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Lavoro: Scuola bistrattata

Redazione
Non è possibile una seria riforma scolastica, senza una seria volontà politica che se ne faccia carico, né  – cosa ancora più grave –  senza il supporto di  una seria filosofia pedagogica e didattica. Purtroppo,  c’ è da registrare, al contrario, oggidì, una politica ragionieristica  improntata alla risparmiocrazia, con tagli di spesa tanto irresponsabili per la scuola pubblica, da declassarne  sempre di più il ruolo e la funzione nella società civile, lasciando briciole insignificanti di futuro per i giovani, e non solo. Nessun profumo di scuola,  ma miasmi  di dilagante confusionismo e di quotidiana avvilente precarietà: questo, è ciò che respirano, oggi, nelle aule, dirigenti scolastici, docenti e studenti.
Con / in  questo clima, è opportuno scioperare?  Non credo. Lo sarebbe (e giusto, anche ), se ci fosse  un interlocutore capace di assumersi, a breve termine,  impegni e responsabilità precise,  puntuali e coerenti;  se ci fosse, cioè, un ministro della P.I. di un  governo all’altezza di poter dare risposte chiare ed adeguate alle domande che salgono  dalle proteste sacrosante della piazza, e fosse sensibile, veramente, ai problemi della  rinascita della scuola e della cultura in questo Paese. Al momento, non c’è codesta autorevole presenza in campo, capace di risvegliare e di provocare un vero e costruttivo  dialogo con docenti e discenti.  Capace di fare sognare i giovani, e dare loro la forza necessaria per potere affrontare le sfide del futuro!  E non c’è, non perché il paese attraversa una forte crisi economica, ma perché è travagliato da una spaventevole  e disarmante  crisi etico-politica!
C’è un vuoto morale, ci muoviamo dentro un contesto di decadenza da basso impero, questa sì , direi, epocale, contro cui è  utopistico, per non dire ingenuo, credere che, scioperando e abbandonando le aule scolastiche, si possa sortire qualche benefico  risultato. Andare nelle piazze non serve; è una forma di aventinismo che non paga. Anzi. Giustifica eventuali forme di ritorsioni  e ricatti a danno degli anelli più deboli della catena: studenti e insegnanti precari, appunto, come al solito!
Così va spesso il mondo!
E allora, che fare? Bisogna vigilare meglio. Non bisogna - a mio avviso -  abdicare al lavoro, non abbandonare  le aule, ma stare  in classe, presidiare le scuole, rivendicare tutti insieme, alunni e professori,  il diritto allo studio serio e produttivo. Pretendere edifici scolastici sicuri, efficienti, accoglienti e in regola con  le normative antisismiche previste dalla legge; pretendere la puntualità del Dirigente, e dei docenti  in classe, secondo il proprio orario di servizio;  praticare l’esercizio della democrazia scolastica,  e l’osservanza  dello statuto degli alunni da parte dei dirigenti; pretendere che siano  trasparenti il funzionamento  e i compiti  del Consiglio d’Istituto, e lottare  per un’amministrazione più saggia e onesta  dei soldi del Fondo scolastico, per  laboratori più moderni ed attrezzati,  per avere più libri e riviste aggiornate in biblioteca, per un’incidenza più partecipativa e decisionale nelle scelte dei libri di testo e nelle discussioni circa le finalità programmatiche generali  didattico-educative.
Bisogna, insomma, richiedere alla scuola l’autonomia vera di cui gode, e ai suoi dirigenti, più apertura ai problemi reali del paese, più discussione sul confronto delle diversità ideologiche e culturali, sulle problematiche occupazionali  che si presentano  post-diploma e post-laurea,  ecc. ecc.
La tattica studentesca deve essere questa: non abbandonare il posto di lavoro, lasciandosi  trascinare nelle piazze  a un’orgia di dimostrazioni poco concludenti ( se cade questo governo chi, ora come ora, è in grado di sostituirlo in meglio?), ma tracciare un programma concreto di proposte e di problemi  che ciascuno - secondo le proprie capacità - possa contribuire a  risolvere nell’ambito della propria scuola di appartenenza, collaborando in sinergia  sistemica con tutti gli altri per il bene comune.
I soldi per fare tutto questo? Ci sono, ci sono. Ne restano ancora, nonostante tutto, nonostante le rapine che sono state fatte e gli sperperi  illeciti e vergognosi dei nostri trafficanti di politica. E se non dovessero bastare,  si vada alla logica del risparmio, si diano meno soldi ai vice-preside, ( un “vice” arriva ad “arrotondare” fino  a  5.000 euro l’anno, in aggiunta allo stipendio),  si faccia più discreto utilizzo dei soldi degli alunni, e si  trasmetta ai loro cuori più passione e amore di conoscenza critica, più senso dell’onestà e del dovere,  più informazione civica ed educativa, e si facciano - se è necessario - meno PON e meno POR:  nessuno di quest’ultima rinuncia, son certo, si lamenterà, meno che mai gli studenti che amano apprendere e non perdere tempo!  Non dice il Poeta che “poca  favilla, gran fiamma seconda”? Forse di retro a voi con miglior voci si pregherà perché Qualcuno risponda!
Ai docenti, pertanto,  mi permetto di dire sommessamente e con il massimo rispetto: in questa lotta  per migliorare e risolvere i piccoli e grandi problemi quotidiani della scuola in cui lavorate, siate vicino ai vostri  giovani, consigliateli al bene e date loro il vostro esempio di onestà intellettuale, di impegno nel lavoro, e di  una coscienza operosa,  netta e rigorosa.
Vedrete che i politici avranno di che temere di questa nuova alleanza e, prima o poi, capiranno l’importanza del  ruolo vostro educativo e vi aumenteranno, insieme alle ore, anche lo stipendio!  Coraggio! sperare non nuoce, diminuiranno le ore, e aumenteranno lo stipendio.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com








Postato il Lunedì, 15 ottobre 2012 ore 06:00:00 CEST di Nuccio Palumbo
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