’improvvido
ritorno ai voti, sottolineando le differenze concettuali e operative
che corrono tra il misurare, il valutare e il certificare.
Sono temi che mettono in gioco il concreto “saper fare” degli
insegnanti, in quanto insistono sulla necessità di creare un virtuoso
collegamento tra le finalità che un Sistema educativo oggi persegue in
un Paese ad alto sviluppo e le risorse umane e professionali di cui
dispone, da troppo tempo umiliate e offese!
Una scommessa e una sfida! Riuscirà il nuovo governo a raccoglierla e a
vincerla?
Scuolaoggi.org