Era il 1975,
e Pasolini puntava il dito contro la
scuola dell’obbligo e la televisione, proponendone, almeno
provvisoriamente, l’abolizione. Quale il motivo di una simile
provocatoria proposta ?
Per la scuola dell’obbligo, la sua convinzione era che essa non
servisse - così com’era - a nulla, perché - sosteneva
- “vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false,
moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita
adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione,
del decentramento ecc.: tutto un imbroglio)”. “Una nozione è
dinamica - scriveva - tra l’altro - lo scrittore -
regista - solo se include la propria espansione e
approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta
nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le
nozioni marciscono..”.
Oggi, dobbiamo confessare, pur - s’intende - nella consapevolezza
della necessità di doverci riparare dietro il solito
sacrosanto “mutatis mutandis”, che l’irregolare Pasolini un po' di
ragione l’avesse. Tante cose che non sappiamo, l’abbiamo imparate a
scuola!
Marciscono, in vero, le nozioni, quando sono impartite meccanicamente
dagli insegnanti, e non trovano ricadute significative sulle
esperienze della vita quotidiana dei giovani; e sono inutili, anche, se
non colpiscono il materiale e l’immaginario del loro cuore e della
mente; e sono false, le nozioni, quando non si capisce che istruire non
è una pura formalità istituzionale. Fare lezione non significa ex
cattedra imbastire un soliloquio, fare una bella prolusione
autoreferenziale per dirsi "Quanto sono bravo, Come mi piaccio";
significa semplicemente dare, umilmente e con onestà intellettuale,
lettura di un testo e metterlo (e mettersi) in discussione,
sentirlo e meditarlo, scavarlo, prendere partito sopra quel
testo, anche schierarsi - se occorre -; mettersi in ascolto
degli altri, commentarlo insieme con gli altri e confrontarsi e
scontrarsi con gli altri; vederne, se c’è, la perenne sua
attualità, o, comunque sia, la sua efficacia (se c’è),
oltre che estetica ed emotiva, anche pratica ed operativa.
Fare lezione significa, insomma, soprattutto, calarsi dentro alle cose,
stare dentro e fuori del testo in rapporto di confidenza e diffidenza
reciproca; significa insegnare ai giovani a saper leggere il mondo che
li /ci circonda, fornire loro, attraverso il testo, un metodo di
apprendimento in grado di permettere un approccio
sistemico critico-problematico con la realtà considerata
nella sua determinazione e permanenza. Solo così resterà
qualcosa dentro il cuore e la mente dei giovani.
Altrimenti, l’insegnamento corre il rischio di diventare stupido
e inutile se si vuole ridurlo a “lezione frontale”, a quiz,
a questionario precotto e confezionato, a crocette vero/falso, o
a una semplice e asettica e “statica” e rimasticata trasmissione di
nozioni, a una verifica- interrogatorio-valutazione giornalieri
dell’alunno allineato a mò di condannato a morte davanti la
cattedra dietro la quale, arcigno e severo, sta il prof. con il suo
dispiegato registro (on line?).
Se non si capisce questo, allora veramente si dovrà
ammettere che la scuola sia finita e
l’umanesimo morto!
Quanto alla televisione, la convinzione di Pasolini era che essa
rappresentasse modelli ed esempi negativi, eticamente devastanti
per la gioventù. E certamente, dobbiamo ammettere che la tv non è
mai una buona insegnante, e ancor meno quella
“commerciale “ di oggi. Notava acutamente Pasolini che “I
modelli, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma
rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la
gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E’
stata la televisione che ha, praticamente( essa non è che un mezzo),
concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei
giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e
insieme dell’ irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola
e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi
fino alla delinquenza, o passivi fino alla infelicità (che non è una
colpa minore)”.
E, oggi, noi, mutatis - al solito - mutandis, abbiamo poco da
aggiungere, di nostro, a questa acuta quanto dolorosa e
profetica ‘scoperta’ del Nostro. Solo perché sembrano fare
da pendant, ci permettiamo di richiamare alla memoria dei
nostri lettori queste parole di Karl R. Popper : "Una democrazia non può esistere se non si
mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può
esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà
pienamente scoperto".
La discussione resta aperta.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com