La scuola,
anche attraverso lo sport, deve insegnare ai ragazzi a saper perdere. E
gli studenti devono alzarsi in piedi quando entra il professore. Anzi
sarebbe meglio che si alzassero sempre di fronte all'arrivo di un
adulto. Questa la ricetta old fashion di David Cameron per migliorare
la disciplina nelle scuole.
Forse per il governo conservatore inglese in piena crisi d'immagine
questo di Cameron è soprattutto un disperato tentativo di recuperare
punti per i tories, che i sondaggi danno al minimo storico, più che un
reale interesse nel valore dell'education. Ma di certo si inserisce nel
solco di una generale voglia di disciplina tra i banchi che è partita
proprio dall'Italia.
Oltretutto nel Paese che vanta i college più prestigiosi e che ha
rinunciato, malvolentieri, alle pene corporali sugli alunni soltanto
pochissimi anni fa, nel 1986, la ricetta «tutti in piedi» di Cameron
appare non adeguata a risolvere i problemi di una scuola, quella
pubblica, di scarsa qualità e penalizzata oltre che da gravi fenomeni
di bullismo anche dall'assenteismo dei ragazzi fin dalla scuola
dell'obbligo. Un assenteismo che Cameron pensa di combattere
esercitando maggior severità prima di tutto con le famiglie dei
ragazzi. L'ipotesi del governo infatti è quella di trattenere
l'indennità (versata settimanalmente per ogni figlio per i meno
abbienti) alle famiglie che non fanno rispettare l'obbligo scolastico
ai loro ragazzi. Insomma se un alunno non va a scuola il problema va
risolto dalla famiglia altrimenti niente assegno di circa 30 euro a
settimana. Ipotesi che ha suscitato reazioni negative mentre quella del
«tutti in piedi» ha provocato più reazioni sarcastiche.
E in Italia? Che cosa succede nelle classi? Sul fronte rigore e
disciplina l'ex ministro, Mariastella Gelmini, ha avuto più coraggio di
Cameron. Pur sotto un diluvio di critiche ha ripristinato nel 2008 il
valore del voto in condotta con conseguente bocciatura in caso di
insufficienza. Dopo iniziali resistenze è risultato evidente che il
voto di condotta e le sanzioni introdotte per i comportamenti più
gravi, ovvero la sospensione o addirittura l'espulsione in caso di atti
di bullismo in classe, sono servite da deterrente e hanno fornito ai
docenti uno strumento in più per arginare e controllare quelli che sono
veri e propri atti di teppismo. I ragazzi si alzano in piedi quando
entrano gli insegnanti? Indossano il grembiule? Dipende: nel nostro
paese la libertà di insegnamento è tutelata dalla Costituzione e dal
2001 vige l'autonomia per gli istituti scolastici dunque sono maestri e
professori a decidere insieme al dirigente scolastico quali regole di
comportamento imporre ai propri studenti.
Dopo il giro di vite imposto dal precedente governo ora però sembra
cominci a soffiare un'aria diversa. E non soltanto in Italia. Nelle
ultime settimane infatti si è parlato di scuola ad esempio per
protestare contro l'eccesso di compiti assegnati a casa. Una polemica
partita dai genitori francesi ma sulla quale si è detto d'accordo anche
l'attuale ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, che ritiene
opportuno «limitare i compiti di tipo tradizionale», stimolando i
ragazzi anche attraverso diverse forme di partecipazione.
Non solo. É stata messa in dubbio anche la validità dell'assegnare voti
bassi o addirittura voti in assoluto insieme alle bocciature. Dal
Berchet di Milano è partita la proposta di cancellare i voti inferiori
al 4 perchè ritenuti troppo frustranti ed umilianti per i ragazzi.
In questo quadro quindi l'altra proposta di Cameron, ovvero quella di
insegnare ai ragazzi a perdere e a confrontarsi con l'insuccesso,
appare in decisa controtendenza e comunque più ricca di spunti degni
d'attenzione.
«Occorre insegnare sport attraverso i quali i ragazzi imparino che cosa
significa ottenere un successo ma anche che cosa vuol dire affrontare
un fallimento», ha detto Cameron. Ed è più o meno questo che dovrebbe
essere il senso dell'assegnazione dei voti e di una eventuale
bocciatura, Certamente non una punizione ma un passo avanti rispetto
alla consapevolezza delle proprie capacità, delle mete conquistate e di
quelle che ancora vanno raggiunte.
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